Cosa limita la funzione aggregativa delle biblioteche nelle aree interne #conibambini

In aree disperse come quelle interne le biblioteche possono fungere da centro aggregativo per bambini e ragazzi. Questa potenzialità però attualmente si scontra con diversi limiti: poco più di una su 3 nei comuni ultraperiferici ha spazi dedicati ai più giovani.

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In un paese dove circa una famiglia su 10 non ha libri in casa, il potenziale delle biblioteche nell’avvicinare bambini e ragazzi alla lettura è enorme. Specialmente quando queste strutture lavorano insieme alle altre istituzioni educative presenti sul territorio, a partire dalle scuole. Ma il loro ruolo va ben oltre.

Tra le funzioni delle biblioteche il prestito dei libri è infatti solo quella più evidente. Possono essere anche luoghi dove studiare, incontrarsi, partecipare ad attività culturali o ludiche. Presidi educativi insostituibili, a maggior ragione dove altri servizi mancano o sono più carenti, come nelle aree interne.

Le aree interne sono definite proprio dalla distanza dai servizi essenziali: istruzione, sanità, mobilità. Si tratta di territori dai quali si impiegano anche 40 minuti per raggiungere la città polo più vicina, cioè dotata di quei servizi. Nel caso dei comuni ultraperiferici è necessaria oltre un’ora.

Un presidio diffuso sul territorio: le biblioteche nelle aree interne

Quando una zona è caratterizzata da mancanza di servizi, il rischio concreto è che subisca anche una rarefazione dei rapporti sociali nella popolazione che vi abita. In primo luogo per una questione puramente demografica, che nel corso dei decenni ha portato queste aree a spopolarsi e al progressivo invecchiamento.

-19% i residenti in comuni periferici e ultraperiferici dal 1951 a oggi.

Ma è anche la carenza di servizi e luoghi di aggregazione, nonché le lunghe distanze per raggiungerli, a diradare il tessuto sociale. L’esistenza di servizi collettivi e spazi condivisi è infatti il primo motore aggregativo e sociale per una comunità che altrimenti potrebbe ridursi a un insieme sparso di individui, accomunati “(…) solo per il casuale luogo dell’abitazione” (Insolera, 2011).

Nelle aree interne la disponibilità di questo tipo di luoghi spesso manca. In molti casi infatti parliamo di territori economicamente fragili e vulnerabili dal punto di vista territoriale: il 12,2% dei comuni periferici è esposto al rischio di frane. Fattori che contribuiscono allo spopolamento della popolazione e rendono di conseguenza anche meno appetibile l’insediamento di attività e servizi, specialmente di iniziativa privata.

 In questi contesti però alcuni servizi, come le biblioteche, avendo una diffusione abbastanza distribuita sul territorio nazionale, rappresentano un presidio fondamentale.

Analizzando i microdati rilasciati da Istat per l’indagine 2021 – in un anno ancora di transizione per la pandemia quindi – emerge come circa 2 comuni su 3 disponessero di una biblioteca attiva. Tale rapporto ovviamente è più basso nei territori periferici e ultraperiferici. Tuttavia, con una quota poco inferiore al 60%, indica comunque una certa presenza sul territorio. Specialmente se confrontata con altri servizi e strutture.

La potenzialità è ancora maggiore se si considerano, oltre alle circa ottomila biblioteche censite con informazioni di dettaglio dall’indagine Istat, tutte le circa 13mila presenti nell’anagrafe nazionale. Quasi 20mila, se si considerano tutte le strutture classificate nell’anagrafe: dagli archivi ai centri culturali.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Agenzia per la coesione territoriale e Iccu-Abi
(ultimo aggiornamento: martedì 16 Gennaio 2024)

Un patrimonio preziosissimo, non solo a livello documentale, ma anche per l’impostazione delle politiche pubbliche in territori dispersi e lontani dai centri. Da quelle culturali, a quelle educative e sociali.

Fare aggregazione nelle aree interne attraverso le biblioteche

Gli esempi di come una biblioteca possa creare comunità, in particolare tra i giovani che vivono nelle aree interne, sono numerosi.

