I siti di interesse nazionale: quali sono e a che punto è il processo di bonifica Ambiente

Sono 41 i siti contaminati di interesse nazionale, aree industriali inquinanti che costituiscono un pericolo per l’ambiente e per la salute dell’uomo e che per questo devono essere bonificati. Tuttavia, la strada verso la messa in sicurezza di questi siti è ancora lunga.

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Ispra definisce come sito contaminato un’area dove le attività umane hanno causato un’alterazione tale di suolo, sottosuolo e acque sotterranee, da rappresentare un rischio per la salute umana. Tra i siti contaminati, alcuni sono considerati altamente a rischio, per via della quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, per l’impatto sull’ambiente circostante, per il rischio sanitario ed ecologico e per i beni culturali presenti nell’area.

Si tratta dei siti d’interesse nazionale (Sin), per i quali lo stato predispone specifiche procedure di bonifica.

41 i siti di interesse nazionale in Italia.

Comprendono ad esempio aree industriali dove incidenti hanno provocato il rilascio di inquinanti, o siti in cui vengono smaltiti rifiuti in modo incontrollato. I Sin possono inoltre estendersi sia a terra che in mare e arrivare a ricoprire superfici molto ampie. Come nel caso del sito di Casal Monferrato, in Piemonte, che con un’estensione di 73.895 ettari è il più grande d’Italia.

A livello di impianto normativo, in Italia è il decreto legislativo 152/06 (e successive modifiche) a regolare la materia, stabilendo sia i criteri per definire i Sin, sia le misure e gli interventi per gestirli, metterli in sicurezza, bonificarli. Procedure che vengono affidate al ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che può metterle in atto collaborando con Ispra, le Arpa, l’istituto superiore di sanità e altri soggetti pubblici o privati.

Ma dove si trovano i Sin?

La Lombardia è la regione con più siti di interesse nazionale. Sono 5, a cui va aggiunta una parte del sito di Pieve Vergonte, che si estende tra Lombardia e Piemonte, dove si trovano altri tre Sin. Anche Toscana, Puglia e Sicilia registrano la presenza di 4 siti, mentre le altre regioni non ne registrano più di 2.

Il Molise è l’unica regione dove non sono stati individuati Sin.

A livello di superficie complessiva, è il Piemonte la regione maggiormente colpita, con un totale di 105.813 ettari di terra contaminata.

Un risultato che emerge anche osservando l’estensione di queste aree non solo in valore assoluto, ma in proporzione al territorio regionale.

Il dato rappresenta la superficie Sin (solo quella a terra, non a mare) sul totale della regione o della provincia autonoma. Le superfici di alcuni Sin si estendono su due regioni.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

È la quota più alta, mentre nelle altre regioni queste aree a rischio ricoprono sulla terra meno dell'1% del territorio. La Sardegna è seconda, a quota 0,9%, seguita da Puglia (0,5%) e Lazio (0,4%).

Tuttavia, come anticipato in precedenza, i Sin in molti casi si estendono anche sulla superficie marina, oltre a quella terrestre. Un elemento che interessa 9 delle 20 regioni italiane.

Il dato rappresenta la superficie Sin (solo quella a mare, non a terra) sul totale della regione o della provincia autonoma.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Con oltre 35 mila ettari occupati da siti di interesse nazionale, la Sardegna è al primo posto per estensione di queste aree nel mare. Una superficie ampiamente superiore a quella delle altre regioni, come Sicilia (16.910 ha) e Puglia (13.458 ha).

All'ultimo posto le Marche, con 1.165 ettari di Sin e la Liguria, con solo 167 ettari.

I singoli siti e i progressi verso la loro bonifica

È interessante a questo punto provare ad approfondire, sito per sito, perché sono considerati aree a rischio, dove si trovano i più estesi e soprattutto come procedono i processi di bonifica che li coinvolgono.

Il dato mostra la superficie totale (sia a terra che a mare) dei Sin in Italia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Come anticipato in precedenza, è il sito piemontese di Casal Monferrato ad essere il più esteso, con quasi 74 mila ettari di superficie. La ragione per cui quest'area è considerata a rischio è legata all'attività sul territorio durata circa 80 anni della ditta Eternit, produttrice di amianto. Un'attività che ha provocato gravi danni alla salute non solo dei lavoratori, ma di tutta la popolazione circostante.

I danni causati dall'amianto lavorato all'Eternit non si sono limitati ad interessare la popolazione esposta professionalmente, ma riguardano anche l'ambiente con i suoi abitanti.

Seguono per grandezza Sulcis-Iglesiente-Giuspinese, un'area mineraria dismessa della Sardegna, che tra estensione a mare e a terra arriva a oltre 52 mila ettari; e Cengio e Saliceto, grande più di 22 mila ettari, di cui circa 20 mila in Piemonte e 2 mila in Liguria. Un'area considerata a rischio a causa dell'attività pluriennale dell'industria chimica ex Acna.

Al quarto posto l'area siciliana di Priolo (quasi 16 mila ettari) e al quinto Pieve Vergonte, grande oltre 15 mila ettari, di cui 4 mila in Lombardia e i restanti in Piemonte.

11.389 ettari, l'estensione del Sin di Taranto.

I gravi danni all'ambiente e alla salute della popolazione di Taranto causati dalle acciaierie ex Ilva sono state spesso al centro del dibattito pubblico. Quest'area è considerata sito contaminato di interesse nazionale ed è il settimo più grande d'Italia, preceduto da quello di Brindisi con 11.448 ettari di estensione.

Il procedimento è concluso se l’area risulta non contaminata a seguito delle indagini. Sono stati considerati i 15 Sin più estesi (per superficie a terra), per cui i dati erano disponibili.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispra
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Secondo i dati 2018, per le aree industriali della Val Basento, il procedimento di bonifica del suolo/sottosuolo e delle acque sotterranee si è concluso per l'88% del sito. Un caso eccezionale, visto che nessuno degli altri Sin regista quote superiori al 50%.

Ad esempio a Taranto la bonifica è considerata conclusa solo per l'8% del suolo/sottosuolo e per il 7% delle acque sotterranee. Valori simili a quelli che si registrano anche in altre aree nominate in precedenza, come Priolo, Sulcis-Iglesiente-Guspinese e Brindisi.

Infine, è da sottolineare che in ben 3 dei 15 Sin a terra più estesi, il procedimento di bonifica non si è concluso per nessuna porzione dell'area. Si tratta dei siti di Cengio e Saliceto, il terzo più ampio nel paese, Pieve Vergonte e Gela.

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Foto credits: Flickr Andrea Donato Alemanno - Licenza

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