È ancora lontana l’inclusione lavorativa delle persone disabili Europa

Circa un quarto di tutti i cittadini europei ha una qualche forma di disabilità. Eppure si tratta di un gruppo ancora oggi vulnerabile, in primis dal punto di vista socio-economico.

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Le persone con disabilità continuano a costituire un gruppo particolarmente vulnerabile nelle nostre società. Troppe ancora sono esposte alla marginalizzazione. Questo risulta particolarmente evidente sul piano socio-economico. Come abbiamo raccontato in un recente approfondimento, nei paesi dell’Unione europea il 21% risulta esposto a povertà o esclusione sociale, contro il 14,8% delle persone senza disabilità.

L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità

Un altro indicatore importante per misurare la loro inclusione è il livello di inserimento nel mondo del lavoro. In questo senso è interessante analizzare il tasso di disoccupazione. Esso misura lo scompenso tra la domanda e l’offerta di lavoro. Mentre infatti gli inattivi, che pure non svolgono alcuna attività lavorativa, sono al di fuori della forza lavoro, i disoccupati sono coloro che vorrebbero lavorare. E infatti cercano attivamente o desiderano un impiego, ma per una serie di ragioni non riescono a trovarlo. Una di queste ragioni, in un regime poco inclusivo, può essere proprio la disabilità.

Con la parola “disoccupati” si intende coloro che hanno un’età compresa tra 15 e 64 anni e sono in cerca di un lavoro nelle quattro settimane che precedono quella di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare entro le due successive. Vai a “Cos’è il tasso di disoccupazione”

Da diversi anni l’Unione europea è impegnata su questo fronte. Per tutelare i diritti delle persone con disabilità (il diritto all’autonomia, alle pari opportunità, al movimento), facilitarne l’inserimento nel mondo del lavoro e promuoverne la partecipazione civile. Una serie di obiettivi recentemente sistematizzati nella strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030.

Si tratta di tematiche fondamentali, tanto più in quanto, come rileva il consiglio dell’Unione europea, il numero di persone con una qualche forma di disabilità – la sensazione riportata di incontrare limiti permanenti nel tempo nello svolgere attività frequenti, a causa di problemi di salute – ammonta a circa un quarto di tutti i cittadini dell’Unione.

87 milioni le persone con qualche forma di disabilità nell’Ue (2022).

Certamente alcune persone non con disabilità non possono proprio lavorare, ma è fondamentale garantire l’autonomia per tutti coloro che vogliono farlo. Da un punto di vista prettamente lavorativo, è utile anche fare riferimento al concetto di “lavoro degno“, elaborato dall’organizzazione internazionale del lavoro (Oil). In tale contesto, è definito degno un lavoro caratterizzato da:

  • presenza di opportunità:
  • libera scelta dell’impiego;
  • salario adeguato;
  • nessun tipo di discriminazione;
  • sicurezza sul posto di lavoro;
  • trattamento rispettoso.

Sei dimensioni che valgono per tutti ma soprattutto per i gruppi più vulnerabili. Per quanto riguarda le opportunità lavorative e la libera scelta di un impiego, è infatti evidente che le persone con disabilità vengono ancora discriminate.

La disoccupazione in Ue tra le persone con e senza disabilità

In tutti i paesi membri il tasso di disoccupazione risulta infatti più elevato tra le persone con disabilità rispetto a quelle che non ne hanno. Grazie ai dati dell’Oil, che divide il tasso di disoccupazione tra “media della popolazione generale”, “disabili” e “non disabili”, possiamo ricostruire la situazione dell’Unione.

Innanzitutto, vediamo il tasso di disoccupazione delle persone con disabilità – per quanto ovunque sia elevato, ci sono significative differenze da paese a paese.

