I rischi per la sicurezza alimentare e gli effetti della pandemia Cooperazione
Nonostante l’obiettivo Onu Zero fame entro il 2030 i dati sulla sicurezza alimentare sono in peggioramento. E questo senza considerare i drammatici effetti socioeconomici della pandemia. Per questo è così importante che nell’ambito del G20 vengano presi impegni concreti.
venerdì 7 Maggio 2021 | Cooperazione
Mentre il mondo si confronta con la crisi sanitaria, altre emergenze umanitarie rischiano di essere dimenticate, e tra queste quella alimentare. Già prima dell’arrivo della pandemia infatti quasi 690 milioni di persone soffrivano la fame, un dato che secondo l’organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) potrebbe aumentare di altri 132 milioni per effetto del coronavirus. Una situazione drammatica che mette in ulteriore difficoltà gli sforzi, già insufficienti, per raggiungere l’obiettivo delle Nazioni unite Zero fame entro il 2030 (Sdg 2.1).
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Per questo è importante non sottovalutare come gli effetti della pandemia, sommati ad enormi diseguaglianze e conflitti violenti, stiano portando molti paesi sull’orlo della carestia.
Everybody is very preoccupied by COVID and the virus [but] it is not the virus that’s creating most of the carnage.
I rischi per la sicurezza alimentare prima della pandemia
Sono ormai passati oltre 5 anni da quando nel 2015 l’assemblea generale delle Nazioni unite riunendo 150 leader mondiali ha approvato attraverso una risoluzione i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) da raggiungere entro il 2030.
Indice globale della fame 2020
Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile
Il secondo obiettivo riguarda proprio la sicurezza alimentare e proprio per questo, nella sua ultima edizione, il rapporto The State of Food Security and Nutrition in the World, ha proposto una stima sul numero di persone in condizioni di denutrizione nel 2030 se dovessero proseguire i trend attualmente in corso. Dai dati presentati emerge l’effetto paradossale per cui il numero di persone che soffrono la fame del mondo è andato riducendosi fino al 2014, per poi tornare a crescere proprio a partire dal 2015, anno di approvazione degli Sdg.
687,8 milioni le persone che nel mondo hanno sofferto la fame nel 2019.
Un dato già drammatico di per sé ma che, secondo le stime dalla Fao è destinato a crescere in maniera drastica se non si interverrà per invertire la tendenza. E questo al netto degli effetti prodotti dal coronavirus, che non sono presi in considerazione nelle stime presentate dal rapporto.
In crescita il numero di persone denutrite nel mondo anche al netto della pandemia
Il trend indica come l'obiettivo delle Nazioni unite Zero fame entro il 2030 sia per ora del tutto fuori portata, anche senza considerare i drammatici effetti prodotti dal coronavirus.
FONTE: Elaborazione openpolis su dati Faostat e The State of Food Security and Nutrition in the World 2020
(ultimo aggiornamento: martedì 4 Maggio 2021)
I paesi più esposti alla fame
Ad oggi non è ancora possibile avere un quadro completo degli effetti che il Covid-19 sta avendo sulla sicurezza alimentare a livello globale e di quelli che avrà nel prossimo futuro. Come abbiamo visto infatti i dati della Fao si fermano al 2019.
Informazioni più aggiornate però si trovano rispetto a un set più ristretto di paesi. Un rapporto sviluppato dalla Fao e del Programma alimentare mondiale (Wfp) ad esepmio si concentra in particolare su 20 zone in cui nel 2021 la fame acuta è destinata ad aumentare a meno di interventi urgenti.
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Le 20 aree hotspot dove è in crescita la fame acuta
Le aree del mondo in cui la fame acuta aumenterà se non ci saranno interventi tempestivi.
Tra i fattori alla base delle preoccupazioni per insicurezza alimentare acuta nei 20 “hotspots” della fame si trovano: conflitti o altre forme di violenza; l’impatto del COVID-19; eventi climatici; l’invasione di locuste.
Tra i 20 hotspot si trovano oltre a 17 paesi anche tre regioni a rischio, ovvero: Sierra Leone e Liberia; El Salvador, Guatemala e Honduras; Central Sahel (Burkina Faso, Mali e Niger).
