Il nostro diritto digitale alla città
3. Accesso negato: immagini di esclusione e di repressione nella smart city
di Jathan Sadowski (1)
Non molto tempo fa hanno deciso di migliorare la sicurezza del mio condominio installando dei cancelli ad ogni ingresso. Per aprire questi cancelli serve una specie di chiave di plastica che funziona da tessera magnetica (appoggiandola sul lettore del cancello pedonale) e da telecomando del garage (premendo un bottone per il cancello delle auto). Le nuove entrate elettroniche non sembravano proprio necessarie, ma pensavo fossero una seccatura sopportabile: solo un ulteriore passaggio e un altro oggetto da appendere al mio portachiavi.
Scarica il libro gratuitamente o richiedine una copia stampata .
Ask my guy how he thought travelling the world sound / Found it hard to imagine he hadn’t been past downtown
Mi sbagliavo. Gli amministratori del condominio non hanno verificato che il sistema di sicurezza funzionasse correttamente prima di installarlo in tutto l’edificio e questo mi ha dimostrato quanto il controllo sull’accesso al mio appartamento possa essere arbitrario. Per settimane, infatti, la mia chiave elettronica ha funzionato male. Mi è capitato di rimanere fuori casa fino a quando non arrivava un altro inquilino che mi facesse entrare. In alternativa, se proprio mi fossi sentito in vena di avventure, avrei dovuto scavalcare un muro di cemento e un cancello di ferro. I condomini hanno così iniziato a lasciare il cancello aperto con una piccola zeppa, ma agli operai è stato ordinato di rimuoverla. Il malfunzionamento del sistema di sicurezza non aveva importanza: bisognava innanzitutto rispettarne l’integrità e gli ordini.
Ci siamo ritrovati con gli altri residenti a vivere l’esperienza della frustrazione perfetta, già descritta da Gilles Deleuze nel suo profetico saggio del 1992 “Poscritto sulla società del controllo”:
Immaginate una città in cui ciascuno potesse lasciare il proprio appartamento, la propria vita, il proprio quartiere, grazie ad una personale carta elettronica (dividuale (2)) capace di rimuovere questa o quella barriera, ma, d’altro lato, che la carta potesse essere respinta il tale giorno o a una tale ora; quello che conta non è la barriera, ma il computer che individua la posizione di ciascuno, lecita o illecita, e opera una modulazione universale.
Originariamente, quando Deleuze utilizzò questo esempio, il suo sembrava un racconto di fantascienza cyber-punk, ma oggi risulta una descrizione realistica delle città moderne.
I cancelli elettronici sono un inconveniente relativamente fastidioso se li confrontiamo con le altre possibili conseguenze del controllo. Però sono utili ad illustrare la logica del controllo che colonizza la nostra vita quotidiana, riempita da posti di blocco capaci di regolare l’accesso e rinforzare l’esclusione. Fino a quando tutto si incastra e tutto funziona in modo fluido ed efficiente non abbiamo motivo di fermarci e facciamo fatica a notare il sistema che ci tiene costantemente monitorati. In qualsiasi momento, però, qualcuno potrebbe decidere che la nostra “password” non è più valida.
In questo saggio descrivo tre filoni tecno-politici che stanno convergendo in modo significativo e, seguendone la logica, proverò ad abbozzare un paio di scenari plausibili in un futuro non molto lontano. Concluderò riflettendo sulle caratteristiche di un diritto all’informazione per le città che potrebbe aiutarci a deviare dal binario che ci porta dritti verso il baratro. In breve, cercherò di mostrare dove siamo destinati a finire se non cambiamo rotta.
Filoni tecno-politici
- Le città del mondo sono permeate da quelli che vengono chiamati sistemi “intelligenti”, composti da onnipresenti apparati di rilevamento, raccolta dati, analisi in tempo reale, oggetti “connessi”, processi algoritmici e centri per il comando centralizzato. L’urbanismo intelligente opera come un movimento di pianificazione e gestione, costruendo la città come un “sistema di sistemi” che può essere reso intelligibile e osservabile, trattato come riconoscibile e comprensibile e sottoposto a regimi di sorveglianza e controllo. L’obiettivo consiste nel monitorare, misurare e gestire completamente le persone e i luoghi. La smart city non è solo un modo per trasferire le caratteristiche vantaggiose e positive della “casa intelligente” nella dimensione della città; il passaggio alla scala cittadina comporta un cambiamento decisivo dello scopo e degli obiettivi di questi sistemi tecnologici. Fondamentalmente si tratta di applicazioni infrastrutturali e civili; quella tipologia di sistemi su cui si fonda l’ordine tecno-politico della società (4).
