Foia, quali differenze tra le amministrazioni pubbliche Diritto di accesso

In questi mesi abbiamo spesso sottolineato come il diritto di accesso generalizzato abbia attecchito in modo diverso nei vari comparti della Pa. Approfondiamo con un confronto sistematico tra governo nazionale, enti territoriali, autorità e agenzie.

|

Appuntamento mensile con l’Osservatorio Foia di openpolis. Dall’evoluzione normativa della materia, alla sua applicazione nella giurisprudenza. Ma anche i dati del fenomeno, tra richieste e risposte, e il racconto di best practice: come sono stati utilizzati i dati per investigazioni di interesse pubblico. In collaborazione con Giulio Marotta.

Che cos’è il Foia

Durante lo scorso anno, la pandemia ha mostrato quanto le nostre società dipendano da dati e informazioni per prendere decisioni e garantire un dibattito pubblico consapevole. È così diventata evidente l’importanza dei dati e della loro diffusione. Solo un accesso libero a queste informazioni consente infatti ai cittadini di formarsi un’opinione autonoma e di poter valutare con consapevolezza le politiche pubbliche, in tutti i campi. In estrema sintesi, la circolazione di queste informazioni è la premessa per una società democratica funzionante.

È su questo principio che negli ultimi anni il diritto di accesso alle informazioni pubbliche si è affermato nei maggiori paesi del mondo occidentale, con forme e modalità diverse. Capofila di queste esperienze è stato il Freedom of information act statunitense, una legge che consente di richiedere alla pubblica amministrazione dati e informazioni in possesso dell’amministrazione ma non ancora rese pubbliche. Introdotta negli anni ’60, è stata successivamente adattata all’evoluzione tecnologica: è degli anni ’90 l’estensione ai documenti elettronici.

Il lungo percorso dell’Italia verso il diritto di accesso generalizzato ai dati della Pa.

L’Italia è arrivata solo di recente al concetto alla base del Foia, ovvero garantire a chiunque la possibilità di accedere alle informazioni in possesso della Pa senza dover dimostrare un interesse specifico che non sia quello di cittadino informato. Nei primi anni ’90 venne introdotto il diritto di accesso documentale (legge n. 241 del 1990), ma questo consente la richiesta solo a chi ha un “interesse concreto, attuale e diretto” rispetto al contenuto degli atti (ad esempio un’azienda che chiede di vedere la documentazione relativa alla gara d’appalto in cui ha partecipato). È invece del 2013 (art. 5 comma 1, decreto legislativo n. 33 del 2013) l’accesso civico semplice. Questo decreto legislativo ha stabilito una serie di informazioni che ogni Pa deve pubblicare tassativamente sul proprio sito (nella sezione amministrazione trasparente); l’accesso civico semplice consente al cittadino di richiedere il rispetto di questi obblighi di pubblicazione.

La svolta è avvenuta nel 2016, con l’introduzione del diritto di accesso generalizzato (meglio noto come Foia). Il decreto legislativo n. 97/2016 consente infatti a “chiunque” di richiedere alla pubblica amministrazione dati, documenti e informazioni già esistenti (ulteriori rispetto a quelli per i quali già vige un obbligo di pubblicazione), senza dover dimostrare l’esistenza di un interesse attuale e concreto né di motivare la propria richiesta.

Uno strumento recente che ha bisogno di attecchire

Si tratta di quindi di uno strumento totalmente nuovo per il nostro ordinamento, a cui come tale servirà del tempo per attecchire. Il perché è facile da comprendere. Una previsione del genere rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma per l’amministrazione pubblica italiana e, nello specifico, per gli uffici destinatari delle domande di Foia.

Il processo di adattamento, finora, non è stato infatti esente da contraddizioni. Nella pratica è emerso come siano ancora frequenti interpretazioni restrittive sulla portata dell’istituto, che si traducono in un depotenziamento rispetto a quanto previsto dalle norme. A questa tendenza ha sopperito la giurisprudenza amministrativa, che con una serie di sentenze – da noi raccolte e commentate in un manuale ad hoc, aggiornato mensilmente – ha ribadito le prerogative del richiedente, quelle dell’amministrazione, e chiarito meglio i contorni di quanto previsto dalle norme.

Le sentenze dei giudici amministrativi sono quindi il primo riferimento necessario per comprendere l’effettiva portata del Foia e la sua progressiva affermazione nel nostro ordinamento. Allo stesso tempo, però, le sentenze tendono a far emergere soprattutto i casi “patologici”, quelli in cui la relazione tra richiedente e amministrazione pubblica raggiunge una conflittualità tale da configurare un ricorso amministrativo.

Per questo motivo è importante anche analizzare le prassi seguite dalle amministrazioni. Sono queste a dirci in concreto come lo strumento normativo venga effettivamente interpretato e calato nella realtà quotidiana. Il punto di partenza è l’analisi dei registri degli accessi, ovvero i registri in cui ciascuna amministrazione elenca le richieste ricevute.

