L’Ue promuove l’armonizzazione delle politiche abitative negli stati membri, ma come abbiamo raccontato nei precedenti approfondimenti sulla questione abitativa in Europa, sono ancora molte le differenze da stato a stato e anche all’interno dei singoli stati, a livello regionale.

Per esempio, gli scenari sono molteplici per quel che riguarda il rilascio dei permessi erogati dagli stati per la costruzione di edifici abitabili e l’incidenza delle aree residenziali.

Quante residenze si costruiscono negli stati Ue

Con permesso per la costruzione di edifici residenziali si intende l’autorizzazione che il governo nazionale dà per progetti abitativi, per la costruzione o la trasformazione urbanistica o edilizia. Eurostat misura l’azione degli stati membri in questo senso con un indice, il cui valore base è fissato pari a 100 nel 2015.

Negli anni 2013 e 2014 sono stati erogati meno permessi per costruire residenze.

Il valore medio registrato nell’Unione ha raggiunto il picco intorno al 2010, per poi calare progressivamente fino agli anni 2013 e 2014 – anno a partire dal quale si è poi verificata una graduale anche se modesta ripresa. Facendo un paragone dei dati dell’anno 2021 con quelli del 2010, i primi a disposizione, si rileva un aumento particolarmente marcato in Svezia (+157%) e Irlanda (+133%), e in alcuni paesi dell’Europa orientale e baltica, come Estonia, Lituania e Bulgaria.

Rispetto al valore base del 2015 è invece la Grecia ad aver riportato l’incremento più notevole – anche se osservando i valori dal 2010, risulta comunque un calo pari al 45%.

I dati sono riferiti agli edifici per uso residenziale, escluse le residenze per comunità, nei paesi dell’Ue. Il valore di riferimento è l’anno 2015=100.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 11 Luglio 2022)

La Grecia è quindi il paese Ue in cui l'indice, nel 2021, riporta il valore più elevato. Parliamo di 413,1, più di 4 volte il valore del 2015. Seguono Irlanda, Cipro e Portogallo, tutti e tre con valori superiori a 300.

Mentre i valori più bassi sono registrati in Austria e Francia, con cifre inferiori a 120. Con un indice pari a 142,8, l'Italia è il quartultimo stato Ue per quel che riguarda i permessi erogati nel 2021, sempre rispetto al 2015.

I dati sono riferiti agli edifici per uso residenziale, escluse le residenze per comunità, nei grandi paesi Ue. Il valore di riferimento è l’anno 2015=100.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 11 Luglio 2022)

Nei grandi paesi dell'Unione, dal 2015 al 2021 l'aumento è stato marcato in maniera particolare in Spagna. Come anche in Francia, Germania e Italia, il valore ha registrato un calo nel 2020, l'anno della pandemia, per poi rialzarsi nel 2021. Nel caso della Spagna, si è passati da 137 a 195,6. Come in Italia però, anche la Spagna ha registrato un calo piuttosto evidente rispetto al 2010 (-23%). Mentre l'aumento è stato più costante in Germania.

L'incidenza delle aree residenziali in Europa

Quando si parla di zone residenziali, si tratta di aree, misurate in chilometri quadrati, di terreno ricoperto da edifici a finalità abitativa. La situazione europea risulta ampiamente variegata., con una quota maggiore negli stati più piccoli e in quelli maggiormente urbanizzati.

17,8% del territorio di Malta è ricoperto di aree residenziali (2018).

I dati provengono dal sondaggio Lucas (land use and cover area frame survey) di Eurostat e rappresentano la quota di terreno dedicata alle aree residenziali. Con aree residenziali si intendono tutte le aree adibite a scopi abitativi, inclusi i giardini residenziali, esclusi gli alberghi, gli ospizi, gli asili, le prigioni, i monasteri e i conventi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 11 Luglio 2022)

Malta è il primo stato membro in questo senso, con oltre il 17% della propria estensione territoriale che nel 2018 (l'anno dell'ultimo aggiornamento Eurostat) era occupata da aree residenziali. La seguivano il Belgio e i Paesi Bassi, due paesi di dimensioni ridotte e fortemente urbanizzati, con valori pari rispettivamente a 12,1% e a 6,6%.

L'Italia è settima (3,8%), mentre agli ultimi posti si trovano Spagna e Bulgaria (entrambe con l'1,2% di terreno occupato da aree residenziali). Seguono stati dalla bassa densità abitativa come Svezia e Finlandia, con rispettivamente 1,3% e 1,4%.

Come immaginabile, è soprattutto nelle aree metropolitane che la quota risulta più elevata. A livello regionale vediamo infatti che ai primi posti si trovano le regioni delle capitali, prima tra tutte Berlino.

33,4% la quota di territorio dedicata alle aree residenziali, nella regione di Berlino (2018).

I dati provengono dal sondaggio Lucas (land use and cover area frame survey) di Eurostat e rappresentano la quota di terreno dedicata alle aree residenziali. Con aree residenziali si intendono tutte le aree adibite a scopi abitativi, inclusi i giardini residenziali, esclusi gli alberghi, gli ospizi, gli asili, le prigioni, i monasteri e i conventi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 11 Luglio 2022)

Alla capitale tedesca seguiva la regione di Brema, nello stesso paese, con un valore pari a 31,2%. Al terzo e quarto posto si trovavano, nel 2018, altre due grandi capitali europee: Bruxelles (27,9%) e Vienna (24,5%). Agli ultimi posti invece alcune regioni spagnole come l'Aragona (0,2%), Navarra, Castilla y Leon, La Rioja e il nord-est, tutte con una cifra pari allo 0,5%.

Per quanto riguarda invece il nostro paese, la situazione è eterogenea: si va dal 7,7% dell'Emilia-Romagna (il valore più elevato della penisola), allo 0,7% della provincia autonoma di Bolzano. In generale le cifre sono più elevate al nord e nelle regioni caratterizzate dalla presenza di grandi città, come il Lazio (5,9%) e la Campania (5%) e sono invece più basse nelle regioni meno urbanizzate.

 

Foto: Nicole Baster - licenza

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