Come affrontare la riforma del Csm, dati alla mano Giustizia
Il rapporto tra politica e magistratura è tornato al centro del dibattito, purtroppo non sempre con toni adeguati all’importanza della questione. Lo scorso Csm è stato quello con la quota più alta di politici nazionali (29%) e il secondo con i passaggi più veloci dalla politica al consiglio.
martedì 9 Giugno 2020 | Potere politico
Nei prossimi giorni, il governo potrebbe presentare un disegno di legge per riformare il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. La questione, tornata alla ribalta nelle ultime settimane per il caso Palamara, non è nuova per la politica italiana.
È un argomento molto delicato, perché interessa l’organo che “governa” la magistratura e decide le carriere di giudici e pm. Riguarda i rapporti tra potere politico e giudiziario, un tema che da sempre ha attraversato la storia repubblicana. E infatti è di lunghissima data il dibattito su come evitare le interferenze politiche su giudici e pm, oppure le degenerazioni delle correnti nella magistratura.
15% dei membri del Csm dal 1959 a oggi erano stati in parlamento o al governo prima di entrare in quest’organo.
Il prossimo testo in discussione, in base a quanto dichiarato dal ministro della giustizia Bonafede (M5s), dovrebbe reggersi soprattutto su due aspetti che investono il rapporto politica-magistratura. Il primo, eliminare la possibilità per i magistrati entrati in politica di tornare al vecchio ruolo.
4 membri del Csm “togati” successivamente entrati in parlamento o al governo, negli ultimi 30 anni.
Il secondo, limitare la possibilità dei politici di essere eletti al Csm come membri “laici”.
La provenienza politica è un aspetto particolarmente sensibile per il vicepresidente del Csm. Dato che il ruolo di presidente spetta al capo dello stato, con funzioni prevalentemente di garanzia, nella gestione quotidiana dell’organo il ruolo del vicepresidente è decisivo.
In base alla costituzione deve essere un “laico” e storicamente è stato ricoperto in prevalenza da un politico. Su 19 vicepresidenti eletti dal 1959 ad oggi, in 11 casi si è trattato di una persona che era già stata parlamentare o membro del governo.
58% dei vicepresidenti del Csm aveva già avuto un incarico politico nazionale prima dell’elezione.
In sintesi, i temi sul tavolo sono molti, e sembra già chiaro che il dibattito che si aprirà sulla riforma occuperà i prossimi mesi dell’agenda politica.
Tra una cosa e l’altra [per avere la riforma servirà] circa un anno, ma le regole sull’elezione saranno subito in vigore. C’è l’accordo nella maggioranza. Non si tornerà più indietro.
Per adesso purtroppo, il tono della discussione pubblica sul tema, tra stralci di intercettazioni e polemiche, non è adeguato al livello delle decisioni che saranno discusse. E soprattutto non aiuta i cittadini a fare chiarezza sul ruolo del Csm e sulle criticità attuali del sistema.
Per comprendere meglio tutto questo è importante arrivare informati – numeri alla mano. Così da avere tutti gli elementi per valutare in modo consapevole.
Criticità vere e luoghi comuni
Per prima cosa, è necessario sgombrare il dibattito da alcuni luoghi comuni largamente diffusi, che alimentano solo la confusione.
Il primo è la possibilità di scardinare il peso delle correnti attraverso il sorteggio dei componenti togati del Csm. Questo non è possibile in base alla costituzione vigente.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
A meno di una modifica costituzionale, quindi, i membri del Csm (laici e togati) sono elettivi. Un sorteggio “puro” dei componenti sarebbe quindi incostituzionale. Altra cosa è la possibilità (prevista tra 1990 e 2002, dall’articolo 24-bis) di sorteggiare la composizione dei collegi elettorali, in modo da rendere casuale la composizione del corpo elettorale (e in teoria più difficili accordi prestabiliti).
Il secondo elemento di confusione riguarda la facoltà del presidente della Repubblica di sciogliere l’organo attualmente in carica. A norma di legge, questa non è una scelta politica del Quirinale, quanto piuttosto una possibilità, nel caso in cui l’organo non sia in grado di funzionare (come per le dimissioni della maggioranza dei membri).
Il Consiglio superiore, qualora ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e del Comitato di presidenza.
