I giovani a rischio Numeri alla mano
giovedì 7 Ottobre 2021 | Povertà educativa
I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Leggi il report dell’osservatorio povertà educativa #conibambini “Giovani a rischio“.
4 milioni
i minori adolescenti e preadolescenti in Italia. L’adolescenza rappresenta una transizione tra infanzia ed età adulta che non è mai del tutto lineare e si configura un work in progress non esente da aspetti critici o traumatici. Per questa ragione, in una certa misura, aspirazioni e frustrazioni, aspettative e ansie, irrequietezza e delusioni sono tutti stati d’animo connaturati alle fasi dello sviluppo. Allo stesso tempo, per una serie di ragioni diverse, questa forma naturale di disagio può sfociare in una minoranza di casi in comportamenti antisociali, pericolosi per sé o per gli altri. Ne sono esempi gli atti di bullismo verso i coetanei, l’adozione di comportamenti a rischio, fino all’ingresso nella criminalità minorile. Vai alla mappa.
30.000
circa le segnalazioni di minori denunciati per reati ogni anno. Quelle che comunemente vengono definite “devianze” non hanno ovviamente una sola causa. Si tratta di un fenomeno multifattoriale, che può avere molte radici. Una di queste è sicuramente un contesto di deprivazione sociale, che espone soprattutto ragazze e ragazzi che vivono in territori difficili e in famiglie segnate da forte disagio economico. Ma non è l’unica causa: uno dei profili di “giovani a rischio” individuati dalla letteratura sul tema è infatti quello dei cosiddetti “ragazzi senza problemi”. Adolescenti provenienti da famiglie di ceto medio e medio-alto, del tutto alieni a situazioni di disagio economico. Ma allora cos’è che accomuna situazioni tanto diverse? La radice comune, come sottolineato nell’ultima relazione del garante dell’infanzia, si ritrova spesso spesso nella fragilità dei legami sociali e familiari. In questo contesto non si può ignorare l’incremento della povertà minorile dopo il Covid: 13,5% i minori in povertà assoluta dopo la pandemia, in base alle stime sul 2020. Vai all’approfondimento.
2 su 10
gli adolescenti che hanno subito comportamenti offensivi o violenti almeno una volta al mese o più. Gli atti di bullismo hanno come effetto quello di isolare chi ne è preso di mira, ridicolizzarlo, emarginarlo. Minandone la tenuta psicologica, la qualità della vita, la possibilità di sviluppare relazioni sociali e il percorso educativo. Ciò avviene con atteggiamenti e atti offensivi che la letteratura identifica attraverso 3 caratteristiche (Istat, 2019). In primo luogo devono essere intenzionali, ovvero deve essere presente la volontà di colpire la vittima da parte del bullo. La seconda caratteristica, drammatica, è la persistenza di questi comportamenti nel tempo: i soprusi non sono quasi mai un fatto isolato, ma segnano la vita di chi li subisce per mesi. Con effetti duraturi sull’autostima delle vittime. In terzo luogo, il rapporto tra aggressore e parte offesa è sempre sbilanciato a sfavore di quest’ultimo, configurandosi come ruoli inamovibili all’interno di una “relazione” asimmetrica. Vai all’approfondimento.
10,5%
dei ragazzi che vivono in zone molto disagiate hanno subito atti di bullismo una o più volte alla settimana (8% tra chi vive in zone con meno disagio). La famiglia di chi subisce questi atti, più spesso della media, vive in una zona disagiata. Il bullismo colpisce soprattutto i meno inseriti, contribuendo a creare emarginazione invece di inclusione. Una conferma del ruolo profondamente anti-inclusivo del bullismo è data dall’alta quota di studenti stranieri che ne sono vittime. Fatti 100 gli alunni italiani che hanno subito episodi offensivi o violenti da coetanei, tra quelli stranieri sono circa il 16-17% in più. Vai al grafico.
€ 1.400
il “costo” medio annuo per utente di un centro di aggregazione giovanile, come stimato da Fondazione Con il Sud. Molto meno di quanto è stimato il costo economico e sociale di un giovane che finisce nel circuito penale. Questo ci ricorda quanto la prevenzione e soprattutto il rafforzamento delle reti e dei presidi sociali sul territorio, accanto al ruolo di istituti alternativi come riparazione del reato e messa alla prova, siano decisivi nel contrastare questo tipo di fenomeni. Vai all’approfondimento.