Caricometro, dove non arrivano le leggi
2. Gli ordini professionali in parlamento
A novembre del 2014 il Movimento 5 stelle ha inviato una lettera all’allora presidente del senato Pietro Grasso per sottoporre alla sua attenzione la situazione di 4 senatori, colpevoli, a detta del partito, di svolgere contemporaneamente al mandato parlamentare un incarico incompatibile.
I 4 senatori in questione – Amedeo Bianco (Pd), Luigi D’Ambrosio Lettieri (Fi), Andrea Mandelli (Fi) e Annalisa Silvestro (Pd) – avevano al tempo incarichi apicali in ordini professionali e, proprio per questo motivo, in una possibile situazione di conflitto di interessi. Come da regolamento la questione finì alla giunta delle elezioni di Palazzo Madama, che discusse della questione fino ad arrivare a marzo del 2015 a dichiarare gli incarichi compatibili con il mandato parlamentare. Nonostante i ruoli apicali in enti pubblici, come gli ordini professionali, siano incompatibili con il mandato parlamentare, il non avere deleghe gestionali nelle strutture permise ai parlamentari di mantenere il doppio incarico. Un modo per aggirare l’incompatibilità, come dichiarato anche dal presidente Anac Cantone, che solleva molte problematiche. Ma ripercorriamo tutti i passi della vicenda.
Compatibilità o meno, cosa dice la legge
Oltre alle incompatibilità sancite dalla costituzione, la legge 60 del 1953 ha contribuito a normare la materia. Nello specifico quello richiamato dal Movimento 5 stelle è l’articolo 2 della legge:
I membri del Parlamento non possono ricoprire cariche, né esercitare funzioni di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con prestazioni di carattere permanente, in associazioni o enti che gestiscano servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica Amministrazione, o ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente.
Deputati e senatori non possono avere incarichi apicali in entità di qualsiasi genere che gestiscono servizi per conto dello stato. Come sancito dalla sentenza 405 del 2005 della corte costituzionale gli ordini e collegi professionali sono da considerare enti pubblici non economici. Interpretazione poi condivisa anche dall’Anac nella delibera 145 del 2014.
Se gli ordini professionali sono enti pubblici, perché la giunta ha dichiarato i senatori compatibili?
Alla base quindi della denuncia avanzata dal Movimento 5 stelle è un chiaro inquadramento degli ordini professionali in enti pubblici, e quindi l’inevitabile incompatibilità per coloro che ricoprono incarichi apicali in essi.
Il parere dell’Autorità nazionale anticorruzione
La questione è quindi complessa: come mai la giunta delle elezioni ha dichiarato la compatibilità dei senatori coinvolti, se gli ordini professionali sono enti pubblici? Sulla questione è anche intervenuto Raffaele Cantone, il presidente dell’Anac, durante un’audizione presso il parlamento l’11 marzo 2015.
Il punto, come anche sottolineato dalla giunta delle elezioni, è che i senatori coinvolti pur ricoprendo incarichi apicali, non avevano deleghe gestionali dirette all’interno dell’ordine professionale. Il concetto di “deleghe gestionali”, introdotto del decreto legislativo 39 del 2013, è quindi centrale nella determinazione dell’incompatibilità. Come evidenziato da Cantone, la norma non può essere generale, ma verificata in concreto caso per caso, andando a vedere le implicazioni degli incarichi in questione. Solamente basandosi sui regolamenti e sugli statuti, si può determinare l’effettiva incompatibilità del ruolo. Il presidente dell’Anac aggiunse però che è molto facile aggirare la norma, introducendo delle modifiche ai regolamenti e agli statuti dei singoli enti.
Rispondo con assoluta certezza che la modifica del regolamento e dello Statuto consente sicuramente di aggirare, cioè evitare, questo meccanismo di incompatibilità. È chiaro che, se c’è un’indicazione del legislatore che fa riferimento a deleghe gestionali dirette, ciò significa che c’è uno spazio per cui questo soggetto, pur essendo vertice, possa non avere deleghe gestionali dirette. Questo è scontato.
Chiaramente un altro aspetto della questione è capire cosa si intende per “deleghe gestionali”, definizione che per Cantone inizia anche dalla semplice emanazione di circolari, in quanto atti che vincolano i soggetti coinvolti.
