Gli incendi aggravano il rischio idrogeologico Ambiente
Un effetto poco conosciuto degli incendi è l’indebolimento del suolo che causa una maggiore vulnerabilità ai fenomeni di dissesto idrogeologico. Un circolo vizioso per un paese quale l’Italia, esposto a entrambi.
venerdì 22 Settembre 2023 | Ecologia e innovazione
- In Italia nei primi 9 mesi del 2023 sono bruciati circa 72mila ettari, +38% rispetto alla media del 2006-2022.
- Tra le numerose conseguenze negative, c'è l'indebolimento del suolo, che aumenta l'esposizione al rischio idrogeologico.
- Circa 16mila kmq di terreno italiano sono a elevato rischio idraulico e più di 26mila sono a elevato rischio franoso.
- La Sicilia è una delle regioni italiane con più incendi e frane.
Sono numerose le conseguenze negative degli incendi boschivi: dalla distruzione degli ecosistemi all’inquinamento atmosferico passando per la perdita di aree verdi. Un altro effetto, spesso trascurato, è l’incremento del rischio idrogeologico. Gli incendi rendono infatti il terreno più fragile ed esposto ai disastri naturali. Oltre a generare detriti che possono poi essere trasportati dalle piogge e andare a danneggiare altri ecosistemi.
Si tratta di dinamiche particolarmente rilevanti nel nostro paese, che risulta fortemente esposto sia agli incendi che al rischio idrogeologico. Sono tuttavia relazioni difficili da riscontrare solamente dai dati, visto che sono fenomeni di lungo termine e che comunque vanno interpretati anche alla luce della morfologia dei vari territori.
Incendi, un fenomeno in costante aumento
Gli incendi boschivi colpiscono aree molto estese, avendo luogo in zone boscate, cespugliate o arborate. Si tratta purtroppo di fenomeni sempre più frequenti, soprattutto a causa dei cambiamenti climatici. In particolare l’aumento delle temperature e della siccità, insieme all’incrementata vulnerabilità del terreno, fanno sì che il numero di episodi e la loro portata sia sempre più preoccupante. Secondo l’organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), gli incendi boschivi sono destinati ad aumentare del 30% entro il 2050 e fino al 50% entro il 2100, a livello globale.
Stando all’ultimo aggiornamento dello European fire information system (Effis), relativo al 16 settembre, nel corso del 2023 sono bruciati cumulativamente quasi 72mila ettari di terreno in Italia. Circa 20mila ettari in più rispetto alla media del periodo 2006-2022 (pari a un aumento del 38%).
71.630 ettari il terreno bruciato in Italia tra il primo gennaio e il 16 settembre 2023.
Anche nel territorio dell’Unione europea nel suo complesso si può riscontrare un andamento simile. Nei primi 9 mesi e mezzo di quest’anno sono bruciati oltre 420mila ettari, ovvero il 36,6% in più rispetto alla media del periodo compreso tra 2006 e 2022 (pari a circa 307mila).
Le conseguenze degli incendi e l’impatto sul dissesto idrogeologico
Questi episodi, sempre più frequenti e sempre più gravi, hanno conseguenze rilevanti sull’ambiente. In primo luogo c’è, inevitabilmente, il pericolo di vita che ne deriva per chi è coinvolto e la distruzione di abitazioni e infrastrutture.
A ciò si aggiunge il fatto che gli incendi inquinano, rilasciando gas a effetto serra e generando così un circolo vizioso mediato dal riscaldamento dell’atmosfera. Parte integrante di questo processo è anche la stessa scomparsa di verde, che sarebbe capace di riassorbire buona parte delle sostanze inquinanti e rinfrescare l’aria. Inoltre, gli incendi danneggiano gli ecosistemi e indeboliscono i terreni, con le più varie conseguenze. La vulnerabilità espone gli ambienti alla diffusione di parassiti e patogeni, come anche al rischio idrogeologico, come è emerso in una serie di ricerche in ambito ambientale e come ha evidenziato anche la protezione civile.
Il comportamento dei versanti cambia drasticamente quando la copertura vegetale viene devastata dagli incendi che, provocando la distruzione della vegetazione, determinano la formazione di uno strato di cenere finissima che rende momentaneamente impermeabile la superficie del suolo in occasione di violente piogge; ciò provoca, in concomitanza con eventi piovosi intensi, tipici di questo periodo di transizione climatica, lo scorrimento superficiale delle acque piovane e l’innesco di fenomeni erosivi che modificano le condizioni di stabilità.
Gli incendi impermeabilizzano il suolo e lo rendono più fragile.
Il divampare delle fiamme causa una impermeabilizzazione del suolo, generando un sottile strato di cenere che impedisce al terreno di assorbire l’acqua piovana. Quest’ultima quindi scorre, creando flussi spesso diretti verso le aree abitate situate a valle delle zone percorse da incendi. Ciò è reso ancora più dannoso dal fatto che i nubifragi, come gli altri eventi climatici estremi, sono in aumento. Inoltre, i detriti risultanti dall’incendio stesso vengono trasportati nella forma di vere e proprie colate detritiche che danneggiano le zone sottostanti. Infine, gli incendi distruggono le radici degli alberi, che contribuiscono alla stabilità del suolo, e così alterano l’equilibrio naturale del terreno creando una maggiore vulnerabilità a fronte di eventi franosi. Da una parte quindi rendono la zona più esposta agli effetti negativi delle alluvioni, dall’altra favoriscono il proliferare di frane.
