Il contributo dei comuni ai servizi per l’infanzia Bilanci dei comuni

Le amministrazioni locali possono fare molto per garantire un adeguato sviluppo educativo e sociale dei bambini e supportare le famiglie.

|

Una delle fasce di popolazione più delicate è quella della prima infanzia. Per gli approcci iniziali al mondo educativo e sociale sono necessarie strutture specifiche. I comuni hanno un ruolo importante nella gestione delle infrastrutture dedicate ai bambini e nel supporto economico alle loro famiglie.

La prima fase del percorso educativo del bambino si sviluppa all’interno di percorsi specifici definiti dal dlgs 65/2017. I servizi connessi possono essere distinti in tre tipologie: gli asili nido e i micronidi che mirano alla crescita pedagogica e sociale dei bambini tra i 3 mesi e i 3 anni di età; le sezioni primavera, classi di scuole per l’infanzia rivolte ai bambini più piccoli; i servizi integrativi tra i quali figurano gli spazi gioco, i centri bambini-famiglie e gli interventi in abito domiciliare.

I servizi per la prima infanzia in Italia

Secondo Istat, nell’anno educativo 2018/2019 sono stati registrati 13.335 servizi per la prima infanzia, considerando sia le strutture pubbliche che private. Si tratta per la maggior parte di asili nido tradizionali (81%). Sezioni primavera e servizi integrativi compongono il 10% e il 9% dell’offerta complessiva.

51,6% delle strutture per la prima infanzia è gestito dai comuni, nell’anno educativo 2018/2019.

I posti nei servizi per la prima infanzia coprono il 25,5% dei potenziali utenti, un dato ancora al di sotto del parametro fissato al 33% dagli obiettivi di Barcellona per il 2010. Un numero che però nasconde delle forti differenze tra le regioni italiane.

Tra i servizi sono considerati gli asili nido tradizionali, i micronidi, le sezioni primavera e ulteriori servizi integrativi che riguardano i bambini al di sotto dei 3 anni. Il dato riporta sia le strutture pubbliche che quelle private.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 21 Aprile 2022)

Nel nord-est e nel centro Italia, il dato supera di poco il target attestandosi rispettivamente al 33,6% e al 33,3%. Il nord-ovest è ancora al di sotto dell'obiettivo ma non è lontano (29,9%), al contrario di sud (13,3%) e isole (13,8%).

La disponibilità a livello regionale è caratterizzata da un forte divario dell'offerta del mezzogiorno rispetto al centro-nord. La regione in cui ci sono più posti per i servizi per la prima infanzia è la Valle d’Aosta (45,7 posti ogni 100 bambini) seguita da Umbria (42,7) ed Emilia-Romagna (39,2). Calabria (11), Sicilia (10) e Campania (9,4) riportano i valori più bassi. Sono in tutto sei le regioni che superano la soglia definita dall'Unione europea. Considerando le strutture a titolarità pubblica, la Valle d'Aosta continua ad essere capofila con 32,3 posti ogni 100 bambini. Seguono la provincia autonoma di Trento (28,4) e l'Emilia-Romagna (28,1). In coda si trovano sempre Sicilia (6,4), Campania (4,3) e Calabria (3).

La gestione degli asili nido a titolarità pubblica rappresenta una delle materie di competenza dei comuni più impattanti sulle comunità. Rientra all'interno di una serie di servizi che le amministrazioni predispongono per le famiglie con i minori a carico.

Le spese dei comuni per gli interventi per l'infanzia

All'interno del bilancio d'esercizio, c'è una missione di spesa dedicata alle politiche sociali. Comprende tutte le voci dedicate alle fasce di popolazioni più fragili. Una di queste è dedicata agli interventi per l'infanzia e i minori.

Sono comprese le uscite per la costruzione delle strutture e la gestione dei servizi per bambini in età prescolare. Si parla di asili nido, orfanotrofi, centri ricreativi e interventi domiciliari. Si considerano inoltre le indennità per la maternità, gli assegni familiari, il sostegno a famiglie mono genitoriali o con figli con disabilità. Infine, sono incluse le spese per contrastare il disagio minorile e per le comunità educative.

