Il funzionamento del federalismo fiscale in Italia Numeri alla mano
giovedì 18 Novembre 2021 | Italie a confronto
I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Leggi tutti gli approfondimenti del canale sui fabbisogni standard.
20
anni dall’introduzione del principio di autonomia finanziaria nella carta costituzionale. Il principio guida del federalismo fiscale è spostare le funzioni e i servizi pubblici, così come l’imposizione fiscale, dallo stato agli enti territoriali. Storicamente, il sistema italiano di finanza locale era basato sui trasferimenti erariali attribuiti dallo stato agli enti territoriali. In questa concezione, è lo stato centrale a raccogliere le risorse (ad esempio con imposte e tasse) e successivamente a distribuirle tra i vari livelli di governo. Con l’approccio alla base del federalismo fiscale invece il flusso viene invertito: sono comuni, province, città metropolitane e regioni a finanziare in autonomia le proprie attività. In parallelo, viene attribuita a questi enti maggiore autonomia finanziaria, in particolare nella possibilità di stabilire entrate e spese proprie. Vai al glossario.
2
gli obiettivi di questo meccanismo. Da un lato, avvicinare al cittadino la sede politica in cui vengono prese le decisioni. Dall’altro, responsabilizzare le singole amministrazioni, perché i soldi provengono direttamente dai cittadini del comune stesso. Allo stesso tempo, devono essere previste delle compensazioni per evitare che solo i comuni che raccolgono più tasse (ad esempio perché il reddito medio dei cittadini è più elevato) possano garantire maggiori servizi. In assenza di tali compensazioni, il rischio è un ulteriore allargamento dei divari territoriali. Perciò la carta costituzionale prevede un meccanismo di perequazione per le cosiddette funzioni fondamentali dei comuni. Vai all’articolo 119 della Costituzione.
7
le funzioni fondamentali attribuite ai comuni. Si tratta di amministrazione, polizia locale, istruzione, viabilità e territorio, rifiuti, sociale e asili nido. Per ciascuno di questi ambiti devono essere definiti i fabbisogni standard, cioè quegli indicatori che stimano il fabbisogno finanziario necessario ai comuni per svolgere le proprie funzioni fondamentali. In base ad esempio alla popolazione, alle caratteristiche territoriali e, in prospettiva, anche in base ai livelli minimi di servizi erogati. Sulla base dei fabbisogni standard è poi possibile effettuare la perequazione per i comuni con meno risorse. Vai al glossario.
61%
i comuni italiani che nella funzione istruzione hanno una spesa storica inferiore a quella standard, come definita sulla base dei fabbisogni. Un dato che può dipendere sia da una maggiore efficienza nella spesa, sia dalla mancanza di risorse necessarie per incrementare la propria spesa e quindi garantire un livello di servizi adeguato. Nello specifico, una spesa storica inferiore allo standard caratterizza soprattutto i comuni del mezzogiorno. Nel sud, l’82% dei comuni ha una spesa storica per istruzione inferiore a quella standard. Nel centro-nord, dove storicamente vengono erogati più servizi, la spesa storica tende a superare quella standard. Un dato che ovviamente varia da funzione a funzione. Vai alla mappa.
€ 650 mln
l’incremento a regime del fondo di solidarietà comunale per lo sviluppo dei servizi sociali. Una novità importante prevista con l’ultima legge di bilancio è stata quella di introdurre gli obiettivi di servizio nei servizi sociali e sugli asili nido. Ciò significa che lo stato riconosce delle soglie minime di servizio da erogare in tutti i comuni su questi comparti, e stanzia delle risorse aggiuntive per raggiungere questi obiettivi. Come conseguenza di tale aumento, le risorse del Fsc tra 2020 e 2021 sono aumentate per i comuni del centro (+8%), del sud (+5,7), del nord-ovest e del nord-est (in media rispettivamente +4,4% e +3,3%). Si tratta di un primo passo verso l’introduzione dei cosiddetti Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Vai all’articolo.