Come sono andate le cose per i parlamentari coinvolti
A seguito di quanto fatto emergere dalla lettera inviata dal Movimento 5 stelle i parlamentari coinvolti, come raccontato in giunta dall’allora vice presidente Pezzopane, hanno risposto in vario modo. La senatrice Silvestro ha concluso il suo mandato di presidente della Federazione nazionale dei collegi Ipasvi il 16 marzo 2015, e analogamente il senatore Bianco comunicò di non ricoprire più la carica di presidente dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Torino dal 31 dicembre 2014, come anche di non essere più presidente della Federazione nazionale ordini medici chirurghi e odontoiatri dal 27 marzo 2015.
4 parlamentari all’inizio della scorsa legislatura guidavano ordini professionali.
Quindi il verdetto di compatibilità finale coinvolse solamente Andrea Mandelli, presidente della Federazione ordine farmacisti italiani, e Luigi D’Ambrosio Lettieri, suo vice presidente nella stessa struttura.
Il caso di Andrea Mandelli
Andrea Mandelli è stato confermato a gennaio del 2018 come presidente della Federazione Ordini farmacisti italiani (Fofi), ed è anche stato eletto alla camera dei deputati nelle recente elezioni politiche. Il tema quindi è attuale e con molte probabilità tornerà ad essere sollevato nel corso della legislatura. Il punto però, è che pur sostenendo che Andrea Mandelli non abbia deleghe gestionali dirette all’interno del Fofi, il suo ruolo di parlamentare lo mette in una situazione di vantaggio e, per certi versi, di conflitto di interessi.
La sua attività legislativa in parlamento lo pone in un contesto strategico per portare avanti le istanze dell’ordine dei farmacisti. Non a caso nella scorsa legislatura, la stragrande maggioranza dei disegni di legge da lui presentati si occupavano di sanità, e in particolare due riguardavano proprio la categoria da lui rappresentata: ddl in materia di attività professionali del farmacista, e il ddl in materia di accesso programmato alla facoltà di farmacia.
Come se non bastasse, molti dei suoi emendamenti approvati in parlamento hanno avuto conseguenze dirette sulla categoria. Un caso su tutti è l’emendamento al decreto fiscale che ha stanziato 1 milione di euro per la candidatura di Milano come sede dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema). A questo proposito è giusto ricordare che Mandelli è anche presidente dell’Ordine dei farmacisti di Milano, Lodi, Monza Brianza. E ancora, nella legge per il riordino delle professioni sanitarie è suo uno degli emendamenti che hanno regolato le elezioni degli organi degli ordini professionali, tra cui quello dei farmacisti, di cui lui stesso è presidente. Altro esempio riguarda l’emendamento al Decreto del fare che ha introdotto il dossier farmaceutico, aggiornato dalle farmacie, all’interno del Fascicolo sanitario elettronico.
Nessuno contesta il merito delle proposte avanzate da Mandelli, ma semplicemente l’opportunità che esse siano presentate dal presidente di un ordine professionale fortemente interessato.
Lecito o non lecito, il tema rimane
Pur modificando gli statuti degli ordini professionali per togliere specifiche deleghe gestionali ai parlamentari coinvolti, è chiaro che sempre di parlamentari stiamo parlando. Deputati e senatori che hanno il potere di presentare disegni di legge ed emendamenti che hanno delle conseguenze dirette sulla produzione normativa dell’aula e che possono, pure nell’interesse del paese, favorire determinate categorie. Non stiamo parlando di azioni illecite, e neanche le stiamo ipotizzando. La questione è di pura opportunità: quanto è opportuno che parlamentari con incarichi apicali in enti pubblici svolgano attività legislativa strettamente collegata all’istituzione che rappresentano?
E ancora, perché pur in presenza di leggi che hanno dei chiari obiettivi e scopi, la nostra classe politica sente la necessità di trovare dei modi per aggirare le norme in questione? Forse sarebbe il caso di prevedere un quadro legislativo più netto e stringente, proprio per evitare situazioni ambigue e sospette.
Foto credit – Andrea Mandelli, sito personale