Una procedura complessa, che coinvolge diversi attori istituzionali e che, come sottolineato anche da autorevoli costituzionalisti, esclude scelte solitarie del Colle. Proprio perché concepita nella cornice delle garanzie costituzionali e della divisione tra poteri.
Fatta chiarezza su questi punti, restano le criticità vere emerse in questi mesi. I casi giudiziari hanno riportato all’attenzione nazionale i problemi nel rapporto tra politica e magistratura. Attraverso alcuni dati, abbiamo ricostruito come questo rapporto si è sviluppato ed evoluto nella sua sede naturale, il Csm.
La presenza della politica nel Csm, dal 1959 ad oggi
Uno degli obiettivi della riforma annunciata è ridurre la presenza politica nel Csm. Ma cosa sappiamo su questo aspetto?
Solo due volte nel Csm sono entrate persone che nella loro vita erano state leader di partiti nazionali. Mauro Ferri, eletto come laico nel 1986, che quasi 20 anni anni prima era diventato (per 9 mesi) segretario del Psi sul finire della breve unificazione con i socialdemocratici, e poi del solo Psdi. E Mauro Mellini, membro laico dal 1993, che alla fine degli anni ’60 era stato per un biennio segretario dei radicali.
In entrambi i casi quindi, parliamo di politici al vertice dei propri partiti durante limitati periodi di transizione, e soprattutto entrati dopo molti anni nell’organo di governo della magistratura.
2 gli ex segretari di partito entrati nel Csm.
Ma questo dato ovviamente non può esaurire il tema del rapporto politica-magistratura all’interno del Csm. Un organo con competenze rilevanti, solo in apparenza di natura amministrativa (l’assegnazione delle sedi, i trasferimenti), in realtà con un impatto decisivo sulla vita sociale e politica del paese.
Infatti, se si osserva la presenza di politici nazionali (ex parlamentari o ex membri del governo) nel plenum del consiglio, ci si accorge come ci sia sempre stato almeno un politico in tutte le consiliature dal 1959 a oggi.
Nello scorso Csm si è raggiunta la massima presenza di politici nazionali
Percentuale di membri del Csm che in precedenza erano stati parlamentari o membri del governo
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Giugno 2020)
È interessante leggere la presenza di politici nel Csm in parallelo con lo stato altalenante dei rapporti politica-magistratura nello stesso periodo.
Negli anni la quota di politici nel Csm è variata molto.
Dopo un'iniziale crescita durante gli anni '60, nel periodo del compromesso storico la presenza di politici nazionali nel plenum scende al 3,4%. Poi risale alla fine degli anni '80 (13%), per calare di nuovo nel post-tangentopoli (1994-2002). Dagli anni 2000, con lo scontro parallelo tra centrosinistra e centrodestra, sul piano politico e giudiziario, torna a crescere la quota di ex politici nazionali nel plenum. Nella scorsa consiliatura (2014-18) si è raggiunto il picco massimo dagli anni '60: 29% dei membri elettivi del Csm era stato in precedenza parlamentare o membro del governo.
8% la presenza di politici nazionali in questa consiliatura.
La consiliatura in carica, dopo quelle tra '76 e '86, è la terza con meno politici nazionali. Sono due: l'attuale vicepresidente del Csm David Ermini (parlamentare Pd tra 2013 e 2018) ed Emanuele Basile (che era stato deputato della Lega Nord nella legislatura 1994-96).
Gli attuali membri del Consiglio superiore della magistratura
I membri del Consiglio superiore della magistratura, nella consiliatura attualmente in corso (2018-oggi)
La consiliatura è la numero 15, iniziata nel 2018 e attualmente in corso.
Oltre ai membri indicati nel grafico, il ruolo di presidente del Csm spetta di diritto al presidente della repubblica.
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Giugno 2020)
Nel leggere questi dati, è necessario tenere presente la scelta di fondo del costituente.
Il costituente voleva un bilanciamento tra controllo democratico e indipendenza della magistratura.
