I rischi dell’inquinamento acustico, un fenomeno difficile da contenere Ambiente

Il rumore ambientale può avere effetti dannosi sull’uomo e sulla natura. Nonostante le normative europee e nazionali nel nostro paese si registrano numerosi superamenti dei limiti, specialmente nei territori del centro-nord.

|

Livelli elevati di rumore sono dannosi per la salute fisica e psicologica delle persone e per la fauna terrestre e marina.

Secondo il rapporto 2020 dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), una persona su cinque in Europa è esposta a livelli di rumore che provocano danni alla salute. Come disturbi del sonno, problemi cognitivi nei bambini, effetti negativi sul sistema cardiovascolare e metabolico e altri.

Per quanto riguarda il rischio per la natura, il rumore causato dalle attività umane provoca dei comportamenti negli animali che compromettono la loro sopravvivenza. Causando un aumento della mortalità, una riduzione della capacità riproduttiva e una maggiore tendenza alle emigrazioni.

L’impianto normativo

L’Organizzazione mondiale per la sanità e l’Unione Europea cercano da tempo di promuovere la messa in atto di politiche mirate a ridurre l’esposizione all’inquinamento acustico.

Il rumore ambientale è legato all’urbanizzazione.

Tuttavia, come sottolineato dall’Eea, non si è registrato alcun calo significativo negli ultimi anni. Ci si aspetta invece che il rumore ambientale e le persone che ne sono colpite aumentino, come conseguenza di una sempre maggiore urbanizzazione, specialmente nei paesi europei. Un fenomeno che porta ad avere più infrastrutture stradali e mobilità dei trasporti, che sono spesso tra i principali responsabili dell’inquinamento acustico.

Per quanto riguarda le normative in atto, la principale è la direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale. Tale direttiva mira a creare un sistema comune per monitorare l’inquinamento acustico e invita gli stati membri a ideare dei piani di azione per prevenire questo fenomeno, a partire da una maggiore informazione della popolazione a riguardo.

A livello nazionale, l’impianto normativo si basa sulla legge quadro 447/95 che definisce diversi limiti da non superare. Valori che cambiano a seconda della sorgente di rumore e dell’ambiente, interno o esterno. Tale legge prevede inoltre che le regioni e le province autonome stabiliscano una propria normativa sul tema, in linea con quella nazionale.

Le sorgenti responsabili dell’inquinamento acustico

Per approfondire il fenomeno, è interessante innanzitutto osservare quali sono nel nostro paese le attività maggiormente responsabili della diffusione di rumore ambientale. E quali, tra queste, tendono più spesso a superare i limiti imposti per legge.

Per contenere l’inquinamento acustico, la normativa nazionale sul rumore ha definito, per le diverse tipologie di sorgenti, i valori limite di rumore prodotto da non superare.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra e Arpa/Appa
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Il settore dei trasporti è il più coinvolto.

Anche tra le attività di servizio e commerciali si registrano circa il 50% dei superamenti.

Seguono con quote minori le attività produttive e le infrastrutture aeroportuali, che presentano comunque più del 30% di superamenti. E al di sotto di questa percentuale, invece, le attività temporanee e le infrastrutture ferroviarie.

Ma come cambia questo dato a livello regionale? Abbiamo isolato le fonti maggiormente controllate tra quelle descritte sopra. Si tratta delle attività di servizio e commerciali, che costituiscono il 60,4% di tutte le sorgenti monitorate, le attività produttive (26,1%) e le infrastrutture stradali (6,5%).

I dati sulla Campania si riferiscono solo alla città metropolitana di Napoli. In Molise non sono stati effettuati controlli. Nei seguenti casi, al valore 0% corrisponde in realtà il mancato controllo della sorgente in esame: infrastrutture stradali in Valle d’Aosta, nella P.A. di Trento, in Puglia, Basilicata e Sardegna; attività produttive in Sardegna.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra e Arpa/Appa
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

In tutti e tre i settori considerati, la Lombardia registra superamenti in oltre la metà delle sorgenti controllate.

0 le attività produttive e le infrastrutture stradali controllate in Calabria che hanno superato i limiti nel 2018.

Osservando le singole fonti, l'84,2% delle attività produttive monitorate in Friuli-Venezia Giulia ha superato il limite, la peggiore tra le regioni. Stessa posizione della Sardegna per le attività di servizio e commerciali: quelle che hanno sforato costituiscono l'86,4% del totale. Infine, in Campania e in Liguria, tutte le infrastrutture stradali controllate hanno registrato superamenti dei limiti sulla diffusione del rumore. In questo caso è bene sottolineare che i dati sulla Campania si riferiscono solo alla città metropolitana di Napoli.

L'esposizione delle persone al rumore

Come spiegato in precedenza, l'esposizione a determinati livelli di rumore ambientale può avere effetti negativi sul benessere delle persone. Per questo motivo, nell'analizzare tale fenomeno è opportuno approfondire il superamento dei limiti rispetto alla popolazione.

1,8 le sorgenti di rumore controllate per le quali si è riscontrato un superamento dei limiti su 100.000 abitanti in Italia, nel 2018.

A livello regionale, la situazione è piuttosto eterogenea, anche se i territori più esposti appartengono al centro e al nord Italia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra, Arpa/Appa e Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Tra le sorgenti controllate in queste due regioni, 5 ogni 100.000 abitanti sforano i limiti di diffusione del rumore. Seguono l'Abruzzo (3,5) e la Lombardia (2,9). Più a sud invece i territori risultano in media meno colpiti, con Puglia, Campania e Molise agli ultimi posti. Qui nel 2018 si è registrato meno di 1 superamento ogni 100.000 abitanti.

A questo punto è interessante approfondire ulteriormente la questione, osservando lo stesso indicatore a livello comunale. In questo caso i dati più recenti sono al 2016 e sono disponibili solo per i comuni capoluogo di provincia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 1 Gennaio 2018)

Tra i capoluoghi, Lecco registra il dato maggiore: sono 29,13 ogni 100.000 abitanti le sorgenti che hanno registrato almeno un superamento del limite nel 2016. Seguono Ravenna (20,11), Firenze (17,51) e Cremona (15,30), confermando anche in questo caso una tendenza dei territori del centro-nord ad essere più esposti all'inquinamento acustico.

Non mancano tuttavia alcune eccezioni. Tra i comuni che registrano 0 sorgenti controllate con superamento su 100.000 abitanti, troviamo infatti diversi capoluoghi del nord, in particolare in Veneto e in Lombardia. Come Belluno, Rovigo, Verona, Modena, Pavia e Sondrio.

Naviga, scarica e riutilizza i dati

I dati utilizzati per i contenuti della rubrica sull'ambiente possono essere liberamente navigati, scaricati e utilizzati per analisi, finalizzate al data journalism o alla consultazione. Le fonti utilizzate per questo articolo sono Ispra, Arpa/Appa e Istat.

Foto credits: Pixabay pixel2013 - Licenza

Cosa:
PROSSIMO POST