Candidati alle europee, tra scelte pubblicitarie e incarichi incompatibili Caricometro
Politici pluricandidati, e altri che al parlamento europeo non andranno mai. Molte delle candidature per queste elezioni non convincono.
lunedì 13 Maggio 2019 | Europa
A fine mese si terranno le elezioni per il parlamento europeo. Il sistema elettorale vigente prevede le preferenze, e dà quindi la possibilità agli elettori di selezionare uno o più candidati. Un elemento che rende la campagna elettorale decisamente incentrata sulle personalità che corrono per un seggio a Bruxelles. Molto del possibile successo dei partiti dipende infatti dalla scelta dei candidati messi in campo.
Molte candidature “spot”, con eventuali eletti che difficilmente andranno a Bruxelles.
Proprio per affrontare al meglio questa situazione i partiti stanno adottando tattiche legittime ma discutibili. Il vice presidente del consiglio, nonché ministro e senatore, Matteo Salvini è il capolista della Lega in tutte le circoscrizioni. Pluricandidature puramente promozionali considerando che evidentemente Matteo Salvini non lascerà il suo incarico nel governo e nel parlamento italiano per andare a Bruxelles. Ma il segretario del Carroccio non è l’unico in questa situazione, a prova del fatto che di buone pratiche nella politica italiana se ne vedono sempre meno.
Doppi incarichi incompatibili
Il tema dei doppi incarichi è uno che seguiamo da tempo. L’argomento ha molte sfaccettature, e un punto di partenza è sicuramente quello delle incompatibilità. Alcuni incarichi infatti non si possono svolgere contemporaneamente, per evitare possibili conflitti di interesse. Le varie forme di incompatibilità sono stabilite dalla legge, ma soprattutto dalla costituzione.
Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo.
Particolarmente rilevante per questa fase politica è quindi l’impossibilità per qualsiasi membro del parlamento europeo di essere anche o membro del parlamento italiano o membro di una giunta o consiglio regionale. Questo di fatto rende le candidature di deputati, senatori, consiglieri o assessore regionali, e la loro eventuale elezione, il preambolo di una scelta importante tra uno dei due incarichi. Per molti casi l’opzione di andare a Bruxelles non sembra nemmeno percorribile, rendendo quindi le candidature di fatto “fittizie”.
Le candidature di parlamentari, assessori e consiglieri regionali
Sono 37 gli incarichi dei candidati che sono incompatibili con il ruolo di parlamentare europeo, tra assessori e consiglieri regionali, deputati e senatori. Un conteggio che esclude coloro che andranno in scadenza nel 2019.
I politici che ricoprono questi incarichi, qualora venissero eletti, sarebbero quindi costretti a scegliere tra un ruolo e l’altro. Venti di questi incarichi sono da assessore e/o consigliere regionale, 10 da deputato e 7 da senatore. I partiti politici con più incarichi coinvolti sono Fratelli d’Italia, con 14 tra assessori, consiglieri regionali o parlamentari, Forza Italia con 9, la Lega con 6, e infine il Partito democratico con 4.
37 incarichi dei candidati sono incompatibili con il ruolo di membro del parlamento europeo.
Per tutti questi candidati quindi un’eventuale elezione porterebbe ad un bivio, costringendo il politico di turno a scegliere tra un’opzione e l’altra. Per alcuni di essi però la scelta è palese già da ora, e la candidatura sembra quindi più una scelta pubblicitaria a favore del partito, che un reale impegno nell’andare al parlamento europeo. È il caso per esempio di 4 leader politici nazionali: Bonino (+Europa), Fratoianni (Sinistra italiana), Meloni (Fratelli d’Italia) e Salvini (Lega).
Cominciamo dai 2 leader del centrodestra. Giorgia Meloni, oltre ad essere attualmente consigliere comunale di Roma, è anche deputata a Montecitorio. Quest’ultimo incarico, come detto, è incompatibile con quello europeo, il che rende la sua candidatura una finzione. Con difficoltà infatti è ipotizzabile che Giorgia Meloni lasci i suoi incarichi a Roma per andare a Bruxelles.
Per alcuni politici la scelta tra un incarico e l’altro è già stata fatta, rendendo la candidatura di fatto una finzione.
Situazione analoga, anche se molto più complessa, quella che vede protagonista Matteo Salvini. Anche il leader della Lega compare come candidato capolista alle prossime elezioni europee. Come noto Salvini, oltre ad essere vice presidente del consiglio e ministro dell’interno, è anche senatore della repubblica. Tutti incarichi incompatibili con quello di europarlamentare.
Assieme ai due leader della destra anche Emma Bonino e Nicola Fratoianni. L’esponente dei radicali italiani, attualmente senatrice, è anche candidata come capolista per +Europa nella circoscrizione Italia centrale. Anche il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni è candidato nella stessa circoscrizione, e anche lui siede già nel parlamento nazionale, essendo deputato. Per entrambi, come per i due leader del centrodestra, sembra difficile ipotizzare un reale passaggio al parlamento europeo.
I 37 incarichi dei candidati incompatibili con il ruolo di europarlamentare
Gli incarichi incompatibili dei candidati, per lista di candidatura
La nostra costituzione stabilisce che l’incarico di europarlamentare è incompatibile con quello di assessore o consigliere regionale, nonché di membro del parlamento italiano. Non sono inclusi i consiglieri/assessori regionali che termineranno il proprio incarico nel 2019.
FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell'interno
Ecco l'elenco completo dei 37 incarichi:
Camera dei deputati: Acquaroli (Fdi), Baroni (Fi), Fidanza (Fdi), Fratoianni (La sinistra), Gemmato (Fdi); Meloni (Fdi), Ruffino (Fdi), Savino (Fi), Varchi (Fdi), Versace (Fi);
Senato della repubblica: Bonino (+Europa), Ciriani (Fdi), Garnero Santanchè (Fdi), Giammanco (Fi), Salvini (Lega), Stancanelli (Fi), Toffanini (Fi);
Giunte e consigli regionali: Alberti (consigliere regionale Toscana, Lega), Berlato (consigliere regionale Veneto, Fdi), Berrino (assessore e consigliere regionale in Liguria, Fdi), Cappellari (consigliere regionale Lombardia, Lega), Caroppo (consigliere regionale Liguria, Lega), Facci (consigliere regionale Emilia-Romagna, Fdi), Ghera (consigliere regionale Lazio, Fdi), Graglia (consigliere regionale Piemonte, Fi), Honsell (consigliere regionale Friuli-Venezia Giulia, Pd), Milazzo (consigliere regionale Sicilia, Fi), Moretti (consigliere regionale Veneto, Pd), Nardini (consigliere regionale Toscana, Pd), Peda' (consigliere regionale Calabria, Fi), Pisicchio (assessore e consigliere regionale Puglia, +Europa), Quaglieri (consigliere regionale Abruzzo, Fdi), Roberti (assessore regionale Campania, Pd), Sammaritani (consigliere regionale Valle d'Aosta, Lega), Sardone (consigliere regionale Lombardia, Lega).
Nel totale dei 37 non sono stati conteggiati gli incarichi che termineranno nel corso del 2019. Parliamo nello specifico di 2 consiglieri regionali dell'Emilia-Romagna (Mori del Pd e Prodi di La sinistra), la vice presidente della regione stessa (Gualmini del Pd), e di 2 consiglieri regionali del Piemonte (Gancia della Lega e Molinari di +Europa).
Il caso Smeriglio: dimissioni dalla regione prima di candidarsi
Tra i principali partiti italiani, alcuni comportamenti virtuosi ci sono stati. Massimiliano Smeriglio ha rassegnato le sue dimissioni da vice presidente della regione Lazio il 17 aprile 2019. Lo ha fatto in concomitanza con la scelta di candidarsi con il Partito democratico proprio al parlamento europeo. Una scelta in controtendenza, spinta dalla volontà, a detta di Smeriglio, di fare dei passaggi netti e trasparenti, senza piani B. Questo prova quindi che una via alternativa è percorribile. Ma dimostra soprattutto quale dovrebbe essere, a detta nostra, una buona pratica della politica italiana.
Le pluricandidature
I già citati casi di Giorgia Meloni e Matteo Salvini ci permettono di aprire un'altra questione. Entrambi infatti sono pluricandidati, cioè candidati in tutte le circoscrizioni: nord occidentale, nord orientale, centrale, meridionale e insulare.
Si vota per un politico ma, se eletto, al parlamento europeo ne andrà un altro
Come detto il sistema elettorale per le europee prevede le preferenze, e quindi l'avere dei nomi noti in cima alle liste dei candidati è sempre un elemento positivo per i diversi partiti in gara. Molti partiti hanno quindi deciso di candidare il leader stesso del movimento in tutte le circoscrizioni, cercando evidentemente di sfruttare al meglio l'impatto carismatico dei singoli nomi. Ovviamente una persona non può essere eletta in più circoscrizioni, e questo apre le porte alle persone che seguono nell'elenco dei candidati. Di fatto si vota per una persona ma, se eletta, al parlamento europeo ne andrà un'altra.
Oltre ai casi già citati, le pluricandidature tra i partiti principali riguardano anche altri nomi illustri: Silvio Berlusconi (Fi), candidato in 4 circoscrizione su 5, Alessandra Mussolini (Fi), sia in Italia meridionale che in quella centrale, e infine 2 nomi forti della destra: Simone Di Stefano di Casapound e Roberto Fiore di Forza Nuova, entrambi candidati in tutte le circoscrizioni. Anche Pietro Bartolo, il noto medico di Lampedusa sceso in campo con il Partito democratico, compare i più circoscrizioni, candidato sia nelle isole che al centro.
Il caso virtuoso del Movimento 5 stelle
Da sottolineare che tra i grandi partiti nazionali l'unico che non è coinvolto da quanto raccontato finora è il Movimento 5 stelle. All'interno dei candidati M5s infatti non ci sono pluricandidature, e soprattutto non figurano consiglieri regionali o membri del parlamento italiano. Da questo punto di vista quindi il partito guidato da Luigi Di Maio rappresenta un unicum, e soprattutto un esempio di buona pratica che sarebbe auspicabile vedere più spesso. Sottolineiamo che il comportamento degli altri partiti è consentito dalla legge e in maniera specifica dell'attuale sistema elettorale. Non si tratta quindi di comportamenti "illegali", ma bensì di pratiche che ledono il rapporto tra elettori ed eletti.
Il rapporto con gli elettori
Entrambi i problemi sollevano infatti un grande tema, ossia quello del distanziamento tra elettori e eletti. Una questione ricorrente, a cui spesso contribuisce anche la scelta del sistema elettorale, se con preferenze o no. L'attuale meccanismo che porta all'individuazione dei rappresentati italiani al parlamento europeo dà la possibilità ai cittadini di scegliere tra i diversi candidati. Una possibilità non troppo comune, considerando, per esempio, che per la maggior parte dei seggi nel parlamento nazionale i cittadini possono solo indicare il partito, e non specifici candidati.
Per le elezioni europee quindi è in campo un sistema elettorale che potrebbe contribuire a riavvicinare i cittadini ai propri candidati, ed eventualmente agli eletti. Dare la possibilità di votare per qualcuno, che poi al parlamento europeo non andrà, rappresenta un elemento di rottura, che forse andrebbe evitato.
Crediti foto: Facebook ufficiale Matteo Salvini