Le regioni dove andrebbe la popolazione dei Campi Flegrei in caso di evacuazione

Nell’area campana, da sempre a rischio eruzioni e terremoti, vive più di un milione di persone. Secondo i piani di prevenzione ogni comunità è “gemellata” a una regione diversa, in modo da garantire un’eventuale evacuazione volontaria e assistita dalle autorità.

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Le scosse sismiche verificatesi alcuni giorni fa in Campania hanno allarmato la popolazione e le autorità. Lo scorso 20 maggio, infatti, è stato registrato il terremoto più forte (magnitudo 4.4) degli ultimi 40 anni nell’area dei Campi Flegrei.

Per questo si è tornato a parlare di evacuazione degli abitanti, da predisporre con una certa gradualità di azione, fino al trasferimento temporaneo della popolazione in tutte le regioni italiane.

Va doverosamente premesso ed evidenziato che si tratta solo di un’eventualità che si verificherebbe solo in caso di gravi emergenze che, in base alla sua natura, possono portare a scenari che implicano una diversa gradualità d’azione.

Un’area attenzionata da sempre

I Campi Flegrei sono una grande area vulcanica attiva che si trova a ovest della città metropolitana di Napoli. Oltre a diverse zone del comune capoluogo, include anche i territori dei comuni di Pozzuoli, Monte di Procida, Bacoli, Quarto e, in parte, Marano di Napoli e Giugliano in Campania. Parliamo di un bacino all’interno del quale vivono circa un milione e mezzo di persone.

Nei Campi Flegrei c’è una cosiddetta “caldera“, ossia una sorta di conca ribassata, che si estende per circa 200 km quadrati, anche sotto il fondale del golfo di Pozzuoli e che si è formata nei millenni per effetto di grandi eruzioni esplosive. È all’interno di questa zona che si formano i bradisismi, deformazioni del terreno che comportano fasi di lento abbassamento del suolo, alternate a fasi di sollevamento più rapido, queste ultime accompagnate generalmente da terremoti superficiali e di bassa magnitudo.

La crisi bradisismica del 2023 ha spinto il governo a elaborare un decreto legge ad hoc.

Nel 2005 è iniziata una nuova fase di sollevamento della caldera, con una maggiore frequenza dei terremoti registrati a partire dal 2023. Nell’autunno scorso, infatti, già si erano registrati sismi di magnitudo 4.2 e 4.0 Richter, che avevano preoccupato la popolazione e le istituzioni, tanto da spingere il governo a emanare il decreto legge 140/2023, intitolato “Misure urgenti di prevenzione del rischio sismico connesso al fenomeno bradisismico nell’area dei Campi Flegrei”.

Ma già negli anni scorsi il dipartimento nazionale di protezione civile aveva provveduto ad aggiornare la pianificazione nazionale per il rischio bradisismico e vulcanico ai Campi Flegrei.

La popolazione da evacuare e le regioni gemellate

Nell’estate 2016 il governo allora presieduto da Matteo Renzi emanò un decreto della presidenza del consiglio dei ministri (Dpcm), attraverso il quale veniva ridefinito lo scenario eruttivo, individuando due zone di pericolosità (rossa e gialla) e indicando le eventuali destinazioni extra-regionali per la popolazione da evacuare, o almeno la parte di essa che dovesse decidere di essere assistita dalle istituzioni.

Mappa della zona rossa e gialla dei Campi Flegrei
fonte Protezione Civile

Nella zona rossa, quella più interessata dalle eruzioni e quindi dai bradisismi potenzialmente più pericolosi, vivono circa 500mila persone. Essa comprende per intero i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, e in parte i territori di Marano, Giugliano e della stessa Napoli. Per quanto riguarda quest’ultima, parliamo delle intere municipalità all’interno delle quali sorgono Soccavo, Pianura, Bagnoli e Fuorigrotta, e di alcune porzioni dei quartieri di San Ferdinando, Posillipo, Chiaia, Arenella, Vomero e Chiaiano.