Quante amministrazioni pubblicano e aggiornano i registri degli accessi

Per comprendere come viene attuato il Foia dobbiamo capire quante richieste vengono processate, quante ricevono risposta positiva o negativa e soprattutto con quali tempi. La premessa per ricostruirlo è un registro degli accessi ben compilato e aggiornato, come raccomandato dalle linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione e da diverse circolari del ministro della Pa (2/2017 e 1/2019)

Quante più informazioni sono presenti nel registro, maggiore è la possibilità di capire come sta reagendo ogni amministrazione al nuovo istituto. Informazioni minime, ovviamente, sono quelle che indicano l’esito della richiesta, la data di presentazione e di risposta. Nei casi più virtuosi sono inseriti anche dati ulteriori, come la tipologia di richiedente (per capire se il Foia arriva da un cittadino, un giornalista, un’associazione etc.)  e l’esito delle richieste di riesame o dei ricorsi al giudice amministrativo.

Considerando il governo nazionale e gli enti territoriali, le agenzie e le autorità indipendenti, in media oltre 8 amministrazioni su 10 pubblicano un proprio registro. Con delle eccezioni: la pubblicazione è più frequente nel governo nazionale e nelle regioni e meno ricorrente negli enti locali e negli altri comparti esaminati.

Ai fini dell’analisi sono stati presi in considerazione:

  • le regioni e le 2 province autonome;
  • i 21 comuni capoluogo di regione o provincia autonoma;
  • i ministeri (compresa la presidenza del consiglio);
  • le agenzie nazionali;
  • le autorità garanti o indipendenti.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 25 Febbraio 2021)

A livello di ministeri e presidenza del consiglio, il Miur non ha ancora pubblicato il registro, mentre quello del ministero dell'interno risulta tuttora in costruzione. Tra le amministrazioni regionali l'unica a non aver ancora pubblicato è il Molise, mentre tra i 20 comuni capoluogo di regione non lo pubblicano Trento, Bolzano e Palermo.

69,2% delle autorità indipendenti pubblicano il proprio registro degli accessi. È il dato più basso tra le amministrazioni considerate.

Le 3 agenzie per cui il registro non è reperibile nella sezione "amministrazione trasparente" sono quella per la cooperazione, quella per le erogazioni in agricoltura (Agea) e l'agenzia nazionale turismo (Ait). Quest'ultima pubblica il registro per l’accesso documentale (previsto dalla legge 241 del 1990) ma non quello per gli accessi Foia. Sono 4 le autorità garanti che non hanno istituito il registro. Si tratta di si tratta degli istituti di vigilanza sui fondi pensione (Covip) e sulle assicurazioni (Ivass) e dei garanti per l’infanzia e per la privacy.

I formati di pubblicazione

Un altro aspetto essenziale è dato dai formati di pubblicazione dei registri degli accessi. Se le informazioni sono pubblicate in open data, con formati aperti, sono più facili da consultare e analizzare. E solo questo rende possibile valutare in modo sistematico la concreta attuazione del Foia.

Le regioni italiane, che come abbiamo visto sono il comparto della Pa che più spesso si è dotato di un registro degli accessi, prevalgono anche nella pubblicazione in formati tabellari, come xls, ods e csv. In 13 casi rilasciano i dati in un formato già pensato per un riutilizzo. Solo 6 regioni, meno del 30% del totale, pubblicano i dati esclusivamente in pdf. Anche tra i ministeri questa consapevolezza è abbastanza diffusa, la metà pubblica i dati in xls o ods.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 25 Febbraio 2021)

 

Per tutti gli altri enti invece invece è molto più frequente la pubblicazione in pdf, un formato spesso non agevole da riportare in open data. Tra i comuni capoluogo sfiora il 48% delle amministrazioni, il 46% tra le autorità indipendenti. Mentre è più contenuto tra le agenzie nazionali (39%).

Quante richieste arrivano alle diverse amministrazioni

Preso atto che ancora tante amministrazioni non pubblicano il registro (13 tra quelle considerate) e ancora di più sono quelle che lo fanno in formati non elaborabili, per tutte le altre possiamo iniziare a verificare alcuni dati.

In primo luogo: qual è la mole di richieste Foia ricevute nel triennio 2017-19? Sono quasi 7.000 le richieste arrivate alle amministrazioni prese in esame. Sono arrivate poco meno di duemila richieste ciascuno a ministeri, regioni e ai comuni considerati (un campione composto dalle città maggiori che pubblicano i dati, ovvero Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze, Bari).

