Il diritto all’asilo e alla protezione dalle violenze è sempre più a rischio Migranti

Gli arrivi sulle coste italiane sono diminuiti, tornando ai livelli del 2021. I paesi di provenienza della maggior parte delle persone migranti sono però considerati “sicuri”. Il 2025 sarà un anno cruciale per la difesa del diritto fondamentale all’asilo, attaccato come mai prima d’ora.

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Nel 2024 gli ingressi via mare delle persone migranti in Italia sono tornati ai livelli del 2021, prima dell’insediamento del governo Meloni.

I numeri sugli arrivi nell’anno che si è appena concluso dimostrano ancora una volta ciò che sosteniamo da anni: il fenomeno migratorio non è affatto un’emergenza, ma al contrario rappresenta un fatto organico e strutturale.

I dati evidenziano anche altri aspetti interessanti, riguardanti le nazionalità di arrivo delle persone migranti. Cifre che ci fanno comprendere come la questione riguardante la lista dei cosiddetti “paesi sicuri”, di cui si è parlato molto negli ultimi mesi, sia soprattutto politica.

Come durante il governo Draghi

Gli ingressi via mare nel 2024 sono stati poco più di 66mila.

A queste cifre andrebbero aggiunte le persone che fanno ingresso nel paese via terra, come nel caso della cosiddetta “rotta balcanica”. Ma purtroppo si tratta di dati che non vengono diffusi dal ministero dell’interno.

66.317 gli arrivi di persone migranti sulle coste italiane, dal 1 gennaio al 31 dicembre 2024.

L’anno scorso gli sbarchi sulle coste del paese (principalmente quelle siciliane, calabresi e pugliesi) sono diminuiti del 57,9% rispetto all’anno precedente. Nel 2023, infatti, gli arrivi al 31 dicembre erano stati più di 157mila.

Com’era prevedibile, il sensibile calo degli sbarchi è stato rivendicato dagli esponenti di governo, a partire dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni.

Tuttavia occorre evidenziare che si è tornati ai livelli del 2021, quando a palazzo Chigi sedeva Mario Draghi, sul sistema di accoglienza vigeva la normativa precedente all’attuale e non erano ancora stati stipulati accordi bilaterali con alcuni paesi del nordafrica, come la Tunisia.

FONTE: elaborazione Openpolis su dati ministero dell’interno, Unhcr e Ismu

L’andamento altalenante degli arrivi di sulle coste italiane evidenzia ancora una volta che le politiche di contenimento del fenomeno migratorio – poste in essere da tutti i governi dell’ultimo decennio – influenzino solo in parte i flussi.

Le migrazioni esistono da quando esiste l’umanità. Per questo dovrebbero essere affrontate innanzitutto come un fenomeno ordinario e non emergenziale.

Sono quindi necessarie politiche pubbliche strutturate, organiche e a medio-lungo termine, oltre che eque ed efficaci politiche per l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, considerando che al 31 dicembre scorso le persone ospitate nei centri del paese erano quasi 140mila.

139.141 persone migranti accolte nei circuiti di accoglienza italiani al 31 dicembre 2024.

Da dove arrivano le persone migranti

La maggior parte delle persone arrivate in modo “irregolare” via mare in Italia nel 2024 proviene dal Bangladesh. Del paese asiatico, infatti, sono originarie quasi 14mila persone, delle circa 66mila arrivate nel corso dell’anno.

Le altre nazionalità più ricorrenti sono la Siria (12,5mila persone), la Tunisia (7,7mila), l’Egitto (4,3mila) e la Guinea (3,5mila).

FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell’interno

Rispetto all’anno precedente, quando tra le persone più presenti tra gli sbarchi c’erano quelle provenienti da Guinea e Costa d’Avorio (oltre che dalla Tunisia), assistiamo a un calo netto di migranti originari dei paesi dell’Africa sub-sahariana, in particolare della parte centro-occidentale.

Si tratta di una novità, considerando che la rotta che parte dai paesi del West Africa è stata protagonista del fenomeno migratorio in Italia nel corso dell’ultimo decennio.

