A che punto sono le riforme del parlamento Dopo il referendum
Le forze di centrosinistra avevano posto l’adozione di ulteriori correttivi come condizione per dire sì al taglio dei parlamentari fortemente voluto dal Movimento 5 stelle. Ma a due mesi dalla consultazione referendaria l’iter delle riforme è sostanzialmente fermo.
mercoledì 2 Dicembre 2020 | Potere politico
Uno degli eventi che ha caratterizzato lo scenario politico negli ultimi mesi è stato la vittoria del sì al referendum costituzionale relativo al taglio dei parlamentari che si è tenuto il 20 e 21 settembre scorsi.
Fortemente voluta dal Movimento 5 stelle, l’approvazione della riforma è stata una dei punti cardine per la nascita del governo Conte II. In precedenza infatti, sia gli esponenti del Partito democratico che di Liberi e uguali si erano schierati su posizioni contrarie. Gli alleati di governo avevano però posto come condizione per il loro sì, l’inizio di un processo di riforma del parlamento più organico con l’adozione di ulteriori correttivi.
Ma a due mesi dal referendum a che punto sono questi disegni di legge? L’approvazione in via preliminare da parte del consiglio dei ministri dei nuovi collegi per l’elezione dei componenti delle prossime camere “ridotte” ha riportato d’attualità il tema. Ma dopo la grande attenzione mediatica degli scorsi mesi, complice anche la recrudescenza del Coronavirus, il tema è uscito dalle priorità del parlamento.
I correttivi concordati
Come abbiamo detto, i voti di Pd e Leu hanno contribuito all’approvazione della riforma sul taglio dei parlamentari nonostante in precedenza queste forze avessero ripetutamente votato contro il provvedimento. Con il nuovo esecutivo tuttavia le cose sono cambiare ed è stata trovata una quadra ben definita. Il centrosinistra avrebbe sostenuto il provvedimento, con l’accordo di approvare successivamente i correttivi ritenuti necessari.
Nello specifico le misure individuate come necessarie riguardano tre punti principali:
- l’abbassamento a 25 anni dell’elettorato passivo e a 18 di quello attivo per il senato;
- il superamento della base regionale per l’elezione del senato, in favore di quella circoscrizionale;
- la riduzione da 3 a 2 dei delegati regionali che partecipano all’elezione del presidente della Repubblica.
I correttivi sono necessari per evitare una riforma dimezzata.
Il Pd aveva chiesto che tali correttivi fossero adottati con tempi molto rapidi, proprio per evitare che la riforma iniziata con il taglio dei parlamentari rimanesse sospesa a metà. All’indomani della consultazione elettorale infatti Nicola Zingaretti aveva ribadito la necessità di portare avanti con decisione tali riforme. Al segretario dem hanno fatto eco i suoi esponenti in parlamento che avevano annunciato la possibilità di portare a termine l’iter dei correttivi in tempi brevi.
In Senato sono in discussione, ed entro il 20 settembre potranno andare in aula, l’allineamento elettorale attivo (18 anni) e passivo (25 anni) del senato a quello della camera
Tuttavia questo non è avvenuto e, a due mesi dal referendum, possiamo dire che l’iter dei correttivi ha sostanzialmente subito una frenata.
Le riforme costituzionali
Abbiamo detto che i punti cardine dell’accordo tra il M5s e le forze di centrosinistra erano 3. Questi sono stati inseriti all’interno di due nuove proposte di riforma costituzionale.
Per quanto riguarda l’equiparazione dell’elettorato sia attivo che passivo tra senato e camera è stato presentato un disegno di legge che ha come primo firmatario Giuseppe Brescia (M5s). Mentre il secondo e il terzo punto vengono affrontati dalla proposta di riforma a firma Federico Fornaro (Leu).
Dobbiamo ricordare che, trattandosi in entrambi i casi di disegni di legge che puntano a modificare la costituzione, necessitano di una procedura rafforzata per la loro approvazione definitiva. Procedura che richiede 2 passaggi per ogni ramo del parlamento.
Tra le due riforme citate, quella che si trova in stato più avanzato è il ddl Brescia che va a modificare l’articolo 58 della costituzione. Presentato a gennaio del 2019 alla camera, a fine luglio dell’anno scorso ha ottenuto una prima approvazione. Con la trattazione in senato, il provvedimento è stato discusso congiuntamente con altri 3 disegni di legge e una petizione popolare. L’atto è stato approvato definitivamente il 9 settembre scorso ed è infine tornato alla camera.