Il dato somma tutte le richieste Foia arrivate nel triennio 2017-19 a:

  • presidenza del consiglio e ministeri (con l’eccezione di Miur e ministero dell’interno per cui il registro non è disponibile);
  • regioni e province autonome, con le seguenti eccezioni: Molise (non pubblica il registro); Piemonte e Lazio (comprende i dati 2017-18); Emilia Romagna, P.a. di Trento e Calabria (comprende solo 2019); Liguria (solo dati 2018); Sardegna (solo dati 2017);
  • città campione: Roma, Milano, Napoli (2017-18), Torino, Firenze, Bari;
  • autorità garanti: Anac, Antitrust, Anvur, Banca d’Italia, Consob, Agcom, Trasporti;
  • agenzie nazionali: Entrate, Dogane, Beni conf. (2018-19), Italia digitale e Coesione territ.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 25 Febbraio 2021)

È più forte la richiesta di accountability verso i soggetti con un vertice elettivo o politico.

Pur con tutte le cautele (come descritto in nota i dati non sono disponibili per tutte le amministrazioni allo stesso modo, e anche quelle che pubblicano il registro non sempre pubblicano tutti gli anni) emerge una tendenza molto interessante. I soggetti principali delle richieste, anche prevedibilmente, sono le istituzioni con un ruolo più politico: il governo nazionale, con tutti i suoi ministeri e i tanti ambiti di attività svolti, ha certamente un ruolo predominante. E per questo è l'istituzione (o meglio, l'insieme di istituzioni) cui i cittadini rivolgono più spesso le proprie richieste di accesso generalizzato a dati e documenti della Pa.

27% delle richieste Foia censite sono arrivate ad un ministero o alla presidenza del consiglio.

Nel governo nazionale, è la presidenza del consiglio del consiglio a ricevere più Foia: 574 nell'intero periodo. Il secondo è il ministero dei beni culturali, con 229 richieste, seguito dallo sviluppo economico (221) e dalla difesa (202). Tutti gli altri ministeri per cui il dato è disponibile hanno ricevuto meno di 200 richieste Foia ciascuno.

Tra le città, sono soprattutto le più grandi a ricevere richieste Foia.

Lo strumento è di largo uso anche verso regioni e province autonome, con 1.810 richieste nel triennio. La Campania è la prima destinataria (414 richieste), seguita da Lombardia (229) e Piemonte (157 domande solo nel periodo tra 2017 e 2018). Il dato sulle 6 città maggiori, con 1.780 Foia totali, segnala come il comune resti ancora il primo punto di riferimento per il cittadino nell'interlocuzione con la Pa. Con profonde differenze interne però, che indicano che lo strumento Foia è attecchito in modo diverso nel paese. Roma, con 992 domande nel triennio, spicca come il comune più spesso destinatario di richieste Foia. Una attenzione che è cresciuta enormemente soprattutto nell'ultimo periodo.

+95,7% la crescita di richieste al comune di Roma tra 2018 e 2019.

Anche la seconda e la terza città italiana, Milano e Napoli, con rispettivamente 394 e 193 richieste, risultano spesso destinatari di Foia. Al contrario, Bari ha ricevuto solo 10 richieste nel triennio. Indice che lo strumento non ha ancora attecchito in modo omogeneo sul territorio nazionale.

Tra i soggetti amministrativi le richieste si concentrano su pochi enti, come l'agenzia dell'entrate.

Appare infine inferiore, ma comunque significativo, il ricorso al Foia verso enti puramente amministrativi, come le agenzie nazionali. Queste, che costituiscono il braccio operativo della Pa, hanno ricevuto 1.207 richieste. In massima parte indirizzate all'agenzia dell'entrate (615) e a quella delle dogane (540). Numeri che, presi singolarmente, superano quelli dei ministeri e delle regioni. Residuale il ricorso verso altre agenzie: 33 richieste all'agenzia dei beni confiscati alla criminalità organizzata, 17 a quella per l'Italia digitale, solo una a quella per la coesione territoriale. Numeri residuali per le autorità indipendenti: Anac è la più esposta (61 richieste nel triennio), seguita dall'Agcm (garante concorrenza e mercato, con 37 domande), dall'Anvur (valutazione del sistema universitario, 33) e dalla Banca d'Italia (30).

Gli esiti delle richieste

Prendendo in esame i 4 comparti della Pa che ricevono più Foia, ovvero governo, regioni, comuni e agenzie, come sono andate le domande?

L'esito prevalente è positivo: in 2/3 dei casi la richiesta viene accolta pienamente, con un rilascio di tutte le informazioni richieste. A queste si aggiunge un ulteriore 12,7% di accoglimenti parziali. Si tratta di Foia che hanno come esito il rilascio di una parte di dati e documenti e un rifiuto su altri. I dinieghi completi rappresentano un altro 13% dei casi.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 25 Febbraio 2021)

Quasi una richiesta su 10 segue un percorso ancora diverso, che abbiamo classificato alla voce "altro". Si tratta soprattutto dei casi in cui il cittadino ha scritto all'amministrazione sbagliata, e questa la reindirizza verso un'altra (molto frequente a livello ministeriale). Oppure di richieste formulate come Foia che in realtà sono accessi documentali, e come tali saranno trattati dall'amministrazione (un caso questo ricorrente nelle domande rivolte alle agenzie, e in particolare a quella delle entrate).

