Ripensare la gig economy, per un lavoro più giusto
1. Verso un’altra gig economy
di Mark Graham e Joe Shaw
Alan Turing Institute – University of Oxford
mark.graham@oii.ox.ac.uk | joe.shaw@oii.ox.ac.uk
A qualsiasi latitudine ci sono persone che si trovano ad affrontare un nuovo mondo del lavoro. Un sistema che distribuisce milioni di impieghi ma nessuna stabilità; dove datori di lavoro e lavoratori sono connessi ma potrebbero non incontrarsi mai; un sistema che offre libertà, ma senza sicurezza e controllo.
Cosa c’è davvero di nuovo? Nonostante l’automazione di massa, i miliardi di dollari degli investitori privati e le milioni di app per cellulare, il lavoro rimane lavoro: nessuno, infatti, sembra essere riuscito a rivoluzionare quella concezione secondo cui una persona ne paga un’altra per fare qualcosa. Semplicemente, in alcuni casi, gli strumenti del mestiere sono diventati digitali, probabilmente in maniera definitiva.
Nonostante questo, le nuove piattaforme del settore dicono, con una certa ambizione, di voler rivoluzionare le vecchie e travagliate relazioni tra datori di lavoro e lavoratori. Uber ha destabilizzato le (spesso malviste) agenzie di taxi del passato; grazie a TaskRabbit basta toccare uno schermo per assumere forza lavoro a basso costo in tutto il mondo; Deliveroo, infine, ha creato un esercito di ciclo-corrieri pronti ad affrontare freddo e pioggia per consegnare pasti a domicilio.
I loro opuscoli pubblicitari ci insegnano come queste aziende siano riuscite a risolvere gli aspetti scomodi dei rapporti lavorativi con astuzia e progettazione. Basta veramente scaricare una nuova app per eclissare i sindacati, la contrattazione collettiva e lo sfruttamento?
Gli autori di questo pamphlet sono persone che lavorano per o con le aziende della gig economy, e pensano che non sia così: siamo infatti ben lontani dalla fine dei problemi legati al lavoro. Nonostante la gig economy abbia creato nuovi settori e ne abbia trasformati altri le sfide politiche legate al lavoro non sono svanite: hanno semplicemente assunto una nuova forma.
Se lavori o hai lavorato per aziende come Uber, Deliveroo e TaskRabbit si tratta di cambiamenti che probabilmente conosci già. Per molti altri, certe dinamiche potrebbero non essere del tutto chiare. Potremmo non sapere che la nostra cena a domicilio sia stata consegnata da un ciclo-corriere sottopagato e sovraccaricato di lavoro; come potremmo non esserci accorti che i cocktail della festa in ufficio siano stati serviti da lavoratori part-time assunti tramite un’app o, ancora, ignorare che le recensioni che leggiamo online spesso vengano prodotte da “fabbriche cattura click” che impiegano eserciti di precari con paghe da fame e dislocati in tutto il mondo, che non sono mai stati nei posti di cui parlano né hanno comprato i prodotti che valutano. Basta un click, o il tocco su un’app, per mettere in moto queste catene di eventi.
Gli articoli di questo pamphlet vogliono portare alla luce queste nuove dinamiche del lavoro.
Lo sfruttamento dei lavoratori non è nuovo ma ora, grazie alle tecnologie digitali, può essere fatto in maniera innovativa.
Ad esempio, scavalcando le tutele che garantiscono ai lavoratori delle pause giuste, un salario minimo, o mansionari equi; trasferendo il rischio di impresa dagli imprenditori ai lavoratori, senza però trasferire il controllo sulla produzione e distribuzione dei prodotti; avvalendosi di algoritmi indecifrabili, che riprogrammano le routine lavorative per massimizzare il profitto di datori di lavoro che si trovano a migliaia di chilometri di distanza; creando una sovrabbondanza di forza lavoro globale che diminuisce il potere contrattuale dei lavoratori; o, infine, distribuendo i lavoratori in modi che non possano comunicare tra loro. Se da un lato la gig economy ha dato un lavoro ed un reddito a chi ne aveva bisogno, dall’altro ha promosso un sistema innovativo per sfruttare e alienare i lavoratori.
Noi pensiamo che non debba essere necessariamente così e, con questo pamphlet, non vogliamo solo raccontare il nuovo mondo del lavoro ma anche cambiarlo. Ci chiediamo in che modo il gig-work sia un lavoro nuovo; e, soprattutto, cosa possiamo e dobbiamo fare a riguardo. Gli articoli qui raccolti raccontano alcune delle lotte dei lavoratori della gig economy, ci mostrano come regolamentarla meglio, e offrono spunti d’iniziativa e di strategie che gli stessi lavoratori potrebbero adottare. A plasmare la storia del lavoro non saranno solo tecnologie e piattaforme digitali, o capitalisti e amministratori delegati della Silicon Valley; ma anche i lavoratori di tutto il mondo, trainati da desideri e speranze che permetteranno loro di trovare nuovi modi di cooperare per creare un mondo del lavoro più equo.
“Towards a Fairer Gig Economy” è un pamphlet dell’Oxford Internet Istitute.
Leggi.
Foto Credit: Irene Beltrame
Traduzione: Valentina Bazzarin, Federico Piovesan, Alberto Valz Gris