Qui, il 13 ottobre è iniziata la discussione in assemblea. Tuttavia, già nella seduta del 15 ottobre ne è stato richiesto il rinvio. La discussione non è proseguita nemmeno durante il mese di novembre, dove l’assemblea si è concentrata principalmente sulla conversione dei decreti legge 125 e 130 e sulla discussione del ddl contro l’omotransfobia. Il provvedimento poi non è stato inserito nemmeno nel calendario dei lavori di dicembre.
2 i disegni di legge costituzionale che attendono il completamento dell’iter.
Più indietro invece l’iter del ddl Fornaro che si propone di modificare gli articoli 57 e 83 della costituzione. Questo provvedimento, incardinato alla camera, deve ancora ricevere una prima approvazione da parte dell’aula. Il disegno di legge infatti è ancora in discussione all’interno della commissione affari costituzionali di Montecitorio.
Dopo una fase di grande accelerazione a ridosso del referendum, adesso l’iter delle riforme ha subito una frenata.
L’ultima seduta su questo tema si è tenuta lo scorso 14 ottobre. Al termine dell’assise la commissione si era riproposta di riprendere la discussione il 19 dello stesso mese. Tuttavia l’ordine del giorno delle sedute successive verteva su altro. Tra cui audizioni e interrogazioni, l’analisi della legge di bilancio e delle leggi di conversione del decreto immigrazione e proroga dello stato di emergenza.
Tale provvedimento inoltre non è attualmente inserito nel calendario dei lavori della commissione per il mese di dicembre, dove invece verrà dato spazio allo schema di decreto legislativo relativo alla rideterminazione dei collegi per l’elezione della camera e del senato.
-36,5% la riduzione dei parlamentari prevista dalla riforma approvata.
A conferma di come l’adozione di queste misure non sia più considerata prioritaria c’è anche il fatto che è ripreso l’iter di altre riforme costituzionali che trattano temi diversi. Tra queste il ddl 1960 che prevede una riforma delle competenze di camera e senato, del parlamento in seduta comune e l’introduzione dello strumento della sfiducia costruttiva; il ddl 852 che prevede l’introduzione di un vincolo per il legislatore di rispettare gli esiti dei referendum abrogativi; il ddl 1825 che propone la costituzionalizzazione del sistema delle conferenze.
Queste tre proposte di riforma sono state tutte assegnate alla prima commissione (affari costituzionali) del senato che si ritrova quindi con un’agenda molto fitta di argomenti da affrontare.
Vedi anche
Conferenza stato-regioni a maggioranza di centrodestra, da eleggere nuovo presidente.
I regolamenti di camera e senato
Il futuro assetto del parlamento però non comporta solamente correttivi di rango costituzionale. La riduzione del numero dei parlamentari richiede infatti anche una riforma dei regolamenti di Montecitorio e palazzo Madama per assicurare il corretto funzionamento dei vari organi (commissioni, giunte eccetera) di cui sono composti. Sono molti infatti gli articoli in cui si fanno diretti riferimenti al numero di deputati e senatori e che dovranno quindi essere modificati.
47 gli articoli dei regolamenti di camera e senato da riformare.
Numerosi gli ambiti che necessitano di un intervento. Con modifiche che riguardano sia la composizione di organi specifici, sia il funzionamento dei lavori. Solo per citarne alcuni:
- le modalità di verifica del numero legale e dei quorum richiesti per le votazioni;
- le modalità per la richiesta del voto segreto e per la presentazione di mozioni;
- la revisione del numero minimo di deputati e senatori per la formazione di un gruppo;
- il funzionamento delle commissioni permanenti (specie al senato);
- il funzionamento di altri organi delle camere come ufficio di presidenza, giunte e comitati.
Camera e senato dispongono di due regolamenti differenti per cui è necessario che ciascuna camera si attivi in maniera indipendente per apportare le modifiche necessarie. Da questo punto di vista le giunte per i regolamenti di Montecitorio e palazzo Madama hanno deliberato la creazione di comitati ristretti ad hoc.
Al senato, il processo di revisione dei regolamenti deve ancora muovere i primi passi.
Al senato, però, non si è ancora trovato l’accordo sulla composizione di tale organo che quindi ancora non si è mai riunito. Alla camera invece il comitato ha sin qui tenuto due riunioni una il 22 ottobre ed una il 4 novembre. Purtroppo però, dato che non è possibile consultare il resoconto di tali sedute, per capire lo stato dell’arte sarà necessario attendere che l’argomento approdi nelle plenarie delle giunte per il regolamento.