Dopo lunghi dibattiti in assemblea, la scelta di prevedere una parte di membri non togati partiva da due obiettivi. Da un lato, evitare che la magistratura diventasse un ordine autoreferenziale, al di fuori di qualsiasi garanzia democratica. Dall'altro, sottrarre giudici e procuratori dal controllo del governo di turno (come era avvenuto nel fascismo e in misura minore nell'Italia liberale). Il compromesso fu trovato prevedendo un terzo di membri laici, scelti dal parlamento tra professori di diritto e avvocati dopo 15 anni di servizio.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.
Nell'affrontare la riforma del Csm è necessario partire da cosa dice la costituzione.
L'indicazione della carta in questo senso sembra chiara quando indica professori e avvocati. Una classificazione che, a nostro avviso, deve essere anche il punto di partenza di qualsiasi riforma. Non esclude a priori la presenza di ex membri del parlamento, ipotesi che era circolata nei mesi scorsi. Questa previsione avrebbe poco senso, dato che sarebbe un disincentivo alla partecipazione alla vita pubblica di persone che nel campo giuridico possono essersi distinte per le loro capacità.
Allo stesso tempo, bisogna evitare assolutamente che la quota di membri laici venga "colonizzata" dalla classe politica del momento.
7 su 8 membri laici della scorsa consiliatura erano stati in precedenza parlamentari o membri del governo.
I tempi tra l'incarico politico e quello al Csm
In questa direzione, un criterio ipotizzato potrebbe essere prevedere un tempo minimo di decantazione nel passaggio da un incarico in assemblea parlamentare al Csm.
61 gli ex parlamentari o membri del governo successivamente entrati nel Csm.
Mediamente, dal 1959, passano 4 anni (1.484 giorni) tra la fine dell'incarico al governo o in parlamento e l'ingresso al Csm. Ma questo dato è variato moltissimo tra una consiliatura e l'altra.
L’attuale Csm è quello con più giorni trascorsi in media dall’incarico precedente
Tempo medio tra l'elezione di un politico nel Csm e la fine del precedente mandato parlamentare o di governo
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Giugno 2020)
Questi dati sono frutto di una media. Ad esempio quello della consiliatura in corso è molto alto perché uno dei due membri (l'ex parlamentare leghista Basile) ha la seconda maggiore distanza (22 anni) dall'incarico precedente. Un dato che si compensa con il passaggio diretto del vicepresidente Ermini, da deputato della XVIII legislatura al Csm.
Perciò è interessante ricostruire, per ogni consiliatura, come sono realmente variati i tempi di passaggio da un'istituzione all'altra.
Dopo quanto tempo i politici nazionali entrano nel Csm
Politici eletti al Csm in base al tempo trascorso dall'ultimo incarico in parlamento o al governo
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Giugno 2020)
Da questo punto di vista, si possono fare delle ulteriori considerazioni. La consiliatura scorsa (2014-18), oltre ad essere stata quella con la maggiore incidenza di ex membri di parlamento e governo nel Csm, è stata anche la seconda con i passaggi più veloci. Una tendenza che, come si osserva dai dati, era iniziata e poi incrementata a partire dagli anni 2000.
71% dei politici nazionali nello scorso Csm erano stati al governo o in parlamento appena 3 mesi prima o meno.
Tra questi l'ex vicepresidente, Giovanni Legnini (Pd), per cui il passaggio è stato diretto da sottosegretario al ministero dell'economia e delle finanze a membro del consiglio. L'attuale presidente del senato Elisabetta Casellati (Fi) e il collega di partito Pierantonio Zanettin, passati direttamente dal senato al Csm. Antonio Leone (Ncd) e Renato Balduzzi (Sc), provenienti dalla camera dei deputati (quest'ultimo in precedenza era stato ministro della salute del governo Monti).
E in effetti la scorsa consiliatura è stata anche tra le prime per presenza di ex ministri e sottosegretari. Il 13% del plenum aveva avuto un incarico nel governo (dato in linea con gli anni 2002-10).
Sono 5 le consiliature dove nessun componente era stato membro del governo
Percentuale di membri del Csm che in precedenza erano stati membri del governo
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Giugno 2020)
Dal Csm alla politica nazionale
Allo stesso tempo, storicamente si registra anche il passaggio inverso. Ovvero membri del Csm che solo dopo quest'esperienza vengono eletti in parlamento o entrano nell'esecutivo. In media circa l'8% dei membri Csm senza precedenti incarichi politici nazionali sono diventati successivamente (anche a distanza di molti anni) parlamentari, ministri o sottosegretari.
