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Per anni non è stato possibile raccontare quanto visto fino ad ora. Con il lavoro fatto da openpolis dal 2015 l’argomento è iniziato ad entrare nel dibattito pubblico, e l’approvazione dello spazzacorrotti ne è una prova. Il testo, con tutti i suoi limiti, rappresenta comunque un punto di inizio, un riconoscimento di quanto il modo di fare politica sia cambiato in Italia. Ma pur condividendo l’attenzione data al tema da questo parlamento, non possiamo che condannare la bassa qualità del testo.

Cogito ergo sum 2020

La legge parte da un presupposto sbagliato: il parametro dei politici negli organi decisionali è infatti limitante. Queste strutture nascono proprio per creare legami trasversali oltre la politica, e quindi avere come unico riferimento coloro che hanno avuto incarichi elettivi o di governo negli ultimi 6 anni è fuorviante.

Una legge che non riguarda nessuno.

Ma entrando nella definizione stessa data di associazione e fondazione politica, i problemi continuano. Le ambiguità sono molte, come lo sono anche i modi per facilmente aggirare la legge. Paradossalmente, è stata scritta una legge che non riguarda nessuno.

Una legge scritta male

La legge anticorruzione, soprannominata “spazzacorrotti”, è stato un work in progress che ancora deve raggiungere un livello soddisfacente. Nella sua prima versione aveva due grossi limiti: dava una definizione molto ampia e vaga di think tank, e non specificava quali fossero gli obblighi di trasparenza di queste organizzazioni. Nelle modifiche introdotte dal decreto crescita si è andato a ridurre la copertura normativa del testo. Ciò nonostante non si è riusciti a superare questi limiti.

L’attuale definizione, già trattata nel primo capitolo, lascia molti (troppi) punti in sospeso. Ci focalizzeremo in particolare su due aspetti poco chiari.

i cui organi direttivi o di gestione sono composti per almeno 1/3 da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero persone che sono o sono state, nei 6 anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali di comuni con più di 15.000 abitanti, ovvero che ricoprono o hanno ricoperto, nei sei anni precedenti, incarichi di governo al livello nazionale, regionale o locale, in comuni con più di 15.000 abitanti

Ad oggi non è chiaro cosa si intende per “organi di partito o movimenti politici”. Un concetto non limpido perché non specifica quali siano questi organi di partito. Un problema, considerando che in Italia attualmente i partiti non sono normati da un testo unico. Ad oggi ognuno ha quindi la libertà di statuto, decidendo autonomamente la propria organizzazione interna.

Non è chiaro cosa si intende per organi direttivi dei partiti, e se le direzioni locali sono coinvolte.

In secondo luogo non si evince in maniera chiara se si sta parlando solamente di partiti nazionali, o se la legge riguarda anche le diramazioni regionali e/o locali dei partiti. Dettagli non da poco perché di fatto rendono quasi impossibile circoscrivere la portata della legge. Non solo, mentre per i ruoli di rappresentanza politica si parla di incarichi degli ultimi 6 anni, per quanto riguarda quelli nei partiti non c’è una specifica temporale.

Anche ignorando il problema non di poco conto appena descritto, rimane un’altra questione. In nessuna parte del testo si definisce cosa implichi esattamente l’equiparazione di queste strutture ai partiti. Un’interpretazione ragionata porterebbe a pensare che l’equiparazione richieda da parte di queste organizzazioni la pubblicazione di statuto, bilancio e donazioni ricevute, ma questo non è esplicitato.

Infine, come abbiamo già denunciato in passato, l’attuale definizione deriva in un bacino di persone troppo ampio da monitorare. Le persone che hanno avuto un incarico politico negli ultimi 6 anni nel governo, parlamento nazionale, europeo, nelle regioni e nei comuni con oltre 15.000 abitanti sono più di 50.000. Oltre il 90% di queste persone (circa 49mila) vengono dalla politica locale, e solamente 5mila dalla politica nazionale, europeo o regionale.

53.904 i politici su cui la commissione di garanzia deve monitorare. Ma, per sua stessa ammissione, non ha i mezzi per farlo.

