Authority, ennesima pedina nello scacchiere delle nomine pubbliche Equilibri politici
Domani camera e senato dovrebbero eleggere i nuovi vertici di Agcom e garante privacy. Strutture che stentano ad essere realmente autonome, per un processo di nomine purtroppo fortemente politicizzato e poco trasparente.
lunedì 13 Luglio 2020 | Potere politico
Con oltre 1 anno di ritardo, domani camera e senato dovrebbero eleggere i nuovi membri dell’Agcom e del garante privacy. Un atto tanto atteso quanto discusso, che riporta l’attenzione su una serie di questioni che riguardano le autorità indipendenti. Per legge queste nomine spettano al parlamento, ma la poca trasparenza del processo non aiuta a rendere le authority pienamente autonome e autorevoli. C’è quindi bisogno un iter di selezione aperto e condiviso.
Sono molte le domande sul ruolo di queste strutture nell’attuale sistema paese. Realtà fondamentali a livello normativo e di vigilanza, che però stentano ad incidere in molte materie. Ambiti, come quelli trattati da Agcom e garante delle privacy, che tra le altre cose sono fondamentali per l’Italia: dall’utilizzo dei dati personali, al ruolo della rete, passando per big data e nuove tecnologie.
Come si eleggono e cosa fanno
Il garante per la protezione dei dati personali (il cosiddetto garante per la privacy) e l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) sono 2 delle principali autorità indipendenti presenti in Italia.
Questi organismi sono istituiti da specifiche leggi ed hanno poteri normativi, di vigilanza, sanzionatori e di risoluzione delle controversie. Nonostante non vi sia una disciplina organica a regolarne il funzionamento, un tratto comune a tutte le autorità è il ruolo di indipendenza nei confronti del potere politico, che comunque ne nomina i vertici. L’Agcom e il garante della privacy sono tra le più importanti autorità, soprattuto per le tematiche di competenza.
Ambito di azione che copre anche questioni particolarmente attinenti alle nuove tecnologie, dai big data al cyberbullismo passando per fake news, 5G, hate speech e lotta alla pirateria. Struttura che ha anche un ruolo centrale per il rispetto delle regole democratiche nel nostro paese, come la regolamentazione della par condicio televisiva e radiofonica o decisioni sui regolamenti elettorali.
Lo stesso vale per il garante per la privacy che si occupa di tematiche non di poco conto, come i dati personali. Il recente dibattito sulla app “Immuni” e l’utilizzo di informazioni sulla salute dei cittadini ha riportato d’attualità il tema della tutela dei dati sensibili.
Gli organi collegiali di vertice di entrambe le authority sono eletti dal parlamento, e il presidente di Agcom viene scelto direttamente dal governo, evidenziando il forte legame con la politica che queste strutture, per quanto indipendenti, comunque hanno.
Rinvii continui in attesa di un accordo politico
I vertici di Agcom e garante per la privacy sono in carica dal 2012, con il mandato di 7 anni che scadeva la scorsa estate (2019). Ma il tumulto politico che ha caratterizzato il paese da fine luglio 2019 ad oggi, ha portato a continui rinvii delle nuove elezioni. Prima la crisi d’agosto del governo 5stelle-Lega, poi la nascita del Conte II con un’alleanza 5stelle-centrosinistra, e soprattutto l’emergenza nazionale causata dalla pandemia Coronavirus, hanno prolungato l’attesa per oltre 1 anno.
349 giorni d’attesa per l’elezione dei nuovi vertici Agcom e garante privacy.
La calendarizzazione del voto è stata quindi ciclicamente disattesa, con il mandato prorogato di oltre 300 giorni per i vertici delle 2 authority. Un’attesa che sarebbe stata anche giustificata se accompagnata da una riflessione più ampia di riforma delle autorità indipendenti, ma così non è stato. Elementi che hanno confermato quanto sia ormai impensabile nominare i vertici delle authority, soprattutto quelle più importanti, in mancanza di un accordo tra i partiti. L’instabilità politica ha quindi avuto il sopravvento sull’abituale cronoprogramma delle nomine.
Nomine ormai diventate politiche, senza stabilità vengono quindi posticipate.
Il forte cambio “ideologico” tra la prima e la seconda esperienza di governo Conte, ha di fatto rimescolato le carte in tavola. Un accaduto che inserisce le authority a pieno titolo nel sempre più ampio scacchiere delle nomine pubbliche diventate politiche, in cui la necessità di bilanciare gli equilibri tra i partiti appare predominante.
La possibilità che venga prorogato lo stato d’emergenza potrebbe anche portare ad un ulteriore rinvio del voto. Gli articoli 117 e 118 del cura Italia infatti prevedono la possibilità di estendere gli incarichi uscenti “entro i 60 giorni successivi alla data di cessazione dello stato di emergenza”.
Agcom, trasparenza questa sconosciuta
Ma se queste nomine sono fatte dal parlamento, e se hanno evidentemente un peso non indifferente, sia per la politica che per gli ambiti di azione, come avviene il processo di selezione? Uno degli aspetti più discussi sul tema authority, in una loro eventuale riforma, è quello di uniformare il processo di selezione dei vertici.