La biblioteca può infatti essere un luogo di studio e di ritrovo, ma per essere tale ha bisogno di servizi come la connessione a internet – spesso carente in quelle zone – nonché di supporti didattici. Può fungere da centro aggregativo, ma per farlo deve proporre ai suoi utenti nelle diverse fasce d’età attività culturali e sociali, corsi o anche organizzare momenti di ritrovo.

Sotto ciascuno di questi aspetti, la situazione appare profondamente differenziata sul territorio. L’indagine Istat relativa al 2022 indica come in quell’anno – tra le ottomila biblioteche censite – il 55,4% fosse stata aperta per almeno 180 giorni. Una percentuale che supera il 60% nei poli, mentre non arriva alla metà nelle aree interne. Dal 45,5% di biblioteche aperte per oltre 180 giorni nei comuni periferici al 41,9% in quelli ultraperiferici.

45,5% le biblioteche dei comuni periferici aperte almeno 180 giorni l’anno (61,4% nei poli).

In una settimana tipo, del resto, più di una biblioteca su 4 nei comuni periferici ha aperto per un massimo di 12 ore. E mentre nei comuni polo il 16,3% delle strutture è aperto per oltre 40 ore a settimana, in quelli periferici e ultraperiferici la quota scende sotto al 5%.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: martedì 19 Dicembre 2023)

Oltre agli orari di apertura ristretti, vi sono anche altri fattori che limitano le potenzialità delle biblioteche nelle aree interne. La connessione wi-fi per gli utenti, presente in media nel 67% delle biblioteche italiane, è disponibile solo nel 62,3% delle strutture in comuni periferici e nel 54,2% di quelle in comuni ultraperiferici.

Luoghi spesso non adeguati alle funzioni aggregative

A mancare spesso sono anche luoghi fisici in cui organizzare attività che vadano oltre la sola lettura. In Italia il 65,3% delle biblioteche dispone di spazi dove svolgere incontri, laboratori, attività culturali, esposizioni, spettacoli cinematografici o teatrali. Nei comuni periferici e ultraperiferici la quota scende rispettivamente al 58,4% e al 48,7%.

Se a livello nazionale oltre il 40% delle biblioteche ha spazi specificatamente attrezzati per i minori tra 0 e 6 anni (46,6%) e per quelli tra 7 e 17 anni (43,3%), la quota cala drasticamente nelle aree interne. Spazi per l’infanzia (0-6) sono presenti nel 41,5% delle biblioteche in aree periferiche e nel 33,9% di quelle in comuni ultraperiferici. Per ragazze e ragazzi più grandi le percentuali variano poco: rispettivamente 41,1% delle strutture in comuni periferici e 36,1% in quelli ultraperiferici.

Una potenzialità da non disperdere

I dati passati in rassegna mostrano come le biblioteche nelle aree interne siano gravate da una serie di ostacoli che ne limitano le potenzialità. Limiti che possono essere legati al contesto periferico, a carenze infrastrutturali, a difficoltà in termini di bilancio dei soggetti proprietari, spesso comuni di piccole o piccolissime dimensioni. Basti pensare che l’85% delle biblioteche in aree periferiche e addirittura il 91% in quelle ultraperiferiche è di proprietà comunale (contro una media nazionale del 72,6%).

Intervenire sui fattori che oggi limitano le potenzialità delle biblioteche in questi territori è importante, non solo alla luce di una presenza meno capillare rispetto ai poli, che però è diffusa sul territorio nazionale. Ma anche perché è sempre l’indagine Istat a mostrare una volontà di collaborazione di queste strutture con la comunità educante.

In un quadro dove il mantenimento stesso dell’attività delle strutture è una priorità di bilancio, il 27,6% delle biblioteche in comuni periferici indica come strategico attivare collaborazioni con enti, istituzioni scolastiche e associazioni per realizzare progetti culturali e sociali sul territorio (20,2% in quelli ultraperiferici). Una potenzialità da non sottovalutare nelle politiche di contrasto alla povertà educativa.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi alle biblioteche sono stati elaborati dai microdati dell’indagine Istat sulle biblioteche. Successivamente sono stati messi in relazione con i dati sui minori residenti, sempre di fonte Istat, e con quelli della classificazione per aree interne (dip. coesione)

Foto: manuela barattini (Flickr)Licenza

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