I dubbi sui “paesi sicuri”

Ma l’aspetto più interessante nei dati sulle nazionalità riguarda i cosiddetti “paesi sicuri”, ossia quella lista di nazioni, stilata dal governo, considerate non a rischio guerra, violenze e persecuzioni. La questione è nota e ha animato il dibattito nei mesi scorsi, in relazione all’apertura dei centri di detenzione in Albania, anche grazie ai dati sui costi che abbiamo rivelato su Openpolis e su Report.

Tre delle prime quattro nazioni di provenienza delle persone migranti nel 2024 sono considerate dal governo “sicure”: Bangladesh, Tunisia ed Egitto. Se a queste aggiungiamo il Gambia, parliamo di oltre 27mila persone tra le 66mila arrivate l’anno scorso: il 41% del totale.

Sembra esistere una connessione tra paesi considerati “sicuri” e numerosità degli arrivi.

Senza entrare nel dettaglio delle situazioni politiche e sociali di tutti questi paesi, basti pensare che il Bangladesh, di cui è originaria la maggioranza delle persone sbarcate in Italia, è definito un paese a “regime ibrido” (misto democrazia e autocrazia). È lo stesso governo italiano ad affermare che “l’applicazione della legge avviene in un contesto caratterizzato da opacità”, dove è “particolarmente grave il fenomeno delle sparizioni forzate e delle esecuzioni extra-giudiziali” e dove è in corso la crisi dei rifugiati del gruppo etnico Rohingya.

A un primo sguardo, insomma, sembrerebbe esserci una connessione tra paesi considerati “sicuri” e numerosità degli arrivi, come ha evidenziato anche l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). Le conclusioni a cui è giunta già mesi fa l’associazione è che il governo sembrerebbe aver classificato come “sicuri” i paesi da cui provengono più richiedenti asilo “basandosi principalmente, se non esclusivamente, sull’incremento delle domande di asilo”.

L’aumento dell’elenco Paesi di origine sicura fa sì che sempre più richiedenti protezione internazionale siano sottoposti a procedura accelerata con conseguenti restrizioni delle garanzie sia a livello amministrativo che di difesa giudiziaria in caso di rigetto della domanda.

La sbrigativa sospensione del diritto di asilo ai siriani

A questi dubbi va aggiunta una questione a parte dedicata alla Siria, il secondo paese per numerosità di arrivi, con più di 12mila ingressi nell’arco dell’anno appena terminato.

Dopo la rivolta anti-governativa di inizio dicembre si è insediato a Damasco un governo provvisorio. Sebbene la situazione sia ancora in divenire, con numerosi scontri nel nord e nel sud del paese e uno stato che fatica a trovare unità, molti paesi dell’Unione europea, tra cui l’Italia, hanno deciso di sospendere le richieste di asilo per i rifugiati.

La sospensione delle richieste di asilo per i cittadini siriani rappresenta una decisione affrettata e inedita.

Una decisione inedita, almeno in tempi recenti, e che ha stupito per i tempi affrettati con cui è stata presa, in un contesto ancora molto confuso come quello siriano. Con un’avanzata-lampo di gruppi islamisti che già controllavano il nord-ovest del paese, infatti, in pochi giorni è stato rovesciato il governo della famiglia Assad, che durava da oltre 50 anni. Siamo chiaramente di fronte a una situazione che, dopo oltre cinque decenni di regime autocratico e 13 anni di guerra civile, può dare adito a persecuzioni e vendette sommarie.

Non è un caso, infatti, che la sospensione delle richieste dei cittadini siriani sia stata definita dal Tavolo asilo e immigrazione illegittima, generalizzata e ingiustificata.

Insomma tra paesi definiti “sicuri”, sospensione delle richieste di asilo e nuove politiche repressive insite nel patto europeo per le migrazioni, oggi è sempre più a rischio il diritto all’asilo e alla protezione da guerre, violenze e persecuzioni, garantito da infrastrutture normative internazionali ogni giorno più deboli.

Foto: Óglaigh na Éireann (licenza)

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