L’Italia è fortemente esposta al rischio idrogeologico
Per via della sua conformazione e morfologia, l’Italia è già naturalmente un paese fortemente esposto sia agli incendi che agli episodi di dissesto idrogeologico.
Mediamente ogni anno bruciano nel nostro paese oltre 54mila ettari di terreno (secondo le rilevazioni Effis), la maggior parte nel meridione. Inoltre, più di 16mila chilometri quadrati di suolo sono a elevato rischio idraulico (il terzo scenario di pericolo individuato dall’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Mentre una cifra superiore a 26mila sono a elevato rischio franoso (scenari terzo e quarto).
Il rischio idrogeologico in Italia
La quota di terreno a rischio idraulico e franoso nelle regioni italiane (2020)
I dati si riferiscono alla quota di territorio che risulta esposta a rischio idraulico elevato (scenario 3) e a rischio franoso elevato e molto elevato (livelli 3 e 4), nelle regioni italiane.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(consultati: mercoledì 20 Settembre 2023)
Il territorio italiano nel complesso è maggiormente esposto ai fenomeni franosi (8,7% del totale) rispetto a quelli idraulici (5,4%). Nel primo caso la regione più colpita è la Valle d’Aosta, dove circa l’82% del terreno è a rischio. Seguono a distanza la Campania (19%), la Toscana e il Molise (entrambe con il 16%).
Per quanto riguarda invece le alluvioni, al primo posto si trova la Calabria con il 17% del territorio a rischio, seguita da Emilia-Romagna (12%) e Veneto (10%).
La Sicilia, un territorio a rischio
Le regioni italiane hanno morfologie e collocazioni geografiche differenti, che le rendono naturalmente più o meno esposte agli incendi. La Sicilia è una delle più vulnerabili in questo senso. L’isola perde ogni anno migliaia di ettari di verde a causa dei numerosi incendi che la colpiscono e a fine luglio scorso ha dichiarato per questa ragione lo stato di crisi.
978 gli incendi che hanno colpito la Sicilia nel 2021.
Si tratta dell’ultimo anno per cui sono disponibili i dati relativi sia agli incendi che agli episodi franosi. Oltre a essere la più colpita da incendi (insieme alla Sardegna) con l’87% di terreno di tipo montano-collinare la Sicilia è anche la regione che ha registrato più frane di grandi dimensioni nel 2021. È preceduta soltanto dalla Lombardia e dal Trentino-Alto Adige. Questo la rende un caso emblematico e preoccupante, perché doppiamente a rischio ed esposta per questo a un circolo vizioso dagli effetti ancora più nocivi.
Incendi boschivi e frane nelle province siciliane
Numero di incendi e numero di eventi franosi principali in Sicilia (2021)
I dati si riferiscono al numero di incendi boschivi (che colora le province) e al numero di eventi franosi principali (segnalati dai punti). Sono definiti eventi franosi principali quelli che hanno causato morti/dispersi, feriti, evacuati e danni a edifici, beni culturali, infrastrutture lineari di comunicazione primarie e infrastrutture/reti di servizi. Un evento franoso principale può riferirsi anche a più frane innescatesi in una determinata area, in un determinato intervallo di tempo (generalmente nelle 24 ore) e causate dallo stesso fattore innescante (evento pluviometrico, terremoto).
FONTE: elaborazione su dati Ispra e carabinieri
(consultati: mercoledì 20 Settembre 2023)
Agrigento, Catania e Palermo sono le prime province per numero di incendi (rispettivamente 294, 199 e 198 episodi). Per quanto riguarda gli eventi franosi, i dati più elevati si registrano invece a Messina (8). A cui seguono, nuovamente, Agrigento e Palermo, rispettivamente con 5 e 3 episodi. Anche a livello provinciale si può quindi rilevare quanto detto per l’isola nel suo complesso. Un numero elevato di incendi e anche un numero elevato di frane, che rischiano nel tempo di condizionarsi ulteriormente a vicenda e mettere così la regione ancora più in pericolo da un punto di vista ambientale. Soprattutto nel caso di Agrigento, che nel 2021 ha registrato 294 incendi e 5 grandi frane.
Si può dunque intravedere una relazione tra queste due dimensioni, anche se è importante sottolineare che l’impatto degli incendi sul suolo è un fenomeno lento e difficile da rilevare. Parallelamente sono da considerare tanti altri fattori, come la morfologia del luogo o il suo clima. Analizzare queste due variabili insieme può dare però un importante contributo e aumentare la consapevolezza dell’interazione tra fenomeni a livello climatico e ambientale, sensibilizzando il dibattito.
Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con lo European Data Journalism Network nell’ambito del progetto FIRE-RES cofinanziato dall’Unione europea.
Foto: Malachi Brooks – licenza