FONTE: Elaborazione openpolis su dati Hunger Hotspots FAO-WFP early warnings on acute food insecurity 2021.
(ultimo aggiornamento: martedì 4 Maggio 2021)
Le ragioni del deterioramento delle condizioni di sicurezza alimentare in questi paesi sono molteplici. Si tratta principalmente di shock economici, dell'impatto socioeconomico del Covid-19, di condizioni meteorologiche estreme e di conflitti armati.
La maggior parte dei paesi hotspot si trovano in Africa, ma anche in alcuni paesi del sud America e dell'Asia le popolazioni soffrono gravi condizioni di fame acuta.
34 milioni le persone che, in tutto il mondo, devono fare fronte a livelli emergenziali di fame acuta.
Una mobilitazione internazionale ancora insufficiente
È proprio partendo da questi presupposti che a luglio 2020, la Fao ha lanciato l'allarme cercando di portare l'attenzione della comunità internazionale sul tema della sicurezza alimentare pubblicando il suo Programma globale di risposta e ripresa dall'emergenza COVID-19.
La magnitudo delle sofferenze è allarmante. È dovere di tutti noi agire ora e con rapidità per salvare vite, salvaguardare i mezzi di sostentamento ed evitare che i peggiori hotspots si trasformino in catastrofi
Per sostenere l'iniziativa l'organizzazione ha chiesto ai paesi membri un investimento iniziale da 1,3 miliardi di dollari, da destinare a diverse aree di intervento.
Il programma Fao di risposta all’emergenza Covid-19
I sette ambiti prioritari di intervento del programma Fao di risposta e ripresa dall’emergenza Covid-19
FONTE: Elaborazione openpolis su dati Fao
(ultimo aggiornamento: martedì 4 Maggio 2021)
Il programma è appoggiato dalla Food coalition, che si propone di dare impulso al piano, ma anche di andare oltre agli approcci già definiti, attraverso una serie di iniziative multisettoriali. Nelle parole di Maurizio Martina, oggi vice direttore della Fao e già ministro delle politiche agricole italiano, l'obiettivo della coalizione è quello di mettere in contatto competenze diverse in modo da trovare le migliori soluzioni per affrontare il problema.
il progetto vuole essere uno strumento a servizio dei diversi partenariati che vorranno aderire in relazione a uno o più dei sette obiettivi appena citati. Vogliamo costruire un polo aperto alle competenze, alla cooperazione finanziaria, allo scambio di tecnologie, informazioni e best practice. Senza dimenticare la creazione di team multidisciplinari, in grado di operare anche a livello internazionale.
Il progetto, nato su impulso del governo italiano e guidato dalla Fao, al momento ha raccolto l'adesione di 35 paesi. L'iniziativa si propone di istituire un fondo fiduciario e un polo informatico in rete che permetta ai partecipanti di ottenere informazioni e dati su progetti specifici e d'individuare le risorse e i tipi di aiuti necessari a realizzarli.
La “Food Coalition”: una sinergia tra FAO, Italia e altri partner
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I prossimi passi
Come abbiamo visto l'Italia sta svolgendo un ruolo importante in questo campo. In un primo momento ha contribuito al progetto con 1 milione di dollari di finanziamento, a cui ne aggiungerà altri 2 quest'anno. Ma al di là del piano economico, il fatto che sia stata l'Italia a lanciare il progetto e che il vice direttore della Fao sia un italiano pongono il nostro paese in una posizione centrale in questa iniziativa multilaterale. E questo soprattutto considerando il ruolo di presidenza del G20 ricoperto quest'anno dall'Italia.
Ee è proprio in questa occasione, e in particolare nella riunione ministeriale che si svolgerà il 29 giugno a Matera, che si capirà se la Food coalition e il programma Fao di risposta al Covid-19 riceveranno i finanziamenti e l'appoggio politico necessario ad affrontare un tema così complesso eppure così fondamentale.
Il G20 sarà un'opportunità unica per un'azione collettiva per accelerare i progressi verso l'obiettivo Zero fame e la sicurezza alimentare.
Foto Credit: Atul Loke, Panos per Oxfam