Elezioni europee, mancano ancora regole chiare per la propaganda online Propaganda social
Dal silenzio elettorale, alla rendicontazione delle spese passando per la trasparenza del mandatario. Il nostro parlamento deve ancora approvare una legge, e il voto di maggio è dietro l’angolo.
lunedì 25 Febbraio 2019 | Europa
Circa un anno fa, in vista delle elezioni politiche, abbiamo sollevato nel dibattito pre-elettorale la questione dalla propaganda politica online.
Sempre più diffusa, ma completamente libera nel nostro paese. Nonostante infatti in Italia ci siano delle regole che normano le spese elettorali, la loro rendicontazione, e più in generale il funzionamento delle campagne elettorali, l’utilizzo di internet e dei social continua a rappresentare un buco normativo non indifferente.
Regole chiare per la propaganda online: non è una priorità per la nostra classe politica.
Con l’avvicinarsi delle elezioni per il parlamento europeo il problema è tornato di attualità, anche perché nel frattempo molto cose, almeno a Bruxelles, sono successe. Tra raccomandazioni della commissioni europea, e novità introdotte da parte dei principali attori coinvolti, il problema delle pubblicità politiche online è tutt’altro che risolto. Soprattutto perché il parlamento italiano continua ad ignorarlo.
La situazione nel nostro paese
Come avevamo evidenziato lo scorso anno, in Italia c’è un importante gap normativo da riempire. Sia la legge 515 del 1993, che regola lo svolgimento delle campagne elettorali, che la 212 del 1956, che invece norma in concreto le propagande elettorali, non sono ancora state integrate ed adattate al largo utilizzo che la classe politica fa dei social e degli strumenti di comunicazione online. I problemi sono di vario genere, mai principali sembrano essere:
Propaganda online, servono regole chiare e trasparenza
il nostro appello per le politiche 2018.
- nella scheda di rendicontazione spese che bisogna consegnare alle fine di ogni campagna elettorale non vi è l’obbligo di includere le spese per la propaganda online;
- a differenza di quanto avviene per i manifesti elettorali, nelle pubblicità online non vi è l’obbligo di comunicare il mandatario (colui che finanza l’inserzione);
- l’obbligo di silenzio elettorale, che vige dal giorno precedente del voto, non ha applicazione, almeno in maniera chiara, per internet.
Proprio quest’ultima questione è recentemente tornata alla ribalta quando lo scorso 10 febbraio Matteo Salvini, vice presidente del consiglio e ministro dell’interno, ha fatto sul suo profilo Twitter questo post, proprio nel giorno del voto:
Oggi in Abruzzo, dalle 7 alle 23, vota Lega!#oggivotolega pic.twitter.com/uBDJi59hnV
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) February 10, 2019
Un chiaro invito a votare per la Lega, e una chiara violazione del silenzio elettorale, che però, in mancanza di una legge in materia, non incappa in nessuna conseguenza sanzionatoria. È passato oltre un anno dal nostro appello ma il nuovo parlamento, e il nuovo governo, evidentemente non pensano sia una priorità regolamentare meglio questo ambito.
Perché non va bene
Durante la campagna elettorale per le ultime elezioni politiche abbiamo lanciato in Italia il Political Ad Collector (Pac) di ProPublica, uno strumento per monitorare le pubblicità su Facebook di politici e partiti italiani. In mancanza di una legge è impossibile monitorare il fenomeno, e strumenti come Pac rispondono proprio a quest’esigenza. Attraverso di esso infatti abbiamo creato un archivio pubblico in cui tutti i cittadini potevano non solo monitorare le pubblicità politiche, ma anche i diversi elementi di targeting selezionati dagli inserzionisti (partiti e candidati).
Camminando per strada tutti vediamo gli stessi manifesti elettorali, su internet ognuno di noi vede pubblicità politiche differenti.
Le ads online infatti permettono l’individuazione di gruppi specifici, i cosiddetti target. Proprio quest’ultimo aspetto rientra in un ambito più oscuro della questione: attraverso la targetizzazione dei contenuti infatti non tutti gli utenti sono soggetti alle stesse pubblicità, rendendo molto difficile un’effettiva conoscenza del fenomeno. Un ragazzo 18 enne del sud Italia non visualizza sul suo news feed gli stessi contenuti sponsorizzati di un disoccupato 40 enne del nord Italia. Proprio per questo motivo la materia merita tutta l’attenzione del caso.
A caccia di voti con le sponsorizzazioni social
La nostra analisi per le politiche 2018.
Durante la scorsa campagna elettorale, per esempio, avevamo analizzato le strategie utilizzate da politici e partiti. Molti aspetti interessanti erano emersi: da politici che puntavano ai supporter di opposti schieramenti, a pagine satellite che si occupano di tutt’altro che improvvisamente iniziavano a fare propaganda politica, passando per campagne mirate a determinati gruppi demografici. Purtroppo però a seguito di modifiche introdotte da Facebook strumenti come il Political Ad Collector, o come Who targets me, ora non funzionano più.
Il problema però un altro: senza una legge chiara in materia, tutte le analisi che si possono portare avanti, e tutti gli strumenti che si possono sviluppare, lasceranno il tempo che trovano. In mancanza di una normativa, una piena conoscenza del fenomeno sarà impossibile da avere. Nel 2017 il Consiglio d’Europa ha tentato di fare un primo punto sul fenomeno, pubblicando uno studio sull’utilizzo di internet nelle campagne elettorali. Le pubblicità online sono in crescita da anni, e ad oggi rappresentano circa il 30% del mercato. Una crescita che ha coinvolto anche la propaganda politica. Lo studio del Consiglio d’Europa sottolinea come nel 2015 siano stati spesi £1,6 milioni di sterline in campagne digitale, e che nel 2016, anno delle elezioni presidenziali, la spesa negli Stati Uniti avrebbe raggiunto il miliardo di dollari.
