Come incide la povertà abitativa sulla vita dei minori #conibambini
In Italia il 16,2% di bambini e adolescenti vive in una casa con problemi strutturali, oltre il 40% in una situazione di sovraffollamento. Ricostruire il fenomeno in chiave territoriale è difficile, ma necessario per le politiche di contrasto alla povertà minorile.
martedì 21 Gennaio 2025 | Povertà educativa
- La condizione abitativa incide sullo sviluppo e sulle opportunità sociali ed educative di bambini e ragazzi.
- 16,2% dei minori vive in case con problemi strutturali o di umidità.
- Ricostruire il fenomeno sul territorio è però molto complesso, data la difficoltà di una rilevazione così puntuale.
- Nell'ultimo censimento generale era emerso come il 22% delle abitazioni fosse in cattive condizioni. Quota oltre il 50% in 7 città, tutte del sud.
- Nel mezzogiorno è particolarmente evidente la relazione tra incidenza di famiglie con figli in disagio e cattive condizioni abitative.
La povertà abitativa colpisce ancora una quota ampia di bambini e ragazzi. Parliamo di famiglie costrette a vivere in alloggi con problemi strutturali, in situazioni di sovraffollamento o senza potersi permettere le spese per sostenere i costi dell’affitto o del mantenimento della casa.
21,6% delle famiglie in affitto si trova in povertà assoluta (4,7% tra quelle con la casa di proprietà).
A dicembre, i dati Istat pubblicati nell’ambito del rapporto del gruppo Crc (il gruppo di lavoro per la convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza) hanno fatto emergere un quadro piuttosto nitido. Nel 2023 in Italia il 16,2% dei minori viveva in abitazioni con problemi strutturali o di umidità; mentre per oltre il 40% è stata riportata una situazione di sovraffollamento abitativo. Un’incidenza in calo rispetto a quanto emerso nel precedente rapporto (61%), ma che comunque cela differenze abbastanza marcate tra i territori.
Divari territoriali che oggi, purtroppo, è molto difficile ricostruire in modo accurato, anche per la complessità di ricostruire informazioni come queste a livello locale con rilevazioni campionarie. Abbiamo approfondito il legame tra povertà abitativa e condizione minorile, anche incrociando le informazioni disponibili a livello locale sul disagio sociale con quelle sulla cattiva condizione delle abitazioni.
Povertà abitativa e povertà educativa
Nelle scorse settimane, abbiamo avuto modo di approfondire quanto la condizione strutturale degli edifici scolastici incida anche sull’esperienza didattica di bambini e ragazzi. E quanto sulla qualità dell’ambiente scolastico incidano fattori come il funzionamento degli impianti di riscaldamento o la presenza di scuole nuove e a norma.
La povertà abitativa è una minaccia per la crescita di bambini e ragazzi.
Ciò vale a maggior ragione per la casa in cui bambini e ragazzi vivono con la propria famiglia. In primo luogo per ragioni di salubrità degli ambienti: un alloggio non adeguatamente riscaldato o con problemi di umidità incide negativamente sulla salute di chi vi abita, a partire dai soggetti in età evolutiva. Vi sono poi anche aspetti educativi e sociali da tenere in considerazione. Una casa sovraffollata o piccola è una casa dove è più difficile avere uno spazio in cui studiare, fare i compiti, giocare. Situazioni in cui spesso è preclusa, o comunque molto limitata, la stessa possibilità di invitare degli amici.
Per tutte queste ragioni, ricostruire il fenomeno dei bambini e ragazzi che vivono in contesti abitativi disagevoli è fondamentale per impostare le politiche di contrasto alla povertà minorile. Un’esigenza tanto grande quanto la difficoltà di delineare un quadro in chiave territoriale, per una serie di motivi.
Povertà abitativa minorile: un fenomeno difficile da misurare
Uno sforzo fondamentale in questo senso è quello fatto da Istat nell’ambito delle analisi per il gruppo Crc. In media in Italia il 16,2% dei minori vive in case con problemi strutturali o di umidità, una quota che supera il 20% in Umbria, Sardegna, Emilia-Romagna, Lazio e Friuli Venezia Giulia. Ancora più diffuso è il fenomeno del sovraffollamento, riguardante oltre il 45% dei minori in Valle d’Aosta, Piemonte, Lazio, Lombardia e Puglia.
I fattori della povertà abitativa tra bambini e ragazzi, regione per regione
Percentuale di minori che vivono in abitazioni con problemi strutturali/umidità e in situazioni di sovraffollamento abitativo (2023)
I dati presentati, di fonte Istat, sono stati disaggregati su base regionale dall’istituto ai fini del Rapporto Crc. Dati non disponibili per Valle d’Aosta, Molise e Basilicata per l’indicatore sui problemi strutturali. Nei seguenti casi la numerosità campionaria ridotta (20 e 49 unità) rende il dato statisticamente poco significativo. Per i problemi strutturali e umidità: Trentino Alto Adige, Toscana Marche, Liguria, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Umbria. Per il sovraffollamento: Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Umbria, Valle d’Aosta, Molise e Basilicata.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat per Crc
(pubblicati: martedì 17 Dicembre 2024)
Si tratta di dati solitamente rilasciati a livello nazionale. Per questo va ribadita l’importanza della disaggregazione offerta da Istat a livello regionale, in occasione del rapporto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. Una ricostruzione che però ovviamente sconta tutti i limiti delle rilevazioni campionarie.
