Come varia l’offerta di servizi prima infanzia tra pubblico e privato #conibambini

L’Italia è ancora lontana dagli obiettivi europei in tema di offerta educativa per la prima infanzia. Attualmente il servizio è erogato quasi a metà da strutture pubbliche e da strutture private, con profonde differenze sul territorio nazionale.

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I servizi educativi per la prima infanzia (asili nido, nidi domiciliari, centri genitori-figli, spazi gioco) rappresentano un’opportunità educativa fondamentale per i bambini nei primi anni di vita. Questi centri infatti offrono un ambiente stimolante, dove relazionarsi con i coetanei attraverso giochi e attività. Questo da un lato contribuisce a sviluppare la creatività e la personalità, dall’altro riduce le disuguaglianze legate al contesto sociale, economico e culturale di origine.

Inoltre, le analisi suggeriscono come l’ingresso precoce nel percorso educativo incida in maniera significativa sul futuro rendimento scolastico. Questo elemento è ritenuto talmente importante che l’Unione europea lo ha inserito tra i suoi Pilastri dei diritti sociali.

I bambini hanno diritto all’educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità

Nonostante questo, abbiamo già visto che l’Italia è ancora lontana dagli obiettivi Ue. A fronte di uno standard europeo stabilito in 33 posti in asilo nido ogni 100 bambini, il nostro paese, nonostante un miglioramento registrato negli ultimi anni, si ferma infatti a 24,7. Un divario superiore agli 8 punti percentuali.

Ogni stato membro dell’unione europea deve garantire un posto in asilo nido o servizi per la prima infanzia, ad almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni Vai a "Che cosa prevedono gli obiettivi di Barcellona sugli asili nido"

Per colmare questo gap occorre incrementare il livello dell’offerta. Ma com’è articolata oggi in Italia? Attualmente 12,6 posti ogni 100 minori tra 0 e 2 anni sono offerti da strutture pubbliche (generalmente gestite direttamente dai comuni), e altri 12,1 ogni 100 sono erogati in strutture private. Queste ultime, attraverso convenzioni attivate con i comuni, possono accogliere anche bambini inseriti nelle graduatorie pubbliche. Vediamo com’è distribuita l’offerta sul territorio nazionale.

Il rapporto tra asili pubblici e privati in Italia

A livello nazionale, è il pubblico ad offrire il numero più elevato di posti. Quest’ultimo ne garantisce infatti 181.526 (il 51,2%) a fronte dei 173.115 (48,8%) messi a disposizione dai privati. È però fondamentale capire come sono distribuiti i posti sul territorio, anche in base al numero di bambini effettivamente residenti nelle varie aree del paese.

354.641 il numero di posti totali nei servizi educativi per la prima infanzia disponibili in Italia (2017).

Analizzando i dati a livello regionale, notiamo che solo quattro regioni italiane riescono a superare l’obiettivo europeo di 33 posti ogni 100 bambini. Sono la Valle d’Aosta (47,1%), l’Umbria (41,1%), l’Emilia Romagna (38,1%) e la Toscana (35%). Agli ultimi posti invece Calabria (10,1%), Sicilia (9,8%) e Campania (8,6%).

Il grafico rappresenta la percentuale di posti nei servizi educativi per la prima infanzia pubblici e privati, in base ai residenti 0-2 presenti in ogni regione. Il dato misura l’offerta di asili nido e di servizi integrativi, tra cui nidi in contesto domiciliare (come nidi di famiglia o tagesmutter), centri bambini-genitori e spazi gioco.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Dicembre 2017)

Da notare che i risultati migliori si raggiungono dove l'offerta pubblica è più elevata. La Valle d'Aosta infatti è anche la regione con la più alta percentuale di copertura di posti pubblici (29,1%). Seguono Emilia Romagna (27,3%), Toscana (19,9%), Umbria (18,6%) e Trentino Alto Adige (17,8%). Delle prime 5 regioni italiane per livello di copertura, l'Umbria è l'unica con una maggioranza di offerta privata (22,5%).

