È necessario sostenere il settore della cultura anche a livello territoriale Bilanci dei comuni

Le attività culturali, l’intrattenimento e lo spettacolo dal vivo soffrono da mesi a causa della pandemia. Scopriamo quanto investono in questo settore i comuni italiani.

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Insieme al turismo e alla ristorazione, la cultura è uno dei settori più colpiti dall’emergenza pandemica in corso. A settembre l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse) ha stimato nel comparto una percentuale di posti di lavoro a rischio che varia dallo 0,8% al 5,5%, a seconda dell’analisi nelle regioni più culturalmente vivaci all’interno dei 37 paesi membri.

Sebbene le più grandi piattaforme di contenuti online abbiano tratto vantaggio dal lockdown, il brusco calo delle entrate nell’ambito della cultura e dello spettacolo dal vivo sta portando a una riduzione del numero di imprese e di salari, con ripercussioni su tutta la catena del valore.

In Italia ci sono 291mila imprese legate alla cultura, che impiegano circa 1,5 milioni di occupati.

96 miliardi di euro il valore aggiunto del sistema culturale in Italia, nel 2018.

Secondo Cassa depositi e prestiti, cultura e creatività hanno un effetto moltiplicatore molto significativo: per ogni euro di valore aggiunto prodotto, infatti, si attivano 1,8 euro nel resto dell’economia.

Basti pensare che solo le attività legate alle performing arts (cinema, teatro, concerti, mostre ed esposizioni) hanno registrato nel 2018 un volume di affari pari a circa 4 miliardi di euro, con un numero di presenze superiore a 60 milioni di persone in un anno.

Se poi prendiamo ad esempio la musica, particolarmente legata allo spettacolo dal vivo, Cassa depositi e prestiti stima una perdita di ricavi di circa 350 milioni di euro a fine estate 2020. A questi bisogna aggiungere circa 200 milioni di euro di mancati introiti legati alle royalties, oltre a un calo superiore al 70% delle vendite di CD e vinili.

In assenza di un sostegno pubblico reattivo e di strategie per la ripresa, il ridimensionamento dei settori culturali e creativi avrà un impatto negativo sulle città e sulle regioni in termini di posti di lavoro e di reddito, di livelli di innovazione, di benessere dei cittadini e di vivacità e diversità delle comunità.

 

Il settore culturale vive da sempre di piccoli e grandi finanziamenti derivanti dalle istituzioni a tutti i livelli territoriali, dal ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo alle regioni fino ai comuni.

Le spese dei comuni nel settore

Nei bilanci comunali le amministrazioni includono le spese per la cultura nella voce “Interventi culturali e interventi diversi nel settore culturale“.

Qui sono compresi gli importi necessari al funzionamento e al sostegno delle strutture (biblioteche, musei, teatri, sale, etc.) e alle manifestazioni culturali (concerti, produzioni teatrali e cinematografiche, mostre, etc.), le sovvenzioni, i prestiti o i sussidi a sostegno di organizzazioni e operatori, oltre che di giardini e musei zoologici e di istituti di culto, se non sono di interesse storico. In questo caso, infatti, le spese finiscono nella voce “valorizzazione di beni di interesse storico”, come peraltro tutto l’ambito relativo alle ristrutturazioni e manutenzioni di beni storico-artistici come monumenti, edifici di pregio o scavi archeologici.

In “Interventi culturali e interventi diversi nel settore culturale” sono comprese inoltre le spese per la promozione e lo sviluppo delle biblioteche comunali, per la valorizzazione degli spazi museali e spese per la realizzazione di programmi strategici in ambito culturale, finanziati anche in concorso con le risorse comunitarie. La voce include, infine, le spese per la tutela delle minoranze linguistiche, se non attribuibili a specifici settori d’intervento.

Le voci “Interventi culturali e interventi diversi nel settore culturale” e “valorizzazione di beni di interesse storico”, insieme a “Politica regionale unitaria per la tutela dei beni e delle attività culturali” (che però riguarda solo le regioni) fanno parte della “missione 5” (“tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali”), nell’ambito della classificazione delle spese degli enti pubblici.

