Cortocircuito governo, la distanza tra comunicazione e realtà Leggi
In risposta all’emergenza economica e sanitaria, si sono susseguiti annunci e proclami da parte del governo. Ma la realtà è tutt’altra: tra provvedimenti incompleti e decreti attuativi fantasma. Manca una chiara direzione politica.
martedì 7 Luglio 2020 | Potere politico
L’implementazione delle norme Covid19 è stata l’ennesima prova di quanto la comunicazione stia prendendo il sopravvento sulla realtà. Lo stato d’emergenza, e la crisi economica, hanno richiesto azioni rapide e decise da parte del governo. Ma agli annunci e alle conferenze stampa sono seguiti provvedimenti spesso incompleti.
Esempio perfetto di tutto questo è la lenta implementazione dei provvedimenti attuativi del decreto rilancio. Mentre in molti hanno dato la colpa alla farraginosa macchina burocratica, le cause sono anche e soprattutto altre. Se agli annunci seguono leggi lente, è perché manca una chiara e netta direzione politica. Un governo debole, sostenuto da una maggioranza parlamentare instabile, ha difficoltà nel trovare accordi e soprattutto nello scrivere proposte decise. Il decreto prima aprile, poi maggio e infine rilancio ha avuto una genesi travagliata, e la sua attuazione non è da meno.
Tanti annunci, ma manca una chiara direzione politica.
Quando al governo ci sono alleanze atipiche, la necessità di dare risposte rapide e trovare un accordo tra più parti, porta alla politica degli annunci. Salvo poi scontrarsi con i fatti, con cittadini e imprese che attendono che quanto promesso diventi realtà.
L’attuazione del decreto rilancio
A metà giugno abbiamo analizzato il tema dei decreti attuativi. Una partita centrale dell’iter legislativo, soprattutto quando in ballo ci sono provvedimenti e proposte economicamente corpose. È il caso per esempio del decreto rilancio, atto attualmente in discussione in parlamento, che prevede uno scostamento di bilancio di oltre 50 miliardi di euro. Norma che contiene quelle che ad oggi sono considerate le più importanti proposte per uscire dalla crisi economica causata dalla pandemia Covid19.
Un provvedimento che per complessità è paragonabile ad una legge di bilancio, richiedendo quindi un alto numero di decreti attuativi. Al 6 luglio ne devono essere ancora adottati 73 , con ministero dell’economia e quello dello sviluppo economico che avranno un ruolo centrale nelle prossime settimane. Rispetto al nostro primo report sul tema uscito a metà giugno, mancano ancora all’appello tutti i provvedimenti attuativi dei principali incentivi voluti dal governo: bonus ristrutturazioni-sisma 110%, bonus mobilità, il credito d’imposta per gli adeguamenti degli ambienti di lavoro causa Covid19, come anche le modalità di attuazione del fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi.
73 i provvedimenti attuativi mancanti al decreto rilancio.
Decreto rilancio
Elenco dei provvedimenti attuativi mancanti.
Negli ultimi giorni però il tema delle scadenze ha subito delle forti variazioni. Oltre il 27% dei provvedimenti attuativi mancanti infatti ha superato la data entro cui dovevano essere adottati. Parliamo nello specifico di 20 decreti attuativi su 73 che ancora devono trovare la luce. Di questi 20, 6 sono di competenza del ministero dell’economia, 4 dell’infrastrutture, 3 rispettivamente del ministero della cultura e dell’interno, 2 dell’agricoltura e 1 sia del ministero del lavoro che di Palazzo Chigi.
Il 27% dei provvedimenti attuativi al decreto rilancio sono già scaduti
Dettaglio dei provvedimenti attuativi mancanti: con o senza scadenza per l'adozione
Sono riportati solamente i decreti attuativi mancanti. Divisi per tipologia: quelli con un termine fissato per l’adozione (scaduti e non) e quelli senza scadenza.
FONTE: dati Ufficio per il programma di governo ed elaborazione openpolis
Oltre a questi poi, ci sono altri 17 provvedimenti con una scadenza prefissata nel prossimo futuro, e 36 che invece non hanno un termine entro cui devono essere adottati. Quello che rende infatti la fase dell'attuazione particolarmente complessa, non è solo l'alto numero di attori coinvolti (su tutti i ministeri), ma anche le diverse tipologie di atti richiesti. Tra decreti ministeriali e circolari, una variabile non da poco riguarda la possibilità che la legge preveda una data entro cui la specifica norma attuativa deve essere adottata.