Anche in questo caso il fenomeno è altalenante, e va letto in controluce rispetto a quanto descritto in precedenza. Nelle consiliature dove sono presenti molti membri già stati politici nazionali, il dato è ovviamente più basso.
Molti membri del Csm degli anni ’70 e ’80 sono poi diventati parlamentari o ministri
Percentuale di membri del Csm senza esperienze politiche nazionali pregresse poi diventati parlamentari o membri del governo
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Giugno 2020)
Mentre in altre consiliature con un basso numero di politici nazionali "in entrata", il dato "in uscita" è molto più consistente. Un esempio su tutti la consiliatura 1976-81, che detiene il record minimo di componenti in precedenza già stati parlamentari o membri di governo (3%). In quello stesso Csm si registra anche la quota massima di componenti entrati successivamente in incarichi politici nazionali.
28 i membri, togati e laici, che hanno avuto esperienze parlamentari/governative solo dopo il mandato nel Csm.
Il motivo principale di questi passaggi successivi è che, tra i membri laici, chi viene selezionato per essere membro del Csm è generalmente una personalità, non necessariamente politica, ma comunque spesso politicamente affine al partito che la porta nella contrattazione con le altre forze politiche in parlamento.
Ciò senza nulla togliere allo spessore dei selezionati. Per restare al caso limite, la consiliatura 1976-81, solo un componente era stato parlamentare in precedenza, gli altri erano tutti giuristi affermati nella propria professione, in alcuni casi in parallelo con attività di rilievo in organizzazioni politico-sociali.
I nomi dei nuovi membri del Consiglio (...) Pietro Barcellona, ordinario di diritto privato all'Università di Catania; Walter Sabadini, avvocato, già vice-presidente della commissione Giustizia del Senato; e Vincenzo Summa, avvocato (candidati proposti dal PCI); Vittorio Bachelet, avvocato, già presidente dell'Azione cattolica; Giovanni Conso, ordinario di procedura penale all'Università di Roma; Pietro Perlingieri, ordinario di diritto civile all'Università di Torino; e Ugo Zilletti, ordinario di diritto romano all'Università di Firenze (candidati proposti dalla DC); Antonio La Pergola, avvocato (candidato proposto da PSDI-PRI); Federico Mancini, ordinario di diritto del lavoro all'Università di Bologna (candidato proposto dal PSI).
Sta alle forze politiche selezionare con criterio chi saranno i membri laici.
La valutazione da fare quindi, in questo caso, è anche sulla capacità dei partiti di selezionare la classe dirigente, per quanto di propria competenza. Nella lista appena passata in rassegna compaiono, oltre al giurista Vittorio Bachelet, assassinato dalle Brigate rosse durante il mandato di vicepresidente del Csm, due futuri presidenti della Corte costituzionale (La Pergola e Conso). Se un esperto di diritto viene designato per ricoprire una carica di quella rilevanza, diventa naturalmente papabile in futuro per altri ruoli.
Non mancano anche i casi di membri togati che, solo dopo l'esperienza in Csm, sono entrati nell'agone politico nazionale.
4 membri togati dal 1990 successivamente entrati in parlamento o al governo.
Tra questi, il più recente è Cosimo Ferri, deputato in carica (Iv), eletto al Csm nel 2006 e nel 2013 diventato sottosegretario alla giustizia in tutti i governi di centrosinistra della XVII legislatura. Altro esempio è Lanfranco Tenaglia, magistrato in carica nel Csm dal 2002 al 2006, poi eletto nel 2008 in parlamento con il Partito democratico (del quale sarà anche responsabile giustizia durante la segreteria Veltroni).
In precedenza, andando indietro fino al 1990, avevano fatto percorsi simili Ernesto Stajano e Elvio Fassone. Entrambi eletti al Csm nel 1990, il primo con Magistratura indipendente e il secondo con Magistratura democratica, e poi entrati in parlamento negli anni '90, rispettivamente con il Patto Segni e l'Ulivo.
Tra i membri di diritto, solo uno ha avuto incarichi politici nazionali (escludendo ovviamente il presidente della repubblica). Si è trattato del primo presidente della Corte di cassazione dal 1986 al 1995, Antonio Bracaccio, diventato per pochi mesi ministro nel governo tecnico Dini.