La legge elettorale
Un’altra riforma non di rango costituzionale ma che di certo sta molto a cuore ai partiti è quella della nuova legge elettorale, anch’essa tra i punti fondanti l’alleanza di governo tra Pd, M5s, Iv e Leu. L’accordo prevedeva l’istituzione di un sistema elettorale principalmente di tipo proporzionale. Questa disposizione è prevista dal cosiddetto “Brescellum“.
Questo disegno di legge prevede, tra le altre cose, l’assegnazione dei seggi con metodo proporzionale ed una soglia di sbarramento al 5% con “diritto di tribuna” (cioè la possibilità di ottenere dei seggi a determinate condizioni) per i piccoli partiti.
I risultati ottenuti alle ultime elezioni potrebbero aver invogliato alcuni partiti a scegliere un sistema elettorale diverso.
Questo ddl è stato discusso per l’ultima volta nella seduta della commissione affari costituzionali della camera lo scorso 10 settembre in cui è stato adottato un nuovo testo. Da quel momento però, anche in questo caso la discussione si è arenata. Come abbiamo già visto infatti la commissione si è dedicata alla discussione di altri temi.
Inoltre dobbiamo ricordare che la soglia di sbarramento al 5% danneggerebbe in maniera significativa i due partiti più “piccoli” della coalizione, Italia viva e Leu, che rischierebbero di rimanere esclusi dal prossimo parlamento. Zingaretti ha ribadito che tale soglia rappresenta un punto imprescindibile per il Pd. Questo sicuramente porterà ad un ulteriore allungamento dei tempi per trovare l’accordo.
Completare i correttivi per non lasciare incompiuta la riforma
Le motivazioni che avevano indotto le forze politiche, in particolare il Movimento 5 stelle, a sostenere il taglio dei parlamentari erano essenzialmente due: ridurre i costi della politica e cercare di rendere il parlamento più efficiente. Si tratta di due motivazioni del tutto legittime ma che non possono essere risolte dal semplice taglio dei parlamentari.
Per quanto riguarda il primo punto, abbiamo già spiegato in passato, come ci siano altri modi – più efficaci – per ridurre i costi della politica senza sacrificare la rappresentanza. Ad esempio, razionalizzando le indennità che spettano a ciascun parlamentare.
Vedi anche
Non conosciamo l’indennità esatta di ciascun parlamentare.
0,7 deputati ogni 100.000 abitanti con il nuovo parlamento “ridotto”, il rapporto più basso in Unione europea
Relativamente al secondo punto, in più occasioni abbiamo rilevato come il parlamento rivesta ormai un ruolo di secondo piano nello scenario politico nazionale e sarebbe questo l’aspetto su cui intervenire. Specie in tempi di pandemia, dov’è necessario prendere decisioni in tempi rapidi. Tuttavia un taglio netto di deputati e senatori certamente non ne migliorerà l’efficienza.
Anzi, un ridotto numero di membri, soprattutto al senato, potrebbe comportare un ulteriore rallentamento dei lavori dato che i senatori presenti rischiano di non essere in numero sufficiente per far lavorare i vari organi di palazzo Madama. Per questo motivo è fondamentale adeguare norme e regolamenti al nuovo scenario post-referendum e ai numeri che ne conseguono.
Il taglio dei parlamentari da solo non basta. Serve portare a termine i correttivi per il buon funzionamento delle camere.
È possibile però che proprio i risultati scaturiti dalla tornata elettorale del settembre scorso abbiano cambiato le carte in tavola. Si è infatti capito che con ogni probabilità questa legislatura arriverà alla sua scadenza naturale, nel 2022. Di conseguenza questi aspetti non rappresentano più una priorità per il parlamento. Inoltre, proprio i nuovi rapporti di forza interni alla maggioranza potrebbero aver spinto le forze politiche a rivedere le proprie posizioni, soprattutto per quanto riguarda la legge elettorale.
Vedi anche
Politica e sondaggi, come le intenzioni di voto influenzano l’azione dei partiti.
Il rischio però è che tali correttivi vengano approvati in fretta e furia sul finire dell’attuale legislatura. E che non sia attribuita la giusta attenzione ad un tema che invece avrà un’influenza decisiva sul buon funzionamento delle camere future.
Foto credit: Montecitorio