I dati mostrano la spesa pro capite per cassa riportata nell’apposita voce di bilancio. Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia. Da notare che spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa. Tra le città italiane con più di 200mila abitanti, non sono disponibili i dati di Palermo e Catania perché alla data di pubblicazione non risultano accessibili i rispettivi bilanci consuntivi 2019.

FONTE: openbilanci - consuntivi 2019
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Dicembre 2019)

Tra le grandi città italiane Firenze è quella che spende di più per le attività culturali: 101,3 euro pro capite. Seguono tutti comuni del nord: Trieste (93,26), Milano (76,8), Venezia (63,41) e Torino (53,35). In coda alla classifica troviamo Messina (11,37 euro pro capite) e Napoli (10,22). Andiamo a vedere qual è l'andamento negli anni delle prime cinque città.

I dati mostrano la spesa pro capite per cassa riportata nell’apposita voce di bilancio. Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia. Tra le città italiane con popolazione superiore a 200mila abitanti, sono state considerate le 5 città che hanno speso di più per le attività culturali nel 2019.

FONTE: openbilanci - consuntivi 2016-2019
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Dicembre 2019)

Nel 2016 era Milano la grande città a spendere di più per le attività culturali. Ma nel quadriennio successivo Firenze ha incrementato la sua spesa del 29,3%, passando da 78,34 a 101,3 euro pro capite. Il picco è stato raggiunto nel 2018, con 109,40 euro. L'aumento è vistoso anche a Trieste (23,6%), mentre gli investimenti di Milano, Venezia e Torino nel tempo sono stati mantenuti tutto sommato stabili.

Per sapere quanto viene speso nel tuo territorio, clicca sulla casella Cerca… e digita il nome del tuo comune. Puoi cambiare l’ordine della tabella cliccando sull’intestazione delle colonne.

I dati mostrano per ogni comune italiano la spesa totale e la spesa pro capite destinata alle strutture e attività culturali. Da notare che spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa. Non sono disponibili i dati di alcuni comuni perché alla data di pubblicazione non risultano accessibili i rispettivi bilanci consuntivi 2019.

FONTE: openbilanci - consuntivi 2019
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Dicembre 2019)

Nel 2019, in media i comuni italiani hanno speso 21,8 euro pro capite. Nella città metropolitana di Firenze, tuttavia, la media è più alta: 33,91 euro. Questa cifra è influenzata dal primato del capoluogo, ma anche da altri comuni dell'area che puntano sul settore culturale.

I dati mostrano la spesa per cassa riportata nell’apposita voce di bilancio. Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia. Da notare che spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa. Il dato non è disponibile per i comuni che non compaiono nella mappa.

FONTE: openbilanci - consuntivi 2019
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Dicembre 2019)

Il comune di Montaione (circa 3.600 abitanti) spende 139,66 euro pro capite per le attività e le strutture culturali. Segue Vinci (114,29), che è anche il terzo comune della città metropolitana se si considera la spesa assoluta, dopo Firenze e Empoli. Chiude il podio proprio il capoluogo (101,3 euro pro capite), seguito da Montelupo Fiorentino (71,54) e Certaldo (65,4).

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I contenuti di questa rubrica sono realizzati a partire da openbilanci, la nostra piattaforma online sui bilanci comunali. Ogni anno i comuni inviano i propri bilanci alla Ragioneria Generale dello Stato, che mette a disposizione i dati nella Banca dati amministrazioni pubbliche (Bdap). Noi estraiamo i dati, li elaboriamo e li rendiamo disponibili sulla piattaforma. I dati possono essere liberamente navigati, scaricati e utilizzati per analisi, finalizzate al data journalism o alla consultazione. Attraverso openbilanci svolgiamo un'attività di monitoraggio civico dei dati, con l'obiettivo di verificare anche il lavoro di redazione dei bilanci da parte delle amministrazioni. Lo scopo è aumentare la conoscenza sulla gestione delle risorse pubbliche.

Foto credit:  Elisa Riva - Licenza

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