Avrebbe più senso, e sarebbe più realistico, circoscrivere l’ambito delle persone coinvolte dalla normativa a quelle con incarichi nelle istituzioni che hanno potere legislativo (parlamento europeo, nazionale e governo regionale). Anche perché, e anche qui non diciamo nulla di nuovo, la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, ha più volte dichiarato l’impossibilità di svolgere il proprio lavoro, sia per mancanza di risorse, ma anche per carenze informative importanti.

Basta dimettersi dagli organi direttivi, il caso a/simmetrie

Come tutte le norme scritte con delle carenze, lo spazzacorrotti è facilmente aggirabile. Di esempi se ne possono fare molti, ma uno in particolare è particolarmente efficace per illustrare questo aspetto.

La legge è stata approvata il 18 dicembre del 2018 dal governo Conte I, dalla maggioranza parlamentare composta da Movimento 5 stelle e Lega. Un’associazione politica storicamente molto vicina alle istanze della Lega è a/simmetrie, organizzazione che al tempo poteva vantare tra i propri membri un ministro, Paolo Savona, un sottosegretario, Luciano Barra Caracciolo, il presidente del Cda Rai nominato dal governo stesso, Marcello Foa, e due presidenti di commissione, Stefano Borghi ed Alberto Bagnai.

10 giorni dopo l’approvazione dello spazzacorrotti Bagnai si dimette da presidente per non far rientrare l’associazione nella normativa.

Proprio quest’ultimo al tempo dell’approvazione del testo era il presidente dell’associazione, in un direttivo composto dal vice presidente Marcello Foa e dal segretario Paolo Cianciabella. Coincidenza vuole, o forse no, che il 27 dicembre successivo, 9 giorni dopo l’approvazione della legge, tutto il consiglio direttivo si sia dimesso. Se fino all’approvazione del testo a/simmetrie rientrava nell’attuale definizione di associazione politiche (Bagnai di fatto rappresentava 1/3 del direttivo), dimettendosi e facendo subentrare altre figure “vergini” da incarichi politici, l’organizzazione non è più stata coinvolta dalla normativa. Non lo è anche se tutt’ora nel suo comitato scientifico si trovano due parlamentari (Bagnai e Borghi) e due ex membri del governo (Savona, ora alla Consob, e Barra Caracciolo). Basta concentrare tutti i politici negli organi non direttivi e di gestione, e la normativa è facilmente aggirabile.

Nonostante degli evidenti e palesi legami con ex ministri, membri del parlamento, autorità di garanzia e importanti partecipate, attraverso le dimissioni di Bagnai da presidente dell’associazione, a/simmetrie non viene coinvolta dallo spazzacorrotti.

Vengono mostrati solamente i membri (passati e presenti) con incarichi di rilievo.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis

E poi ci sono le fondazioni riconosciute dall'Europa, ma non dall'Italia

La situazione paradossale in cui attualmente ci troviamo comporta alcune situazioni al limite del verosimile.

Il parlamento europeo riconosce ufficialmente il concetto di fondazione politica. Trattasi di un'organizzazione affiliata a un partito politico a livello europeo che sostiene gli obiettivi di tale partito. Svolgono analisi e contribuiscono così al dibattito sui temi di politica pubblica europea, attraverso l'organizzazione di seminari, formazioni, conferenze e studi. Strutture che tra le altre cose ricevono sovvenzione annuali da parte del parlamento europeo.

Per come funzionano queste organizzazioni, spesso rappresentano dei contenitori in cui figurano anche numerosi partner nazionali: fondazioni e associazioni politiche dei singoli paesi che si affiliano alla macro fondazione europea di una determinata area. Una delle principali è la fondazione vicina al partito socialista europeo, la Foundation for European Progressive Studies. Fanno parte del network delle strutture politiche nazionali ben 3 fondazioni italiane, censite in Cogito ergo sum. Parliamo nello specifico della Fondazione Socialismo, della Fondazione Gramsci e della Fondazione Pietro Nenni. Tutte e 3 però non rientrano nella definizione di fondazione politica stabilita dallo spazzacorrotti, avendo nel proprio Cda o solamente accademici, o personalità politiche che però negli ultimi 6 anni non hanno avuto incarichi. Tra le altre cose fanno parte della fondazione europea come osservatori, anche il Cespi e la fondazione Di Vittorio.