In un convegno tenutosi a Roma il 23 ottobre del 2018 sul tema “Le autorità indipendenti: problemi e prospettive” lo stesso presidente della camera Roberto Fico è intervenuto sulla questione:
Rispetto alle procedure di nomina ritengo inoltre essenziale come regola generale inderogabile quella di un avviso di sollecitazione pubblica che consenta a chiunque ritenga di essere in possesso delle competenze e dei requisiti richiesti di inviare la propria candidatura. È il percorso che assieme alla presidente Casellati abbiamo seguito per l’individuazione del vertice dell’Antitrust e che ora intendiamo estendere ad altre nomine di garanzia che la legge attribuisce ai presidenti delle camere
Come evidenziato dal presidente della camera, il 14 settembre 2018 era stato pubblicato un avviso sul sito del senato al fine di raccogliere eventuali manifestazioni di intesse per la nomina del nuovo presidente dell’Antitrust. Cosa che poi è avvenuta anche a marzo del 2020 per il rinnovo dell’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Un’importante apertura verso l’instaurazione di un processo aperto e pubblico per la selezione di una rosa di candidati, su cui poi però la parola finale sarebbe come sempre spettata all’aula.
A differenza del 2012, non c’è stato un avviso pubblico per il rinnovo dei vertici Agcom.
Per i vertici di Agcom però tutto ciò non è avvenuto, anzi. Non risultano infatti simili avvisi sui siti di camera e senato, e non sembra si sia dato minimante seguito a quanto promesso dal presidente della camera Fico. Come se non bastasse, proprio le ultime elezioni per i vertici Agcom avvenute nel 2012 (governo Monti), avevano invece previsto la pubblicazione di un avviso per l’invio di candidature, con la messa a disposizione online dei curricula ricevuti. Anche lì non mancarono le polemiche sulla scelta finale, ma ciò non toglie che si era cercato di avviare un percorso verso una maggiore trasparenza.
Garante per la privacy, un tentativo di apertura
Nel caso del garante per la privacy invece, la legge indica un’apposita procedura, che assicura un certo livello di trasparenza. Vige infatti l’obbligo di pubblicazione sul sito del garante e su quello di camera e senato, di un annuncio 60 giorni prima della nomina, in cui si invitano gli interessati ad inviare la propria candidatura.
[…] I componenti devono essere eletti tra coloro che presentano la propria candidatura nell’ambito di una procedura di selezione il cui avviso deve essere pubblicato nei siti internet della camera, del senato e del garante almeno 60 giorni prima della nomina. Le candidature devono pervenire almeno trenta giorni prima della nomina e i curricula devono essere pubblicati negli stessi siti internet
Nuovo collegio garante privacy
Elenco e curriculum dei candidati.
Cosa che di fatto è avvenuta, con un avviso reso disponibile il 19 aprile del 2019 sui 3 siti in questione (garante, senato e camera). Avviso che è stato rilanciato anche il 7 ottobre dello stesso anno, visto il rinvio delle elezioni. Successivamente poi sul sito della camera è stato pubblicato l’elenco dei candidati, con i relativi curricula. Per legge sarà proprio tra questo elenco di nomi che camera e senato dovranno eleggere i nuovi membri del collegio del garante per la protezione dei dati personali. Un processo pubblico di selezione, che sicuramente rappresenta un inizio di un percorso però ancora lungo.
Revolving doors e nomine politiche
Pure nei casi in cui si è stabilito un processo più o meno trasparente di selezione, il peso della politica appare comunque eccessivo. Non è un caso se tra i nomi più gettonati ad entrare nel collegio del garante per la privacy ci sia quello di Ignazio La Russa, senatore di Fratelli d’Italia, membro del parlamento dal 1992. Anche il presidente uscente, Antonello Soro, come la componente Giovanna Bianchi Clerici, hanno un lungo passato tra i rami del parlamento. Un passaggio, quello dal mondo della politica a quello delle authority, che forse andrebbe evitato. Non solo per una questione di competenze e di eventuali conflitti d’interesse, ma soprattutto perché politicizza eccessivamente un organo che politico non dovrebbe essere.
50% del collegio del garante per la privacy uscente ha un passato in parlamento: Soro e Bianchi Clerici.
Ma anche quando le persone coinvolte non hanno un passato attivo nella politica, il fatto che siano nominati dal parlamento rende la scelta politica di per sé. Questo perché inevitabilmente l’elezione dei vertici nelle authority rientra in uno scacchiere più ampio delle nomine pubbliche, in cui i partiti al governo cercano di portare avanti un’equilibrata spartizione degli incarichi. Non a caso tutto il silenzioso dibattito che si è tenuto nelle ultime settimane si è concentrato su nomi “in quota” 5stelle, Pd o centrodestra.
Una selezione più trasparente e condivisa
Le alternative all’attuale sistema ci sono, possibilità che a modo loro riformerebbero in meglio la situazione. Non si vuole contestare il principio per cui sia la politica (governo o parlamento) a fare queste nomine, ma il metodo andrebbe migliorato. Alcuni piccoli accorgimenti potrebbero migliorare il processo di selezione.
- Istituzionalizzare la pubblicazione di avvisi per la manifestazione di interesse per l’individuazione dei candidati alla posizione;
- Messa a disposizione dei Cv ricevuti sui siti internet istituzionali;
- Ciclo di audizioni pubbliche (come per la nomina dei commissari europei) per una rosa di candidati individuati dalle commissioni competenti.
Un percorso semplice, che potrebbe in maniera molto efficace rendere il processo più equo e soprattutto condiviso. Per rafforzare le scelte di parlamento e governo è necessario far sì che l’iter sia trasparente. Il voto invece seguirà altre logiche, che rimangono nascoste allo scrutinio pubblico. Logiche politiche, che contribuiscono ad allontanare i cittadini dalle istituzioni, e soprattutto a far perdere fiducia in esse. Il ruolo delle authority è da tempo messo in discussione, con un comune sentimento per riformarle dando loro più poteri. L’inizio di questa riflessione potrebbe proprio cominciare da come vengono scelte le persone che andranno a ricoprire gli incarichi di vertice.
Foto credit: Sito Camera dei deputati