La bassa numerosità del campione rende infatti statisticamente poco significativo il dato di 8 regioni rispetto ai problemi strutturali vissuti dai bambini, mentre non è rilevabile quello di altri 3 territori (Valle d’Aosta, Molise e Basilicata). Anche l’altro indicatore di povertà abitativa è purtroppo da considerare statisticamente non significativo per 6 regioni. Da qui l’esigenza di ricostruire con una maggiore disaggregazione queste informazioni, avvalendoci dei dati raccolti in occasione del censimento generale.
Le case in cattive condizioni in Italia, comune per comune
Poco prima della pandemia, l’istituto di statistica – nell’ambito della mappatura dei rischi presenti nel paese – aveva ricostruito i dati sulla condizione abitativa, purtroppo risalenti al censimento generale 2011, ai confini comunali del 2018.
Una volta analizzati, questi dati mostrano quanto l’incidenza di edifici residenziali in muratura in stato mediocre o pessimo risulti fortemente variabile sul territorio nazionale. Rispetto a una media nazionale del 22% di edifici in cattive condizioni, la quota superava il 50% in 7 capoluoghi, tutti del mezzogiorno: Foggia, Cosenza, Reggio Calabria, Messina, Salerno, Catania e Napoli.
L’incidenza delle case in cattive condizioni sul territorio nazionale
Percentuale di edifici residenziali in muratura con stato di conservazione mediocre o pessimo (2011)
I dati sono stati raccolti in occasione del censimento generale (2011) e ricondotti ai confini comunali del 2018. La classificazione degli edifici residenziali in ‘ottimo’, ‘buono’, ‘mediocre’ o ‘pessimo’ stato di conservazione era l’esito della valutazione effettuata sul campo dai rilevatori censuari ai fini del censimento generale del 2011. L’assegnazione di una delle suddette modalità al singolo edificio era frutto dell’osservazione di alcuni elementi (condizioni del tetto, intonaco, infissi ed eventuale presenza di danni strutturali evidenti, ecc.), rispetto ai quali i rilevatori comunali avevano ricevuto una specifica formazione. Va tenuto presente che – come specificato da Istat – le istruzioni e la formazione ricevuta dai rilevatori erano finalizzate alla realizzazione di un’indagine di carattere statistico.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (mappa rischi)
(ultimo aggiornamento: lunedì 1 Gennaio 2018)
L’incidenza di case in stato di conservazione mediocre o pessimo era risultata invece inferiore al 10% in 19 città. Si tratta di capoluoghi in massima parte del centro-nord, con l’eccezione della molisana Isernia. Una classifica in cui spiccano, con meno del 7% del patrimonio abitativo in cattivo stato, Siena, Brescia, Modena, Vercelli e Arezzo.
Parliamo di dati rilevati in modo puntuale da operatori appositamente formati nel corso del censimento del 2011 e la situazione da allora è quindi sicuramente cambiata. Tuttavia un aspetto che emerge incrociando quei dati, raccolti allora, con quelli rilevati contestualmente sulle famiglie con figli in disagio, è la correlazione tra i due fenomeni.
La relazione tra disagio familiare e povertà abitativa
Tendenzialmente, un territorio con molte famiglie in difficoltà economica è anche un territorio dove la condizione degli edifici residenziali risulta peggiore. In media, sulla scorta di quanto rilevato nell’ultimo censimento generale, come detto la quota di edifici residenziali in stato di conservazione mediocre o pessimo si attestava sul 22%. Mentre la quota di famiglie in potenziale disagio era pari al 2,7%.
Per quanto riguarda quest’ultimo indicatore, parliamo di una stima del disagio economico rilevata calcolando la percentuale di famiglie con figli in cui la persona di riferimento ha fino a 64 anni e dove nessun componente è occupato o in pensione. Caratteristiche che molto probabilmente indicano una situazione di forte disagio.
I dati allora raccolti avevano fatto emergere una forte relazione territoriale tra i due fenomeni: sono infatti le province del sud e delle isole quelle caratterizzate dalla maggiore incidenza sia delle famiglie con figli in potenziale disagio, sia degli edifici in cattive condizioni.
Come si osserva dal grafico, nel quadrante in alto a destra – ovvero quello dove si collocano i territori che superano entrambe le medie nazionali – compaiono quasi esclusivamente province del mezzogiorno, con la sola eccezione di Frosinone.
Nel mezzogiorno più famiglie in disagio e abitazioni in cattive condizioni
Ogni punto è una provincia italiana: in basso a sinistra quelle con meno famiglie in disagio e meno edifici residenziali in cattive condizioni; viceversa in alto a destra
Per stimare l’incidenza delle famiglie in potenziale disagio economico, viene calcolato il rapporto percentuale tra il numero di famiglie con figli con la persona di riferimento in età fino a 64 anni nelle quali nessun componente è occupato o ritirato dal lavoro e il totale delle famiglie. Caratteristiche che molto probabilmente indicano una situazione di forte disagio.
Il dato sulla quota di edifici residenziali in cattive condizioni è calcolato sommando la percentuale di edifici residenziali in muratura in stato di conservazione mediocre con quelli in stato pessimo. Entrambi gli indicatori sono stati elaborati a partire dalle informazioni raccolte nel censimento generale 2011.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: domenica 9 Ottobre 2011)
Si tratta di dati che, pur risalendo a un’altra fase storica, fanno emergere una tendenza da non sottovalutare. Da aggiornare nei prossimi mesi, in sinergia con le indagini condotte da Istat con il censimento permanente. In modo da poter disporre di informazioni aggiornate su un fenomeno riguardante così tanti bambini e ragazzi sul territorio nazionale.
Scarica, condividi e riutilizza i dati
Scarica i dati, regione per regione
I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi agli edifici per stato di conservazione sono di fonte Istat (mappa rischi) e sono relativi al censimento 2011.
Foto: Unsplash Ivan Mandić – Licenza