Un discorso analogo si può fare per lo European Liberal Forum, che ha come partner varie organizzazioni italiane, di cui 2 in particolare meritano attenzione. La prima è la fondazione Critica Liberale, che nel suo consiglio di amministrazione non ha politici, ma soprattutto la fondazione Luigi Einaudi. Diciamo "soprattutto" perché la fondazione Einaudi è stata una delle forze dietro la raccolta firme tra deputati e senatori per fermare il taglio dei parlamentari, ed è attualmente la principale promotrice del Comitato per il No. Ma analizzando i membri del consiglio di amministrazione si evince in maniera abbastanza chiara che anche quest'organizzazione non rientra della definizione italiana di fondazione politica. Ultimo esempio in questo senso riguarda transform! Italia che fa parte del network europeo Transform Europe.

I casi dei contributi pubblici, un tema da affrontare

Nel corso dell'edizione 2020 di Cogito ergo sum abbiamo parlato dell'obbligo, dato dalla legge 124 del 2017, per tutte le associazioni, fondazioni e onlus di comunicare sovvenzioni e contributi pubblici che ricevono. Abbiamo visto come il Centro studi politica internazionale nel solo 2018 abbia ricevuto oltre mezzo milione di euro in contributi pubblici da vari istituzioni, principalmente i ministeri. A questo punto la domanda sorge spontanea: è giusto che un'organizzazione presieduta da un parlamentare, Piero Fassino, e nel cui comitato comitato scientifico figura l'attuale ministro dell'economia, Roberto Gualtieri, riceva una mole così alta di finanziamenti pubblici? Nel 2016, solo per fare un altro esempio, la fondazione De Gasperi ha ricevuto 15.000euro dal ministero degli affari esteri, dicastero che al tempo era guidato da Angelino Alfano e che era, ed è tutt'ora, presidente della fondazione.

Il paradosso: questa legge non riguarda nessuno

Nell'individuare le problematiche dello spazzacorrotti abbiamo sottolineato quanto l'attuale definizione di associazione, fondazione e comitato politico avesse il grande limite di includere potenzialmente nel novero delle strutture da monitorare organizzazioni che c'entrano poco con la necessità di monitorare meglio tutte le dinamiche che abbiamo raccontato fino ad ora.

Ironicamente però quando andiamo a considerare proprio le tante strutture di cui abbiamo parlato poche, quasi nessuna, è inclusa dalla normativa. Facciamo qualche esempio, puramente illustrativo, per quantomeno spiegare di cose stiamo parlando.

Nel consiglio direttivo dell'Associazione Merita Meridione - Italia non figura Claudio De Vincenti che, pur essendo il fondatore e principale promotore della struttura, ne è solamente presidente onorario. Nel consiglio direttivo troviamo l'imprenditore Francesco Tavassi (Tavassi Group), il consulente industriale ed ex consulente Mise Giampiero Castano, la dirigente aziendale Maria Rosaria Brunetti e l'accademico Amedeo Lepore, l'unico considerato "politico" in quanto assessore regionale fino a maggio del 2018. L'associazione per legge quindi non è una fondazione politica, nonostante abbia un manifesto chiaramente politico, che è stato presentato in lungo e largo in tutto il paese. Proprio in risposta alla pandemia Coronavirus, l'associazione ha persino pubblicato le sue proposte politiche per la ripartenza del paese.

Discorso analogo può essere fatto per Italianieuropei, la fondazione che come visto detiene il "plotone" più numeroso di membri del governo. Nel suo consiglio di amministrazione figurano Gianni Cuperlo, parlamentare fino alla scorsa legislatura, Massimo D'Alema, il cui ultimo incarico politico risale al 2013, l'accademica Fiorella Favino, Mario Hübler, dirigente pubblico, Gennaro Mariconda, Ugo Sposetti, attualmente parlamentare e infine Roberto Zaccaria, anch'egli fuori dal parlamento dal 2013. Con solamente Cuperlo e Sposetti riconosciuti ufficialmente come politici, Italianieuropei non rientra nello spazzacorrotti.