La zona gialla, che potrebbe essere investita dall’emergenza in misura minore rispetto alla rossa, comprende invece i comuni di Villaricca, Calvizzano, Casavatore, Melito, Mugnano, oltre che parte dei comuni di Napoli e Marano. Qui vivono circa 800mila persone.

12 comuni interessati dai piani di evacuazione, di cui 7 nella cosiddetta zona rossa.

La mappa dei gemellaggi

Il Dpcm del 2016 definisce anche i cosiddetti “gemellaggi” tra i territori flegrei e le regioni italiane (tutte tranne la Campania), nel caso dovesse verificarsi una grave emergenza, tale da evacuare temporaneamente fuori regione la popolazione.

Le regioni e le province autonome interessate rendono operativi i predetti gemellaggi mediante specifici protocolli d’intesa sottoscritti con la Regione Campania ed i comuni gemellati, in raccordo con il Dipartimento della protezione civile e adottano specifici piani per il trasferimento e l’accoglienza della popolazione da assistere.

È importante ribadire che si tratta di un piano di evacuazione che scatterebbe solo in caso di grave emergenza sismica e in forma volontaria da parte di chi dovesse scegliere la sistemazione assistita dalle istituzioni anziché quella organizzata in modo autonomo.

A ogni regione o provincia autonoma è stata abbinato la totalità della popolazione di un comune dell’area flegreo, una parte della popolazione all’interno del territorio comunale o, nel caso di Napoli, una municipalità del comune capoluogo. Nella mappa viene localizzato per convenzione il capoluogo di regione, ma l’eventuale trasferimento temporaneo di sfollati sarebbe dislocato sul territorio regionale, in base agli accordi tra regione e comuni. La mappa è stata realizzata sulla base di un decreto del presidente del consiglio dei ministri del 24 giugno 2016.

FONTE: elaborazione Openpolis su dati Gazzetta ufficiale della Repubblica
(consultati: giovedì 23 Maggio 2024)

Secondo il piano di prevenzione ogni regione “si gemella” con un comune o una municipalità (nel caso di Napoli) diversa. Secondo il programma, dunque, in Lombardia si recherebbero i residenti del comune di Pozzuoli o in Toscana quelli di Quarto, gli abitanti di Fuorigrotta (quartiere del capoluogo) andrebbero nel Lazio, quelli di Posillipo in Sardegna e parte di Chiaiano finirebbe in Friuli Venezia Giulia, solo per fare alcuni esempi.

Già nella fase di “preallarme”, le persone che vogliono allontanarsi possono farlo ma solo in autonomia, anche attraverso il proprio mezzo, seguendo percorsi stradali stabiliti dai “piani di allontanamento” della regione.

In caso di allarme i piani prevedono un’evacuazione in 72 ore attraverso tre step.

Alla dichiarazione di “allarme” invece tutta la popolazione dovrebbe temporaneamente abbandonare i territori ricadenti zona rossa, scegliendo come detto di farlo in modo autonomo o assistito. La protezione civile ha stimato in 3 giorni (72 ore) il tempo complessivo delle operazioni di evacuazione.

Nelle prime 12 ore la popolazione si preparerà all’evacuazione, nei successivi due giorni si dovrebbe procedere ai trasferimenti nelle regioni gemellate, secondo i cronoprogrammi definiti nei piani comunali. Infine, le ultime 12 ore sono previste come margine di sicurezza per la gestione di eventuali criticità.

È giusto ribadire che questi piani, sia per quanto riguarda i tempi che le destinazioni extra-regione, riguardano esclusivamente l’area dei Campi Flegrei e non anche i piani di prevenzione per il sistema vulcanico del Vesuvio. In questi giorni, infatti, nel dibattito pubblico sono stati a volte confusi questi due distinti contesti.

Infatti, i piani di prevenzione in caso di eruzione del Vesuvio risalgono al 2001, anche se sono stati aggiornati nel 2014. Anch’essi prevedono aree di attesa temporanea e gemellaggi tra comuni campani e le altre regioni, ma interessano un’altra area geografica (più ampia dei Campi Flegrei) di competenza di oltre 70 comuni nelle province di Napoli e Salerno.

Foto: la solfatara di Pozzuoli (Norbert Nagel)

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