- Marion Fourcade e Kieran Healy spiegano come molte organizzazioni potenti – tra cui compagnie hi-tech, società finanziarie e agenzie governative – vengano “sottoposte alla pressione culturale dell’imperativo dei dati e siano riccamente equipaggiate con tutti gli strumenti utili per realizzarlo.” (5) Questo imperativo richiede l’estrazione di tutti i dati, da ogni risorsa, in tutti i modi possibili, che ce ne sia realmente bisogno o meno. Le pratiche di “sorveglianza attraverso i dati” (la cosiddetta dataveillance) sono diventate così comuni e così varie che solo poche persone si accorgono dei sistemi che li tengono sotto osservazione nelle loro case, nei negozi, per le strade, online e praticamente in qualsiasi altro luogo. Questi sistemi sono utilizzati per creare dei “dossier di dati” su ciascuno di noi, incrociando e analizzando dati provenienti da diverse fonti, classificandoci e suddividendoci in categorie e facendo tutto questo indipendentemente dal fatto che ne siamo consapevoli o meno e a prescindere dalle nostre possibilità di controllo.
- Le persone sono sottoposte a diversi sistemi di punteggio – difficile capire quanti perché molti di questi sistemi sono prodotti segreti di industrie protette, come le assicurazioni o le società che operano nei settori della finanza o della sicurezza. Questi punteggi sono creati tramite algoritmi (proprietari) applicati a database enormi che raccolgono dalle centinaia ai miliardi di osservazioni su individui e gruppi. I punteggi riducono le persone a numeri singoli che vengono poi utilizzati per valutare, giudicare, categorizzare, classificare e stratificare (6).
Alcuni esempi comprendono i punteggi finanziari che regolano l’accesso al credito, all’impiego e alla casa; i punteggi sul rischio che allertano la polizia sul livello di pericolosità associato una persona, un indirizzo o un quartiere o i punteggi sulla reputazione che segmentano le persone in base al loro comportamento come consumatori, alla loro posizione sociale, a quella economica e alle attività politiche. Questi punteggi sono spesso il risultato di processi opachi che non possono essere contestati o cambiati e che si continuano a diffondere in svariati ambiti della società, nonostante questi sistemi di valutazione pongano una lunga serie di problemi in termini di affidabilità e di responsabilità.
Futuri immediati
Le istantanee che presenterò qui di seguito si basano su versioni enfatizzate di sistemi comunque reali. Non si tratta di fantascienza o di fantapolitica e non sono neppure i soliti tentativi di predire il futuro con la sfera di cristallo, spacciati da ingenui tecnoentusiasti. I brevi scenari che descrivo sono plausibili e imminenti: la città senza nome descritta in ogni istantanea, è espressione di uno specifico contesto statunitense. In ogni caso, alcune anticipazioni delle tecnologie e delle politiche che descrivo si possono trovare in altre città del mondo: situazioni simili stanno emergendo ovunque, da Londra e Rio de Janeiro a Johannesburg e Singapore.
Istantanea 1) : “Ci scusiamo”, si legge sullo schermo al cancello di ingresso di un centro commerciale “il sistema indica che il livello del suo credito non è sufficiente per entrare. Accesso negato.” Il sistema di chiusura automatica si attiva mentre le notifiche vengono inviate alla sicurezza per segnalare un potenziale problema.