I percorsi di carriera prima e dopo il Csm
Un altro aspetto interessante è quale sia il percorso successivo dei membri eletti al Csm, dopo la fine del mandato.
Per quanto riguarda i membri laici eletti dal parlamento, come abbiamo visto la costituzione indica come prerequisito l'essere avvocati con almeno 15 anni di esercizio oppure professori ordinari in materie giuridiche. Circa la metà dei membri eletti negli ultimi 30 anni, al momento dell'elezione, aveva questi due prerequisiti, senza incarichi politici pregressi.
L'ultimo incarico politico prima del Csm è spesso il parlamentare.
Nell'altra metà dei casi, l'ultimo incarico politico prima del Csm è stato generalmente quello di parlamentare o sottosegretario. Seguono ruoli a livello locale; tra quelli più di rilievo segnaliamo due sindaci: quello di Arezzo (Giuseppe Fanfani, Pd, eletto nel 2014) e quello di Udine (Piergiorgio Bressani, Dc, eletto nel 1990). In un caso, l'ultimo incarico era stato quello di giudice costituzionale (Annibale Marini, anche presidente della stessa corte tra 2005 e 2006).
Come cambiano le carriere dei membri laici prima e dopo il Csm
Relazione tra ultimo incarico/professione prima dell'elezione a componente del csm e primo incarico successivo per i membri laici eletti dal 1990
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Giugno 2020)
Finiti i 4 anni nel consiglio superiore della magistratura, cosa vanno a fare i membri laici?
Per la maggior parte degli eletti, il Csm rappresenta l'ultimo incarico istituzionale prima della fine della carriera. Un ruolo di prestigio che può chiudere il percorso professionale tanto di un professore universitario, quanto di un politico di lungo corso. Un esempio è Virginio Rognoni, ministro Dc in diversi governi tra la fine degli anni '70 e il 1992 e deputato fino al 1994. Nel 2002 viene eletto al Csm, di cui diventa vicepresidente per l'intera durata della consiliatura.
Per alcuni politici invece è un passaggio intermedio del cursus honorum, ma abbastanza prestigioso da rafforzare il proprio profilo istituzionale. Un esempio su tutti è quello dell'attuale presidente del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati (Fi), arrivata al Csm nel 2014 dopo 20 anni come senatrice (e quasi 4 come sottosegretario alla giustizia, nell'ultimo governo Berlusconi). Dopo la fine del mandato al Csm, nel 2018, è stata eletta seconda carica dello stato.
Un incarico che rafforza il profilo istituzionale per i politici in carica.
Un altro caso in questo senso è Michele Vietti (Udc), attuale presidente di Finlombarda spa, società finanziaria di proprietà della regione Lombardia. Il Csm ha segnato due passaggi nel suo percorso politico-amministrativo: eletto alla camera nel 1994, diventa componente del consiglio superiore una prima volta nel 1998. Dopo il mandato, sarà sottosegretario prima alla giustizia e poi all'economia, rispettivamente nel II e III governo Berlusconi (2001-05 e 2005-06). Dopo essere stato riconfermato alla camera nelle elezioni 2008, viene rieletto membro laico del Csm nel 2010, stavolta diventandone anche vicepresidente.
4 i membri eletti nel Csm in due diverse consiliature.
Anche per gli accademici puri il passaggio in Csm può sugellare una crescita nel proprio percorso professionale. Dal 1990 ad oggi, per 3 professori universitari è stata una delle tappe che li ha successivamente portati a diventare membri della corte costituzionale.
Per alcuni membri è la prima tappa di un percorso politico nazionale.
Un'altra categoria di casi è quella dei membri laici che prima del Csm non avevano avuto incarichi politici nazionali. Una volta indicati da una forza politica per un ruolo così importante, diventano un bacino naturale di professionalità cui attingere per la formazione delle liste nelle politiche. Un esempio è Emilio Buccico, avvocato eletto in quota An come membro laico del Csm nel 2002. Finito il mandato, nel 2006, viene candidato (ed eletto) senatore per An nelle elezioni dello stesso anno. Dal 2007 al 2009 sarà anche sindaco di Matera per il centrodestra.