$1 miliardo spesi negli Stati Uniti nel 2016, anno delle elezioni presidenziali, per pubblicità politiche online.
In Italia non ci sono numeri per quantificare il fenomeno perché da un lato non è possibile tracciare i numeri delle singole inserzioni, dall’altro non ci sono obblighi di trasparenza sul totale degli investimenti fatti.
I tentativi della commissione europea in vista delle elezioni
Ad aprile dello scorso anno la commissione europea è intervenuta per cercare di arrivare alle elezioni europee preparata. Nella comunicazione al parlamento europeo “Contrastare la disinformazione online: un approccio europeo” si è cercato di affrontare in maniera diretta il tema delle pubblicità online, richiedendo alle piattaforme online e all’industria pubblicitaria di conseguire, tra gli altri, i seguenti obiettivi:
- migliorare significativamente il vaglio delle inserzioni pubblicitarie;
- garantire trasparenza circa i contenuti sponsorizzati, in particolare per quanto riguarda i messaggi pubblicitari di natura politica e le campagne di sensibilizzazione e la realizzazione di un archivio;
- intensificare e dimostrare l’efficacia degli sforzi impiegati per chiudere i profili falsi;
- offrire alle organizzazioni e al mondo accademico accesso alle piattaforme di dati (in particolare tramite interfacce per programmi applicativi).
La commissione europea si è mossa da tempo per cercare di arrivare alle elezioni del 2019 preparata.
A tutti gli stakeholder poi è stato anche richiesto di firmare un Code of practise on disinformation, in cui si sollecitava l’implementazione di azioni per rendere più trasparente il mondo delle inserzioni politiche online. Nello specifico ogni piattaforma online coinvolta (Facebook, Google, Mozilla e Twitter su tutte) ha poi sottoscritto un roadmap, con l’impegno di mettere in campo piattaforme e strumenti ad hoc in vista delle elezioni europee.
Le mosse delle piattaforme online
L’impegno preso da Facebook, per esempio, è quello di replicare lo strumento già attivo negli Stati Uniti, Brasile, India e Regno Unito anche nei paesi dell’Unione Europea. Il social di Zuckerberg richiederà ai partiti in corsa di registrarsi in ogni stato membro in cui pensano di fare campagna elettorale, creando poi un archivio che conserverà tutti i post sponsorizzati per 7 anni.
Discorso analogo per Google che ha dichiarato che “entro la primavera del 2019” presenterà un sito, come quello attivo negli Stati Uniti d’America, per monitorare le pubblicità politiche. Chiunque vorrà sponsorizzare un contenuto politico dovrà certificare di essere un cittadino europeo, o comunque un’entità basata sul vecchio continente. Una mossa strategica per evitare intromissioni extra-Ue nella campagna elettorale.
Google, Facebook e Twitter hanno promesso l’implementazione di specifiche piattaforme per le pubblicità politiche.
Pure Twitter ha dichiarato che implementerà lo strumento attualmente attivo oltre oceano. L’iniziativa comincerà il prossimo 11 marzo e ogni inserzionista dovrà fare domanda per accreditarsi ufficialmente presso il social network prima di sponsorizzare qualsivoglia contenuto. Così i tweet sponsorizzati dei profili certificati verranno mostrati con fonte e ammontare del finanziamento e soprattutto target selezionati.
Ad oggi però nulla è ancora stato ancora fatto, ma sarà sicuramente interessante monitorare tempistica e modalità di queste piattaforme. Sarà soprattutto utile analizzare e studiare i dati forniti da queste piattaforme, per vedere quale sarà l’impatto della ads politiche durante la campagna elettorale in vista delle elezioni europee.
Il problema dell’auto-regolamentazione
La questione, in Italia come in Europa, è che l’auto-regolamentazione che si chiede da parte delle piattaforme online e dall’industria pubblicitaria avrà sempre dei limiti. Questo problema è stato anche sollevato dal sounding board convocato dalla commissione europea per valutare la bontà del Code of practise. Nell’opinione pubblicata si sottolineava come persino il definire quanto chiesto come “auto-regolamentazione” è fuorviante, in quanto mancano da parte della commissione europea chiare linee guida da seguire, metodi di valutazione e obiettivi comuni.
In mancanza di leggi e norme chiare, tutte le iniziative di auto-regolamentazione avranno dei limiti.
Il problema è ovviamente reale anche a livello nazionale. Finché il nostro parlamento non interviene in maniera chiara, ci sarà sempre chi non rispetterà le regole. Se persino il ministero dell’interno, nonché vice presidente del consiglio, Matteo Salvini, a cui spetta il compito istituzionale di vigilare sulle tornate elettorali, non rispetta il silenzio elettorale, è evidente che c’è bisogno di nuove regole. Partiti e candidati devono avere l’obbligo di rendicontare le loro spese in pubblicità online, le inserzioni su Facebook, Google e altri devono essere trattate come le altre inserzioni durante le campagne elettorali, e soprattutto il silenzio elettorale deve essere rispettato anche su internet.
Il governo di @GiuseppeConteIT presenterà una legge per normare la propaganda politica online?
Mancano 3 mesi alle elezioni per il parlamento europeo, abbastanza tempo per presentare e far approvare una norma che adatti le leggi 515/1993 e 212/1956 ai giorni d’oggi. La politica oggi si svolge sempre più su internet, ed è giusto, nonché necessario, adattare le attuali regole del gioco a questo strumento.