Oggi resistono pochi spazi ancora realmente pubblici. Parchi, monumenti, zone della città e aree commerciali sono ora gestiti privatamente e vengono pattugliati dalla sicurezza, governati tramite codici di condotta e chiusi da barriere fisiche. Riservare un’area urbana ai “distretti per gli affari” – dove il controllo sociale e politico è nelle mani dei proprietari privati – rappresentava il modello avanzato per le città più aperte al business. Da sempre però la regolamentazione dell’accesso a queste aree rappresenta un problema che affligge i grandi proprietari privati. Grazie alle cosiddette smart solutions, però la situazione sta rapidamente cambiando: mentre una volta ci si doveva affidare a tattiche reazionarie, come maltrattare le persone che non erano benvenute, ora si possono schierare le tecnologie proattive contro le persone con il “profilo sbagliato”. E’ più facile prevenire l’accesso delle persone indesiderate che sbatterle fuori.
I rilevatori di punteggio prendono di mira gli indesiderati da espellere, mentre identificano i VIP consentono di dedicare loro particolari attenzioni
Grazie ai sistemi di elaborazione dei dati e di automazione, che impediscono o consentono la mobilità nelle città e che permettono di governare gli spazi urbani con precisione chirurgica, le enclavi si stanno moltiplicando. I rilevatori di punteggio prendono di mira le persone a basso reddito e gli indesiderati da espellere, mentre identificano i VIP con un patrimonio elevato e consentono di dedicare loro particolari attenzioni e vantaggi. Il tuo profilo civico – ovvero l’aggregazione tramite calcolo di tutte le tue “attività rilevanti”, qualsiasi cosa significhi, può metterti al riparo dai sospetti e aprirti (letteralmente) delle porte, oppure può attivare i protocolli per la gestione del rischio, ossia le attività di ricerca e monitoraggio.
Siamo sottoposti a svariati sistemi di punteggio che espandono gli orizzonti per alcuni e li restringono per altri. I benefici dell’autopromozione, per chi ha il punteggio giusto, eliminano il teatrino della sicurezza e tutti gli inconvenienti e i disagi che questo comporta. Per tutti gli altri, invece, la presenza di tecnologie per la sicurezza disumane, non-umane, è evidente. Ma hey! se lavori duro, se sarai responsabile, se saprai guadagnarti il consenso dei signori dei punteggi, forse un giorno anche tu potrai godere delle gioie di una città dove gli attriti quotidiani svaniscono.
Istantanea 2): “Attenzione! Il tuo grado di pericolosità ha raggiunto un livello anomalo: non sei autorizzato a restare in questa zona. Allontanati immediatamente o sarai arrestato ed espulso.” L’annuncio risuona dagli altoparlanti del drone, tra il ronzio delle pale del suo quadricottero. Gli armamenti “meno che letali” con cui è equipaggiato – palline di spray al peperoncino, marcatori colorati, pistole elettriche a medio raggio – possono sottomettere senza problemi gli obiettivi non conformi.
I tuoi dati sono la chiave per entrare
In passato la salvaguardia della comunità impiegava metodi rozzi e basati sulla manodopera: residenti esuberanti indirizzavano le loro energie per controllare il vicinato, i poliziotti pattugliavano le strade con lente perlustrazioni in macchina e i pedoni che avevano le caratteristiche di qualcuno estraneo venivano etichettati come sospetti.
Questi metodi sono cambiati quando nelle città sono state istituite le “zone sicure”, che definiscono le aree della città come settori protetti nei quali entrare è un privilegio, non un diritto. Cosa garantisce l’accesso? I tuoi dati sono la chiave per entrare. Non c’è più bisogno di affidarsi a profili parziali ora che ogni persona ha un proprio dossier di dati, che confronta infinite informazioni e applica le analitiche per disegnare il tuo passato, il presente e il futuro.
Inoltre una vasta rete di sistemi di sorveglianza monitorano, codificano e analizzano continuamente la città a diversi livelli; poche cose possono accadere senza essere registrate. L’obiettivo finale è di liberarci dai limiti di tempo e di spazio catturando tutti i dati. Anche il passato e il futuro delle città (non solo quelli di una persona) possono essere modellizzati ed esaminati quando le capacità di calcolo e memoria sono sufficienti. Si può addirittura riavvolgere il nastro delle immagini della città o metterla in pausa in qualsiasi momento e guardarla dischiusa in ogni suo aspetto. Oppure premere il pulsante dell’avanti veloce per progettare modelli utili alle politiche predittive e alla pianificazione anticipatoria. Grazie a queste tecnologie, polizia e amministratori possono governare evitando di confrontarsi con le bizzarrie di sistemi caotici e portare finalmente ordine in città.
