Gig economy, viaggio in Italia Lavoro digitale
Le piattaforme online hanno un ruolo sempre maggiore nell’organizzare il lavoro. Cerchiamo di capire come attraverso contributi internazionali e interviste ai riders delle nostre città.
giovedì 22 Marzo 2018 | Cultura del dato
Disintermediare, significa eliminare gli intermediari.
Coincide con l’idea di assegnare alla tecnologia la promessa di liberarci dalle tante schiavitù – e relativi costi – che gli intermediari impongono alle relazioni economiche e sociali. Ereditato dalla finanza anni ’70 – fare a meno della banca per gestire direttamente il risparmio – il sogno della disintermediazione si è tradotto in mille realizzazioni diverse, grazie alla diffusione di internet.
Se ci si pensa buona parte delle “innovazioni” rivoluzionarie della Silicon Valley – le cosiddette “disruption”, altra parola feticcio – hanno al cuore l’eliminazione degli intermediari tradizionali per fare incontrare direttamente produzione e consumo, venditori e acquirenti. Con vantaggio reciproco: più profitto per chi vende e risparmio per chi compra. Libri, musica, film, pubblicità, aste, viaggi, camere in affitto, taxi… Per poi inevitabilmente arrivare al lavoro. Piattaforme che usano le tecnologie digitali per mettere in relazione chi offre lavoro con chi lo cerca. Soltanto che il lavoro disintermediato si è scoperto essere un lavoretto, non più svolto da dipendenti ma da falsi imprenditori autonomi. Una volta tolti di mezzo gli intermediari novecenteschi – con tutti i loro problemi, ma anche con le loro garanzie – a regolare i tempi, i costi e i modi del lavoro è rimasta la piattaforma – cioè i suoi proprietari – con i relativi algoritmi, che non prevedono trattative o vertenze.
Non era la fine dell’intermediazione? Tanta innovazione tecnologica soltanto per tornare al vecchio cottimo?
E’ arrivato il tempo di capire meglio cosa sta accadendo, cosa significa concretamente lavoro digitale, economia delle piattaforme e gig economy. A noi piace farlo portando in Italia le riflessioni e i contributi raccolti nel libretto “Towards a Fairer Gig Economy” di cui apprezziamo sopratutto lo sforzo di superare l’esistente, di cercare le alternative ad un meccanismo che prometteva liberazione e ha perlopiù prodotto sfruttamento. La traduzione di questo libretto è soprattutto occasione per raccogliere testimonianze, proposte, analisi e dati nel nostro campo, sulla situazione in Italia.
“Towards a Fairer Gig Economy” è un pamphlet dell’Oxford Internet Istitute.
Leggi.
Dedichiamo al tema uno dei nostri esercizi che proponiamo come un viaggio a tappe in cui si alternano ogni settimana gli articoli del libretto con le interviste ai riders delle nostre città (i ciclo-corrieri). Con il racconto di chi tenta di organizzare nuove forme di lotta e si batte per nuove regole, di chi sta già praticando usi diversi delle tecnologie o nuove possibili mediazioni che possano rappresentare un progresso per le persone che lavorano prima che per i padroni delle tecnologie.
"Ripensare la gig economy, per un lavoro più giusto"
Un viaggio che openpolis fa insieme a Valentina Bazzarin, Federico Piovesan, Alberto Valz Gris che ci hanno aiutato nella traduzione dei testi e nella raccolta di interviste e testimonianze. Per proporre contributi o a segnalare esperienze scriveteci a associazione@openpolis.it
Foto credit: Valentina Bazzarin