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L’obiettivo centrale degli investimenti del piano nazionale di ripresa e resilienza esaminati nel rapporto è costruire una rete di servizi sanitari prossimità. Con ospedali e case della comunità diffuse sul territorio, che possano raggiungere la popolazione in tutto il paese, tanto nelle città maggiori quanto nelle aree interne.

Le aree interne sono i territori del paese più distanti dai servizi essenziali (quali istruzione, salute, mobilità). Parliamo di circa 4.000 comuni, con 13 milioni di abitanti, a forte rischio spopolamento (in particolare per i giovani), e dove la qualità dell'offerta educativa risulta spesso compromessa. Vai a “Che cosa sono le aree interne”

A maggior ragione in questi comuni interni, periferici rispetto ai servizi principali. Parliamo delle aree del paese dove già oggi vivono più anziani, e che proprio per questo avranno ancora più necessità di una rete di assistenza capillare ed efficiente.

Nei comuni polo – baricentrici in termini di servizi – e nei loro hinterland la quota di anziani oscilla tra il 22 e il 24%. In quelli periferici e ultraperiferici, a oltre 40 minuti di distanza dal polo più vicino, più di un abitante su 4 ha almeno 65 anni.

FONTE: elaborazione openpolis – CIttadinanzattiva su dati Istat e Agenzia coesione
(ultimo aggiornamento: venerdì 1 Gennaio 2021)

Le aree interne comprendono realtà montane, isolane, poco connesse. In questi territori l’esistenza di presidi sanitari diffusi è cruciale, anche in relazione al progressivo invecchiamento della popolazione e alla difficoltà dei collegamenti in quelle zone.

Anche su questo aspetto si misura la capacità della nuova rete di sanità territoriale di raggiungere gli obiettivi stabiliti dal piano nazionale di ripresa e resilienza.

Come si articolerà l’offerta di sanità territoriale

Complessivamente, i 3 miliardi mobilitati dal piano nazionale dovranno consentire la realizzazione delle 1.430 case della comunità e degli oltre 400 ospedali di comunità previsti nei diversi contratti istituzionali di sviluppo sottoscritti dal ministero della salute e dalle regioni.

Ma come saranno dislocati sul territorio, in relazione alle aree interne? Per quanto riguarda le case della comunità, circa un quarto delle 1.430 strutture saranno localizzate in città polo e in poli intercomunali. Quasi il 38% si troverà in comuni cintura, gli hinterland delle città baricentriche in termini di servizi. La parte restante, cioè oltre un terzo del totale, sarà collocata nelle aree interne.

35,9% delle 1.430 case della comunità previste sarà collocato in aree interne.

Nei comuni interni aumenta la capillarità delle case della comunità, ma sono spoke in oltre la metà dei casi.

Rispetto a una media nazionale di 10,3 case della comunità ogni 100mila residenti con almeno 65 anni, il rapporto sale a 14,4 nei comuni intermedi (aree interne ad almeno 27,7 minuti dai poli). E addirittura a 16,5 ogni 100mila anziani in quelli periferici e a 23,2 in quelli ultraperiferici. Comuni rispettivamente a più di 40 e di 66 minuti dalla città polo di servizi più vicina.

Tuttavia cambia molto l’incidenza tra case della comunità hub e quelle spoke. Nei comuni polo, mediamente quasi l’84% delle case sarà hub, quelle con maggiore dotazione di servizi. Poco più del 16% delle strutture sarà spoke. Al contrario, nei comuni periferici e ultraperiferici le spoke costituiranno oltre la metà delle case previste dai contratti istituzionali di sviluppo.

FONTE: elaborazione openpolis – Cittadinanzattiva su dati Cis regionali
(pubblicati: venerdì 24 Giugno 2022)

Nello specifico, sono spoke il 57,8% delle case della comunità previste nei comuni periferici e il 67,4% di quelle da istituire nei territori ultraperiferici. Nei comuni a perifericità intermedia, collocati tra 27,7 e 40,9 minuti dal polo più vicino, la quota è comunque superiore di oltre 10 punti alla media nazionale (45,7%).

52% delle case della comunità nei comuni interni sarà spoke (contro una media nazionale del 34%).

Si tratta di cifre coerenti con la funzione stabilita per le case spoke: incrementare la capillarità dei servizi sanitari, anche in aree con maggiore difficoltà di collegamento, attraverso un aumento dei presidi locali di base.

Tuttavia questa tendenza dovrà essere verificata in relazione all’implementazione dei contratti di sviluppo nei diversi territori. Ad esempio, nelle aree interne della Calabria, l’83,8% delle case della comunità dovrebbe essere spoke, a fronte di una media nazionale del 52%. Mentre in altre regioni, come Lombardia, Piemonte, Umbria e Veneto, tutte le case da istituire sono hub, anche nei comuni più periferici.

Una differenza da monitorare nell’effettiva attuazione a regime del nuovo sistema, regione per regione. Proprio per gli standard minimi previsti per le strutture di tipo spoke, inferiori rispetto alle case hub.

L’offerta di ospedali di comunità nelle aree interne

L’altro presidio territoriale di cui è rilevante valutare la presenza rispetto alla perifericità dei territori sono gli ospedali di comunità. Sono 400 quelli da costituire in base agli obiettivi del piano nazionale di ripresa e resilienza. I contratti istituzionali di sviluppo stipulati dal ministero della salute con le singole regioni e province autonome prevede la costituzione di oltre 430 strutture.

Circa il 32% saranno istituite in comuni polo e in poli intercomunali; un altro 32% negli hinterland di queste città. Il restante 36,6% si troverà nelle aree interne del paese. A fronte di una media nazionale di 3,1 ospedali di comunità ogni 100mila abitanti con almeno 65 anni, il rapporto supera le 5 strutture nei comuni periferici e in quelli ultraperiferici.

Questi interventi nelle aree interne saranno realizzati nel 23,3% dei casi attraverso nuova costruzione o ampliamento di strutture per ospitare i nuovi ospedali di comunità. Una percentuale il linea con la media nazionale (22,1%).

La quota di nuove costruzioni varia tra le aree interne del paese. Tutti i futuri ospedali di comunità saranno realizzati come nuove costruzioni o comunque ampliamenti nei territori periferici di Friuli Venezia Giulia, Marche e Trentino-Alto Adige. Mentre nelle aree interne di Molise, Piemonte, Umbria e Veneto tutti gli interventi previsti sono ristrutturazioni di strutture esistenti.

Foto: Cdc (Unsplash)Licenza

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