I dati mostrano la spesa per cassa riportata nella voce di spesa legata ai servizi per l’infanzia, i minori e gli asili nido. Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia. Da notare che spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa. Tra le città italiane con più di 200mila abitanti non sono disponibili i dati di Catania perché alla data di pubblicazione non risultano accessibili i rispettivi bilanci consuntivi 2020.

FONTE: openbilanci - consuntivi 2020
(ultimo aggiornamento: giovedì 21 Aprile 2022)

Anche sul versante delle spese per i comuni con più di 200mila abitanti si presentano delle forti diversità su base geografica. Le città che spendono di più per questa voce di bilancio sono quattro grandi comuni del centro-nord: Trieste (197,63 euro pro capite), Bologna (130,43), Firenze (112,84) e Milano (108,47). Al contrario, le uscite minori sono registrate da quattro amministrazioni del sud: Bari (58,82 euro pro capite), Palermo (41,32), Napoli (33,35) e Messina (3,86).

Anche se consideriamo tutti i quasi 8mila comuni del paese, i divari territoriali in merito alle spese delle amministrazioni rispecchiano quelli che abbiamo già analizzato sulla presenza delle strutture nelle varie regioni. In media le uscite di un comune si assestano a 14,14 euro pro capite per la voce considerata, ma quelli che spendono di più si trovano nella provincia autonoma  di Trento (45,27), dell'Emilia Romagna (29,76) e del Friuli Venezia Giulia (23,33). Al contrario, le spese medie minori sono registrate dalle amministrazioni molisane (6,42), piemontesi (6,04) e calabresi (2,77).

Oltre ad essere il territorio in cui le uscite sono mediamente più alte, la provincia autonoma di Trento è anche una delle zone in Italia in cui ci sono più posti negli asili nido di competenza comunale. Andiamo quindi ad analizzare questo caso particolare.

I dati mostrano la spesa per cassa riportata nella voce di spesa legata ai servizi per l’infanzia, i minori e gli asili nido. Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia. Da notare che spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa. Il dato non è disponibile per i comuni in grigio.

FONTE: openbilanci - consuntivi 2020
(ultimo aggiornamento: giovedì 21 Aprile 2022)

Tra le amministrazioni trentine, quella che registra le uscite maggiori è Pellizzano con 604,04 euro pro capite. Seguono Carzano (604,04), Sarnonico (565,20) e Isera (427,85). Il comune capoluogo spende 145,7 euro pro capite per questa voce di bilancio (circa 10 volte la media nazionale e poco più di tre volte di quella provinciale).

Per sapere quanto viene speso nel tuo territorio, clicca sulla casella Cerca… e digita il nome del tuo comune. Puoi cambiare l’ordine della tabella cliccando sull’intestazione delle colonne.

I dati mostrano la spesa per cassa riportata nella voce di spesa legata ai servizi per l’infanzia, i minori e gli asili nido. Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia. Da notare che spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa.

FONTE: openbilanci - consuntivi 2020
(ultimo aggiornamento: giovedì 21 Aprile 2022)

Se esaminiamo tutte le amministrazioni italiane, quella che spende di più è Villa San Pietro, in provincia di Cagliari, con 649,3 euro pro capite. Seguono tre dei già citati comuni trentini: Pellizzano (606), Spiazzo (604,04) e Carzano (565,2).

A dimostrazione di quanto abbiamo già visto analizzando i comuni della provincia autonoma di Trento, tra le prime venti posizioni della classifica delle amministrazioni che spendono di più, ben otto sono occupate da territori che provengono dalla provincia autonoma.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti di questa rubrica sono realizzati a partire da openbilanci, la nostra piattaforma online sui bilanci comunali. Ogni anno i comuni inviano i propri bilanci alla Ragioneria Generale dello Stato, che mette a disposizione i dati nella Banca dati amministrazioni pubbliche (Bdap). Noi estraiamo i dati, li elaboriamo e li rendiamo disponibili sulla piattaforma. I dati possono essere liberamente navigati, scaricati e utilizzati per analisi, finalizzate al data journalism o alla consultazione. Attraverso openbilanci svolgiamo un'attività di monitoraggio civico dei dati, con l'obiettivo di verificare anche il lavoro di redazione dei bilanci da parte delle amministrazioni. Lo scopo è aumentare la conoscenza sulla gestione delle risorse pubbliche.

Foto credit: La-Rel Easter - licenza

PROSSIMO POST