Il problema delle scadenze
Il punto però è che spesso queste date non vengono rispettate in nessun modo. Questo di fatto rende la loro adozione, soprattutto in seguito ad eventuali scossoni politici, ancora più difficile. La questione però, oltre che politica, sembra essere anche procedurale.
Il decreto rilancio è attualmente ancora in discussione in parlamento, in attesa di una prima approvazione da parte di Montecitorio. Il provvedimento dovrà essere convertito in legge, con l'approvazione quindi anche di Palazzo Madama, entro il prossimo 18 luglio. Venti dei 37 decreti attuativi con scadenza avevano un termine prefissato entro la fine di giugno, e altri 8 entro proprio il 18 luglio. I rimanenti 9 poi hanno varie scadenze, fino al 31 marzo del 2021.
28 dei provvedimenti attuativi al decreto rilancio scadevano prima del termine massimo entro cui il parlamento doveva approvare la legge stessa.
Uno dei motivi per cui i ministeri non approvano queste norme nei tempi previsti è perché spesso il parlamento deve ancora trovare la quadra sulla specificità delle proposte. I dettagli del bonus 110% sulle ristrutturazioni infatti, di cui tanto si è parlato, erano al centro di un intenso dibattito parlamentare. Lo stesso vale per molti aspetti, da quelli economici a quelli pratici, degli altri provvedimenti attuativi.
Le scadenze non vengono rispettate perché il quadro normativo è poco chiaro.
Molto spesso quindi le scadenze fissate nei testi dei decreti non vengono rispettate perché è poco chiaro il quadro normativo in cui si vanno ad inserire. Per quanto i decreti legge abbiano effetto dalla loro deliberazione in consiglio dei ministri, spesso si abusa dei provvedimenti attuativi per lasciare alcuni elementi pratici in sospeso.
La politica degli annunci quando ci sono maggioranze deboli
Lo scorso 11 giugno il governo ha presentato in conferenza stampa il Family Act. Il provvedimento è arrivato in parlamento ben 2 settimane dopo, il 25 giugno, con un disegno di legge delega. Questo ovviamente dovrà essere discusso e votato da camera e senato, e successivamente si dovranno attendere i decreti legislativi per implementare la norma. Nonostante quindi il provvedimento sia stato annunciato, e festeggiato dal governo, è ancora lontano dall'essere realtà.
14
giorni d'attesa tra l'annuncio in conferenza stampa del Family Act e la sua presentazione in parlamento.
Quando il governo non agisce con la forza e la decisione necessaria, questo modo di fare politica diventa abitudine. L'annunciare provvedimenti in conferenza stampa quando ancora non sono pronti, o quando mancano ancora tutti i necessari decreti attuativi, sono due facce della stessa medaglia: un governo in difficoltà sostenuto da una maggioranza debole. La conferenza stampa di oggi per presentare un decreto semplificazioni approvato "salvo intese", e quindi ben lontano dall'essere pronto, segue perfettamente la linea tracciata in questi mesi.
Non c'è nulla di nuovo in quello che sta succedendo. Dalla scorsa legislatura ad oggi infatti i numeri dei diversi esecutivi, soprattutto al senato, sono sempre stati vacillanti. Numeri che hanno sostenuto governi atipici, composti sempre da forze politiche avversarie durante le elezioni politiche: Letta (Pd-Forza Italia), Renzi e Gentiloni (Pd e Nuovocentrodestra), Conte I (M5s e Lega), Conte II (M5s e centrosinistra).
Decreto semplificazioni: presentato e approvato "salvo intese", ma ben lontano dall'essere reale.
Queste alleanze atipiche mettono insieme partiti con idee politiche molto differenti, comportando un costante lavoro di mediazione sulla stragrande maggioranza dei provvedimenti. Annunci e conferenze stampa che possono servire a soddisfare temporaneamente un determinato partner di governo. Momenti mediatici che poi però devono aspettare settimane (a volte mesi) prima di concretizzarsi in azioni reali.
Proprio per questo motivo i decreti approvati dal governo hanno un numero crescente di aspetti che vengono rimessi alla discussione parlamentare, e poi alla successiva implementazione ministeriale. Elemento che se da un lato potrebbe sembrare positivo, visto il coinvolgimento di camera e senato, stona con la scelta di legiferare via decreto, atto che richiederebbe certezza normativa e velocità applicativa.
Foto credit: Palazzo Chigi - Licenza