I dati si riferiscono al tasso di disoccupazione, ovvero la quota di persone facenti parte della forza lavoro (occupati e non) che non hanno correntemente ma sono alla ricerca di un impiego. Corrispondono quindi a tutte le persone in età lavorativa che non avevano un posto di lavoro (né dipendente né autonomo) al momento della rilevazione, che si dichiaravano disposti a lavorare nello stesso periodo, che erano alla ricerca di un impiego. Con “disabilità” si fa riferimento alla definizione Icf (classification of functioning, disability and health): un termine ombrello per indicare vari tipi di restrizioni al movimento. Per ragioni legate alla misurazione, una persona con disabilità è definita come una persona che è limitata nel tipo o nella quantità di attività che riesce a svolgere a causa di condizioni fisiche (di lungo termine), mentali o di salute. Le definizioni di disabilità variano leggermente da paese a paese e pertanto vanno considerate nel loro complesso come delle stime. I dati del 2020 non sono disponibili per Malta, Irlanda, Paesi Bassi e Romania.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Oil
(consultati: venerdì 30 Dicembre 2022)

Con oltre un quarto delle persone con disabilità in condizioni di disoccupazione, la Lituania è il primo paese in Europa, seguita dalla Grecia (24%). Dati inferiori al 10% vengono riportati soltanto da Ungheria, Bulgaria e Polonia. Il nostro paese, con l’11%, è il settimo in Ue a riportare il dato più basso.

Bisogna tuttavia evidenziare che i vari paesi ricorrono a metodologie differenti per definire la disabilità e che in molti casi la stessa Oil reputa i dati poco affidabili. Considera affidabili i dati di soltanto 13 stati membri (Grecia, Spagna, Slovacchia, Lettonia, Germania, Croazia, Belgio, Estonia, Francia, Italia, Portogallo, Bulgaria e Polonia) e solo in 3 casi (Estonia, Francia e Bulgaria) la definizione utilizzata non viene riportata come “non standard”. Per questa ragione inoltre non si può ottenere una media europea.

Variano anche i divari con le persone senza disabilità

Ma è importante anche misurare il divario con le persone senza disabilità, per rendere conto del fatto che in alcuni paesi i dati elevati possono riguardare i disabili in maniera particolare oppure possono essere caratteristici di tutta la popolazione.

Da questo punto di vista, il dato più elevato d’Europa resta comunque quello lituano.

I dati si riferiscono alla differenza, in punti percentuali, tra il tasso di disoccupazione delle persone disabili e di quelle non disabili. Non sono disponibili i dati del 2020 di Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Romania.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Oil
(consultati: venerdì 30 Dicembre 2022)

La Lituania registra un divario di 17 punti percentuali tra il tasso di disoccupazione delle persone con e senza disabilità. Seguono Repubblica Ceca, Lussemburgo, Slovacchia, Danimarca e Germania, tutti con differenze oltre i 10 punti. Ultimi invece Bulgaria, Italia e Portogallo con meno di due punti.

I vari stati dell’Unione si differenziano tra loro non soltanto per la quota di persone disabili disoccupate e per il divario con i non disabili, ma anche per quanto questo divario si è o meno appianato nel tempo.

Il Portogallo è il paese Ue in cui il divario si è maggiormente ridotto.

Il Portogallo ad esempio ha registrato una riduzione, tra il 2010 e il 2020, di quasi 12 punti percentuali. Il che significa che se nel 2010 lo scarto era di oltre 13 punti (il secondo dato più elevato d’Europa dopo quello lituano), nel 2020 si è ridotto a meno di 2 punti. Anche Ungheria, Italia, Grecia e Paesi Bassi hanno riportato simili trend positivi, anche se di entità più ridotta.

In 11 stati membri invece la situazione ha subito un peggioramento. In particolare in Danimarca, dove il divario è aumentato di 6 punti percentuali in questo stesso lasso di tempo, passando da circa 5 a 11 punti. Anche Cipro (+5 punti) e Belgio (+4) hanno registrato cambiamenti analoghi.

Foto: Jon Tysonlicenza

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