Cambiando area politica di riferimento, passiamo a Magna Carta che, proprio per com'è stata scritta la legge, rientra in una zona d'ombra. Tra i 17 membri del consiglio d'amministrazione troviamo 4 politici: due parlamentari (Gaetano Quagliariello e Claudia Porchietto), l'ex assessore al comune di L'Aquila Monica Petrella e l'ex assessore regionale della Basilicata Nicola Benedetto. Nel Cda troviamo anche Luigi Cavallari, che fino al 2017 è stato il tesoriere di Idea, il partito di Quagliariello, e Paolo Soccorso Dell’Erba coordinatore provinciale del partito a Foggia. Proprio per gli aspetti poco chiari della legge descritti in precedenza non è chiaro se possiamo classificare quest'ultimi come "politici", un problema non da poco perché rappresentano proprio la differenza numerica per non figurare come fondazione politica.

Passiamo ora alla realtà emergente della destra, il think tank di Francesco Giubilei Nazione Futura. Nel direttivo non sembrano esserci personalità classificabili, secondo la legge, come politici, escludendo di fatto la struttura dalla normativa. Un'assurdità considerando che sul proprio sito Nazione Futura si definisce così

Nazione Futura è un movimento di idee nato nella primavera del 2017 con l’obiettivo di favorire il dibattito politico-culturale e l’aggregazione di varie anime della società civile accomunate da valori e ideali comuni per migliorare l’Italia attraverso idee e proposte concrete. L’attività del think tank si struttura attraverso la pubblicazione di un trimestrale cartaceo di approfondimento politico, economico e culturale con cadenza trimestrale e un quotidiano online. Inoltre promuove l’organizzazione di convegni, presentazioni di libri collaborando con associazioni, centri studi, movimenti culturali in tutto il territorio nazionale.

Tra le altre cose a inizio febbraio 2020 Nazione Futura ha organizzato "National conservatism conference", un importante evento promosso dalla Edmund Burke Foundation. Una struttura quindi chiaramente politica, che si definisce think tank, che però non è tale per la legge.

I prossimi passi

Il tentativo di normare la materia è evidentemente fallito. Lo spazzacorrotti è intervenuto in maniera frettolosa e sbagliata in un campo complesso su cui si è fatta troppa poca riflessione. È stato un inizio che non deve in nessun modo soddisfare la classe politica. Le fondazioni e associazioni politiche in questo lavoro sono molto diverse tra loro. È giusto sottolinearlo nuovamente perché per portata economica, obiettivi e composizione le sfumature presenti nel censimento sono numerose.

La definizione da noi data non ha l'ambizione di essere la base per scrivere una legge. In quanto società civile abbiamo il solo obiettivo di far emergere le problematicità, e la complessità, della materia. Volendo analizzare il mondo delle fondazioni e associazioni politiche, Cogito ergo sum è diventato un modo per analizzare le dinamiche di potere in Italia. In questi capitoli abbiamo visto i limiti della legge, ma abbiamo soprattutto evidenziato il perché sia necessario intervenire meglio, e anche velocemente.

I nuovi casi stanno emergendo in continuazione. A fine 2019 Mara Carfagna ha presentato Siamo voce libera, associazione con un suo manifesto, che ha il chiaro obiettivo di inserirsi nelle dinamiche politiche del centrodestra nazionale. Per la campagne elettorale delle prossime elezioni regionali in Toscana il candidato del centrosinistra sinistra Eugenio Giani ha fondato l'Associazione Laboratorio Toscana, per raccogliere donazioni, organizzare incontri e fare attività formativa. Durante la seconda metà dello scorso anno Gianfranco Rotondi ha presentato la fondazione Democrazia Cristiana, luogo in cui rilanciare il movimento di centro e riaggregare consenso elettorale. Questi sono solo esempi, ma servono per capire da un lato quanto il racconto fatto fino ad ora sia attuale, dall'altro per evidenziare la sua continua evoluzione. Il parlamento deve nuovamente intervenire sulla materia, e soprattutto deve realmente dare alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici quesi poteri necessari per svolgere il proprio lavoro.

Foto credit: Palazzo Chigi - Licenza

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