3 su 4 regioni che superano il 33% hanno un'offerta prevalentemente pubblica. Allo stesso tempo, nessuna arriva al 33% senza offerta privata.

Si deve sempre tenere presente, però, che questi dati necessitano di essere interpretati. All'interno della voce "privato" infatti, figurano anche quelle strutture che hanno stipulato una convenzione con i comuni dove hanno la loro sede. In questo caso, le strutture private operano in base alle tariffe comunali ed accolgono anche i bambini inseriti nelle graduatorie pubbliche.

La situazione a livello provinciale

Abbiamo visto che, in generale, il livello di copertura potenziale dei servizi educativi è più elevato nelle regioni del centro-nord e che spesso l'esistenza di una forte offerta pubblica coincide con un livello complessivo dell'offerta più ampio. Questo però non è sempre vero: ogni territorio ha una propria specificità che merita di essere approfondita.

Possiamo farci un'idea di come la situazione vari da un territorio all'altro confrontando le tre città metropolitane che offrono il maggior numero assoluto di posti: Roma (37.473), Milano (29.242) e Torino (15.243). È interessante notare come ci siano tre situazioni diverse: a Milano c'è una maggioranza di offerta pubblica (62,2%), a Torino pubblico e privato sostanzialmente si equivalgono (il pubblico è al 50,2%) mentre a Roma è maggiore l'offerta privata (56,2%).

In generale, possiamo notare che diverse province del centro-nord si caratterizzano per un elevato livello di copertura e per un'alta percentuale di posti pubblici. Ad esempio, Modena offre 35,6 posti ogni 100 bimbi con il 79,2% di posti pubblici, Reggio Emilia 37,6 con il 76,9% di posti pubblici, Bologna 43,2 con il 76,8%, Parma 35,6 con il 75,9%, Ferrara 45,1 con il 71%.

Risultati simili si registrano anche nelle province toscane di Lucca (28,9 posti ogni 100 bambini con il 74,1% di posti pubblici) e Massa Carrara (29,2 con il 72,1%), nella provincia di Pesaro-Urbino (27,2 con il 79,3%) e in quella autonoma di Trento (37,3 posti ogni 100 bimbi con il 74,4% di posti pubblici).

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Dicembre 2017)

Al sud invece abbiamo generalmente livelli di offerta inferiori con alcuni casi in cui a prevalere è il privato, mentre in altri il pubblico. Tra le province con la più alta percentuale di posti pubblici ci sono Enna (13 posti ogni 100 bimbi con l'86,9% di posti pubblici), Potenza (13,2 posti con il 74,4% di offerta pubblica) e Campobasso (20,8 con il 74,4%). Tra le province con la percentuale più alta di offerta privata ci sono invece Crotone (11 posti ogni 100 bambini con l'85,9% di offerta privata), Caserta (6,1 posti ogni 100 bambini con l'85,6%) e Vibo Valentia (9,7 con l'82,7%).

Da notare che in alcune province settentrionali si registra un livello di offerta pubblica molto basso. In questo caso, nonostante ci troviamo sopra la media nazionale (24,7 posti ogni 100 bambini), non si riesce a raggiungere l'obiettivo Ue del 33%. Tra queste Treviso (26,1 posti ogni 100 bimbi con il 22,7% di posti pubblici), Brescia (21,7 posti con il 27,9% di offerta pubblica) e Pordenone (27,9 posti con il 28,8%).

La situazione a livello comunale, i casi di Milano e Vibo Valentia

Come abbiamo visto, la situazione riguardo l'offerta di posti nei servizi educativi varia molto da una provincia all'altra. Non è quindi possibile trarre delle conclusioni generali. Per farsi un'idea della situazione occorre quindi analizzare i singoli casi a livello comunale. Lo faremo approfondendo due situazioni opposte, quella di Milano e quella di Vibo Valentia.

