I congedi parentali a sostegno della genitorialità #conibambini
Nonostante alcuni segnali di miglioramento, una genitorialità paritaria appare ancora lontana. Quasi l’80% delle richieste di congedo parentale arriva dalle madri. Sintomo di carichi di cura familiare ancora molto sbilanciati nel nostro paese.
martedì 14 Marzo 2023 | Povertà educativa
- 80% l'indennità prevista per i congedi parentali con l'ultima legge di bilancio, per un massimo di un mese nei primi 6 anni di età del minore.
- Nel confronto Ue è molto più frequente che siano le madri, e non i padri, a mettere in pausa il lavoro per accudire i figli.
- I richiedenti del congedo parentale sono uomini solo in 1 caso su 5.
- Nel 2022 vi sono stati diversi interventi sul sistema dei congedi a supporto della genitorialità.
- Nei prossimi mesi sarà cruciale monitorare l'impatto di queste modifiche in termini di supporto alla genitorialità.
Negli ultimi mesi, gli strumenti di supporto alla genitorialità sono stati oggetto di diverse modifiche normative.
Con l’ultima legge di bilancio sono stati introdotti alcuni incentivi ai congedi parentali. Nei primi 6 anni di vita del minore, per un massimo di un mese, l’indennità prevista è stata estesa dal 30 all’80% della retribuzione. Si tratta solo dell’ultima modifica intervenuta l’anno scorso sul sistema dei congedi a supporto della genitorialità.
Pochi mesi prima, a giugno, un decreto legislativo aveva introdotto ulteriori novità, in seguito all’approvazione di una direttiva europea sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare dei genitori.
Il ruolo dei congedi in questa prospettiva è fondamentale, specialmente in un paese dove il calo delle nascite è stato così importante negli ultimi anni.
Allo stesso tempo, non va ignorato come molti di questi strumenti continuino ad essere utilizzati in prevalenza dalle donne. Sintomo di carichi di cura familiare ancora molto sbilanciati nel nostro paese.
Genitorialità paritaria ancora lontana
Nel confronto europeo, è molto più frequente che siano le madri, e non i padri, a mettere in pausa il lavoro per poter accudire i figli.
Nel 2018, prima dell’emergenza Covid, i dati Eurostat mostravano come fosse donna il 91% di chi aveva interrotto il lavoro per accudire i bambini. Con una quota addirittura superiore alla media in 16 paesi Ue, tra cui l’Italia, al nono posto su 27 con il 95,9%.
In Svezia quasi il 40% di chi interrompe il lavoro per la cura dei minori è uomo
Percentuale di donne sul totale delle persone che hanno interrotto (2018)
I dati si riferiscono alla rilevazione Eurostat sulla conciliazione tra lavoro e vita familiare.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: venerdì 4 Febbraio 2022)
Oltre 30 punti più della Svezia (61,8%), unico stato Ue dove le interruzioni del lavoro per accudire i bambini non riguardano le donne in oltre 3 casi su 4. Da notare come le quote più basse si registrino nei paesi scandinavi e del nord Europa. Oltre alla Svezia, Finlandia e Danimarca. Ma si collocano sotto la media Ue anche paesi mediterranei come Portogallo (84,1%) e Spagna (87,1%).
Lo strumento che consente di interrompere il lavoro è solitamente una combinazione di congedi parentali, di paternità e di maternità (44,2% dei casi, 48,4% per le sole donne in Ue). Seguono i soli congedi di maternità o paternità, in circa il 30% dei casi e i soli congedi parentali (1 interruzione su 10).
13,5% le donne italiane che hanno interrotto il lavoro per la cura dei minori senza alcun congedo (media Ue: 9,9%).
Nel 2018, tra le donne italiane che si sono astenute dal lavoro per la cura dei minori, il 13,5% lo ha fatto in assenza di congedi familiari. Tra gli uomini la quota sale al 38,3%.
Più delle rispettive medie Ue del 2018 (9,9% tra le donne, 19,7% tra gli uomini). Possibile segnale che gli strumenti previsti a quella data – prima cioè delle modifiche normative degli ultimi anni – non riuscissero a coprire l’intero fabbisogno.
I congedi parentali in Italia, prima e dopo il Covid
Ciò rende utile un approfondimento sulle richieste di congedo parentale, distinto per genere, dal momento che si tratta di un sostegno che sono i genitori a stabilire come ripartire tra loro. Con una sostanziale differenza rispetto ai congedi di paternità e maternità, obbligatori al netto di alcune eccezioni.