86% delle richieste rivolte a comuni e regioni vengono accolte totalmente.

Da segnalare che i 2 livelli più vicini al cittadino, quelli il cui vertice è espressione di un diretto mandato elettivo, sono anche quelli che danno più spesso risposte positive. L'85,3% delle richieste Foia rivolte alle regioni è stato accolto pienamente, e un ulteriore 3,8% parzialmente. Tra le città campione, la quota sale rispettivamente all'86,5% e al 4,7%.

A livello governativo, la quota di richieste totalmente accolte scende al 51,3%, dato che però sale al 64% se si escludono quelle reindirizzate o riqualificate. Tra le agenzie nazionali, viene accolto completamente solo il 20% dei Foia; qui è maggioritaria la percentuale dei parzialmente accolti (quasi 1 richiesta su 2, il 47%).

 

I tempi di risposta

Ultimo aspetto fondamentale sono i tempi di risposta garantiti dall'amministrazione. Il primo riferimento da tenere presente è la norma che ha introdotto il Foia nel nostro paese (ovvero il decreto legislativo 97/2016). Questo prescrive una scadenza di 30 giorni alle amministrazioni interpellate, salvo termini più ampi in caso di presenza di controinteressati e di parere del garante della privacy.

Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati. In caso di accoglimento, l'amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti (...)

In media, tutte le amministrazioni che hanno ricevuto più Foia tendono a rispettare tali scadenze. Nessuna, sempre stando ai dati medi, supera i 30 giorni. A livello ministeriale, servono circa 25 giorni (un dato in sensibile crescita rispetto ai 23 del 2018). Le regioni vedono invece un miglioramento, passando dai 27,2 giorni del 2018 ai 22,6 del 2019. Le città campione, nel periodo considerato, sono rimaste stabili su poco meno di 25 giorni. Con 19,5 giorni nel 2018 e 16,1 nel 2019, le agenzie sono l'unico comparto a stare al di sotto dei 20 giorni.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 25 Febbraio 2021)

Ovviamente si tratta di medie che si prestano a una forte variabilità. Tra le regioni ad esempio, nel 2019, si va dai 46 giorni medi della Basilicata ai meno di 20 di Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Liguria, Campania, Valle d'Aosta e Calabria. E anche lo stesso dato medio lucano del 2019 è innalzato da una sola richiesta sulle 12 ricevute in quell'anno.

Considerazioni finali

Sintetizzando, l'analisi fa emergere alcune tendenze. Regioni e ministeri sono le istituzioni che pubblicano più spesso i registri degli accessi, la premessa per poter svolgere analisi sul Foia. Enti amministrativi, come agenzie e autorità, sembrano essere meno sollecite su questa raccomandazione di Anac e del ministro della Pa.

Anche tra chi pubblica, comunque, restano forti differenze nei formati e nelle informazioni oggetto di pubblicazione. In questo senso, sarebbe opportuno un adeguamento delle amministrazioni alla circolare n. 1/2019 del ministro Bongiorno, che definisce uno standard comune per quanto riguarda sia i dati da pubblicare che il supporto informatico. In modo da consentire un monitoraggio efficace e costante.

Finché non sarà adottato uno standard comune, l'analisi dell'impatto del Foia sul nostro ordinamento non potrà che essere parziale. Ma i dati elaborati suggeriscono alcune tendenze. Primo, si tratta di uno strumento di grande potenzialità già molto utilizzato per ministeri e regioni, oltre ad alcune città maggiori e per alcune agenzie fiscali (su tutte quelle di entrate e dogane). Secondo, l'esito è più favorevole nei livelli di governo più vicini al cittadino, regioni e comuni. Mentre sono più frequenti rigetti e accoglimenti parziali tra i ministeri e le agenzie. Terzo, i tempi di risposta sono fortemente variabili, ma complessivamente la Pa italiana mostra di riuscire a stare entro i 30 giorni prescritti dalla legge.

Tutti questi dati fanno riferimento ad una fase precedente a quella che stiamo vivendo, non ancora segnata dall'emergenza Covid. Un dramma che ha anche aumentato la consapevolezza sull'importanza dei dati nei processi decisionali. Sarà interessante capire, nelle analisi dei prossimi mesi, se questa consapevolezza si sarà tradotta in un maggior ricorso al Foia.

Foto credit: PxHere - Licenza

PROSSIMO POST