La città metropolitana di Milano è la seconda in Italia per numero assoluto di posti ma è prima se si considera la quota di offerta pubblica. Qui sono 69 su 135 (il 51,1%) i comuni che offrono in maggioranza posti pubblici nei servizi educativi per la prima infanzia. Quattro invece i comuni che non hanno strutture sul loro territorio. Si tratta di Basiano, Calvignasco, Ozzero e Vermezzo con Zelo.

Tra i comuni che presentano il maggior numero di posti totali ci sono Milano con 14.075 (41,2 posti ogni 100 bambini con il 70,4% di posti pubblici), Sesto San Giovanni con 546 (26,7 posti ogni 100 bambini con il 75,5%) e Cologno Monzese con 459 (38 con il 64,1%). Da questi dati parrebbe confermato che dove l'offerta pubblica è forte si riescono ad ottenere risultati positivi. Da sottolineare infatti, che nei 15 comuni dove il livello di copertura è più basso, in 12 casi l'offerta è prevalentemente o totalmente privata. Fanno eccezione Cambiago, Carpiano e Bubbiano con il 100% di offerta pubblica.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Dicembre 2017)

Situazione completamente diversa a Vibo Valentia, ultima tra le province calabresi per livello di copertura con 9,7 posti nei servizi educativi ogni 100 residenti 0-2. Qui la maggioranza dei comuni è sprovvista di servizi educativi per la prima infanzia sul proprio territorio. Le uniche eccezioni sono rappresentate dal capoluogo, che offre 213 posti (27,5 posti ogni 100 bambini), e da altri 5 comuni (Gerocarne, Mileto, Pizzo, Spilinga e Nardodipace). L'offerta è completamente coperta dal pubblico a Nardodipace (15 posti su 15) e per il 23,5% a Vibo Valentia. Negli altri casi il servizio è erogato completamente dai privati.

La mappa mostra il rapporto tra la copertura di posti pubblici nei servizi educativi per la prima infanzia sul totale nella provincia di Vibo Valentia.
In grigio sono rappresentati i comuni sprovvisti di strutture per i servizi educativi per la prima infanzia sul loro territorio.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Dicembre 2017)

44 i comuni della provincia di Vibo Valentia sprovvisti di servizi educativi per la prima infanzia sul loro territorio (2017).

Incremento dell'offerta, elevati standard qualitativi, accesso a tutti

Per decenni gli asili nido sono stati considerati semplicemente come un servizio sociale. Un modo per consentire ai genitori, specie alle donne, di dedicarsi al lavoro con la certezza di poter affidare a qualcuno i propri figli. Un obiettivo ovviamente fondamentale, visto il basso livello di occupazione femminile.

Allo stesso tempo però asili e servizi per la prima infanzia vanno considerati come un servizio educativo a tutti gli effetti. È in quell'età che i bambini gettano le basi dello sviluppo successivo, ed è da li che bisogna partire per non creare divari educativi. In particolare se la frequenza del nido è condizionata dal reddito dei genitori.

Il privato può dare contributo importante e sopperire, anche tramite le convenzioni, alle carenze degli enti locali.

Proprio per questo motivo sono fondamentali due cose. In primo luogo, incrementare il livello dell'offerta. Essendo strutture educative a tutti gli effetti questi servizi, siano essi asili nido o servizi integrativi, devono essere accessibili per tutti i bambini, a prescindere dalla condizione socio-economica delle famiglie. In questo senso l'azione pubblica è cruciale - intervenendo sia attraverso la costruzione di nuovi nidi, sia attraverso convenzioni con strutture private - per ampliare l'offerta complessiva.

Le strutture ECEC (early childhood education and care) autofinanziate che ricevono finanziamenti dalle autorità pubbliche potrebbero operare secondo norme diverse, con chiare implicazioni per l’accesso, la sostenibilità dei costi e la qualità.

In secondo luogo sta alle istituzioni, a tutti i livelli, fissare standard educativi sempre più elevati e vigilare affinché siano rispettati in tutte le strutture, a prescindere dal tipo di offerta presente sul territorio.

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati sugli asili nido sono fonte Istat. Non sono disponibili i dati comunali per la Sardegna.

Foto credit: Unsplash BBC Creative - Licenza

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