Il calo delle nascite e i congedi parentali in Italia Numeri alla mano
giovedì 17 Marzo 2022 | Povertà educativa
I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Leggi “L’importanza dei congedi parentali per le famiglie italiane“.
399.431
nuovi bambini iscritti in anagrafe nel 2021. In base ai dati rilasciati lunedì da Istat, per la prima volta nella storia d’Italia le nascite sono scese sotto quota 400mila. Complice sicuramente l’emergenza Covid, ma si tratta di una tendenza di lungo periodo, che prosegue da ben prima della pandemia. Tra 2008 e 2019, ad esempio, le nascite erano già calate del 27%: da 576mila a circa 420mila. È in questo quadro che si inserisce il ragionamento sull’offerta di servizi e sugli strumenti di supporto alla genitorialità. Vai al grafico.
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strumenti che consentono una migliore conciliazione della vita familiare con quella lavorativa. Parliamo dei congedi di paternità/maternità e dei congedi parentali. Strumenti che storicamente sono stati rivolti soprattutto alle donne, nella vecchia concezione che la cura dei figli spettasse alle madri. Una visione che è non solo ingiusta ma anche deleteria nelle sue conseguenze. Sbilanciare i carichi di lavoro familiare solo sulle donne significa infatti ostacolare, se non rendere impossibile, la loro autorealizzazione e indipendenza sul piano lavorativo, economico e sociale e, di conseguenza, anche il loro contributo allo sviluppo del paese. Un problema particolarmente impattante in Italia, da diversi anni alle prese con una bassa occupazione femminile e con gli effetti del declino demografico. Vai all’articolo.
30,9
ore alla settimana dedicate dalle donne italiane alla cura dei figli in seguito alla pandemia. Per gli uomini il dato scende a 24,8 ore settimanali. Nella pandemia le disparità di genere nei carichi familiari si sono ulteriormente inasprite. Estendere il ricorso degli uomini ai congedi parentali è quindi prioritario. Peraltro la letteratura segnala una correlazione tra la partecipazione dei padri alla cura dei figli e alla vita familiare e più elevati risultati cognitivi ed emotivi dei bambini. Vai all’articolo.
10 anni
dall’introduzione dei congedi obbligatori per il padre nel nostro ordinamento. Nati come sperimentali, con l’ultima legge di bilancio sono stati definitivamente stabilizzati. Si tratta quindi di un percorso recente, essendo avvenuto tutto nell’ultimo decennio. Dapprima introdotti con una sperimentazione di un giorno con la legge 92/2012, sono stati progressivamente estesi agli attuali 10. Un dato che è interessante con gli altri paesi Ue. Come ricostruito da Ocse, in Italia i congedi retribuiti durano 21,7 settimane per le donne e 1,4 per gli uomini. In media in Ue la durata è pari a 22 settimane per le donne e 2,2 per gli uomini. Vai al grafico.
79,5%
degli utilizzatori dei congedi parentali tra 2017 e 2020 sono state donne. Per i congedi parentali, previsti dal 2001 e che possono essere richiesti nei primi 12 anni di vita del bambino, la quota maggioritaria di richiedenti è ancora femminile. Tuttavia, è interessante rilevare la crescita costante nel periodo considerato. Nel 2017, gli uomini erano il 18,8% dei beneficiari dei congedi parentali tra i lavoratori dipendenti del privato. Negli anni successivi, la percentuale è cresciuta fino al 22,3%. Si tratta certamente di una quota ancora minoritaria. Ma che allo stesso tempo indica come la strada verso una maggiore parità nella responsabilità genitoriale sia segnata. In questo senso, una delle sfide dei prossimi anni sarà incoraggiarla con l’ulteriore estensione di questi strumenti. Vai al grafico.