Riflessioni sul diritto all’informazione
Seguendo queste logiche tecno-politiche vediamo come i sistemi di Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione (ICT – Information and Communication Technology) possano essere utilizzati per promuovere stratificazioni ulteriori, esclusioni evidenti e rispetto automatico della legge (7). Queste istantanee andrebbero viste come profezie “auto-preventive”, anche se resistere all’erosione degli ideali democratici come l’uguaglianza, l’accesso e l’equità potrebbe non essere facile. È necessario che le persone diventino capaci e che si mobilitino per agire contro l’ingiustizia e l’assoggettamento; uno dei modi per farlo consiste nell’affermare un diritto informazionale alla città, che permetta di agire in diversi modi: come slogan, come movimento sociale, come antagonismo politico.
Secondo David Harvey:
l diritto alla città è molto più della libertà individuale di accedere alle risorse urbane: è il diritto a cambiare noi stessi cambiando la città
Noi creiamo la città, e la città crea noi stessi, ma in un’epoca in cui l’ambiente urbano viene attraversato in tutte le direzioni, imbrigliato e oppresso dal digitale, questa idea guadagna il suo corollario, per cui noi creiamo i dati e i dati creano noi stessi. Pertanto abbiamo e dobbiamo rivendicare “il diritto a comandare l’intero processo urbano.”
Un diritto all’informazione riconosce il ruolo cruciale che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione giocano in questo processo urbano. È un invito a riprenderci il potere, sottraendolo a quelle élite politiche e tecnologiche che stanno riconfigurando la città come una piattaforma per la smartness delle aziende private. È un cartello che dice: “non vi permetteremo di estrarre dati da luoghi o persone così che possiate privarci del controllo sulle nostre città e su noi stessi”.
Un diritto all’informazione è più di una richiesta di trasparenza e di affidabilità. Non intende ratificare sistemi di esclusione o di polizia; come se per essere legittimati bastasse farci vedere come funzionano i loro meccanismi o permetterci di rettificare il nostro profilo personale, prodotto grazie alla raccolta dei dati. Il diritto è una richiesta di antagonismo, l’affermazione di contestazioni tecno-politiche; è una forma di dissenso aperto e continuo, contro il consolidamento del potere tramite pretesti tecnocratici, contro le recinzioni securitarie della città, contro la moltiplicazione dei sistemi di punteggio basati sui dati e forze dell’ordine autocratiche e contro gli interessi delle élite che desiderano modellare le nostre città e noi stessi.
Un diritto all’informazione è una dichiarazione che la città è di tutti e che non tolleriamo accordi tecnopolitici che siano la negazione di questo diritto.
Note:
(1) Jathan Sadowski – Università della Tecnologia di Delft (J.W.Sadowski@tudelft.nl)
traduzione Valentina Bazzarin – Twitter: @VBazzarin
(2) Deleuze coniò il termine dividuale per spiegare i meccanismi di controllo in opposizione alla società del controllo di Foucault, concetto che Deleuze considera superato. Definizione
(3) Deleuze, G. (1992). “Postscript on the Societies of Control.” Ottobre 59: 3-7. In italiano, Pourparler (1990), Quodlibet.
(4) Sadowski, J. e Pasquale, F. (2015). “The Spectrum of Control: A Social Theory of the Smart City.” First Monday 20(7): disponibile online.
(5) Fourcade, M. e Healy, K. (2017). “Seeing Like a Market.” Socio-Economic Review, 15 (1), pp. 9-29
(6) Pasquale, F. (2015). “The Black Box Society: The Secret Algorithms that Control Money and Information.” Cambridge, MA: Harvard University Press.
(7) L. Shay, W. Hartzog, J. Nelson, D. Larkin e G. Conti. (2016). “Confronting Automated Law Enforcement.” In Robot Law, edito da R. Calo, M. Froomkin, and I. Kerr. Northampton, Mass.: Edward Elgar.
(8) Harvey, D. (2008). “The Right to the City.” New Left Review 53 (Ottobre): 23-40. In italiano, “Citta ribelli” (2013), il Saggiatore.