Nel 2017, gli uomini costituivano il 18,8% dei beneficiari dei congedi parentali tra i lavoratori dipendenti del privato. Negli anni successivi, la percentuale è cresciuta fino a superare il 20%. Il picco è stato raggiunto nel primo anno di emergenza Covid (22,3%), per poi riassestarsi sul 20,9% nel 2021.
Nel 2020 raggiunto il picco di richieste maschili per il congedo parentale
Percentuale di beneficiari del congedo parentale per genere tra i lavoratori dipendenti del settore privato (2017-21)
I dati relativi al 2021 sono provvisori. Le ultime 2 annualità (2020 e 2021) includono anche i congedi parentali per il Covid-19 (beneficiari di congedo Covid previsti da dl 18/2020, dl 34/2020, dl 104/2020 e successive modificazioni, dl 149/2020, dl30/2021, dl 146/2021).
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Inps
(ultimo aggiornamento: martedì 28 Giugno 2022)
La tendenza degli ultimi due anni, in particolare nel 2020, sconta l’effetto dei congedi parentali legati all’emergenza Coronavirus. Lungo l’intero arco temporale si registra un moderato trend di crescita. Tuttavia lo strumento resta ancora in massima parte utilizzato dalle donne, indice che nei nuclei familiari le attività di cura dei figli sono lontane dall’equilibrio tra padri e madri.
Le novità degli ultimi mesi sul sistema dei congedi
Monitorare l’andamento di questi indicatori nei prossimi anni sarà cruciale, alla luce delle nuove modifiche normative. Anche su impulso delle istituzioni europee, il sistema dei congedi a supporto della genitorialità ha attraversato diverse revisioni nel corso del 2022.
A giugno il decreto legislativo 105/2022, in attuazione di una specifica direttiva Ue, ha confermato come strutturale il congedo di paternità obbligatorio. Introducendo nell’ordinamento (Dlgs 151/2001) il nuovo articolo 27 bis, che estende la possibilità di usufruirne anche nei due mesi precedenti il parto (e non più solo nei 5 mesi successivi).
Il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio.
Tra gli altri aspetti, il decreto 105 è intervenuto anche sui congedi parentali. Parliamo della possibilità di astenersi dal lavoro per 10 mesi (complessivi tra i 2 genitori) nei primi 12 anni di vita del bambino. Una durata già estensibile a 11 mesi nel caso sia il padre ad astenersi per almeno 3 mesi.
Con una serie di modifiche al testo unico in materia, lo strumento è stato ampliato su alcuni aspetti. L’età della bambina o del bambino entro cui il congedo è indennizzabile è stata aumentata da 6 a 12 anni. È inoltre cresciuta, da 6 a 9 mesi, la durata del congedo indennizzabile dall’Inps al 30% della retribuzione.
L’ultima legge di bilancio è nuovamente intervenuta su questo aspetto. Stabilendo che, per la durata massima di un mese di congedo e fino ai 6 anni di età del minore, l’indennità sia aumentata dal 30% all’80% della retribuzione.
L’importanza di estendere gli strumenti a supporto della genitorialità
I dati disponibili ancora non consentono di valutare l’efficacia delle recenti modifiche normative nel ricorso a questi strumenti. Per molto tempo sono stati rivolti esclusivamente alle donne, nella vecchia concezione che la cura dei figli spettasse principalmente – se non, di fatto, esclusivamente – alle madri.
Una visione non solo ingiusta ma che ha anche numerose conseguenze negative. Economiche, dal momento che l’Italia resta uno dei paesi con la minore occupazione femminile tra le madri e tra le donne in generale. Sociali, per la rinuncia del contributo femminile allo sviluppo del paese e l’impatto sul rischio povertà delle famiglie. Demografiche, per l’influenza del fenomeno su una natalità già declinante.
Negli ultimi anni, l’iniziativa – a livello nazionale ed europeo – va nella direzione di incentivare una maggiore parità nel ricorso a questi strumenti. Per promuovere una migliore distribuzione dei carichi familiari, una genitorialità paritaria e – in una certa misura – anche la stessa possibilità di vivere pienamente la paternità.
Obiettivi che riguardano la vita quotidiana delle famiglie, ma anche le possibilità di sviluppo del nostro paese nei prossimi decenni.
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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati utilizzati sull’interruzione dal lavoro per congedo o altro motivo nel confronto europeo sono di fonte Eurostat, quelli sull’andamento per l’Italia sono di fonte Inps.
Foto: Alfonso Scarpa – Licenza