Il global health summit e l’occasione persa per ripensare la salute globale Cooperazione
Il global health summit che si è tenuto a Roma era l’occasione ideale per ridefinire l’approccio internazionale in tema di salute globale. Le conclusioni del vertice tuttavia, pur portando ad alcuni importanti impegni, non intervengono in modo strutturale sul sistema.
venerdì 28 Maggio 2021 | Cooperazione
Di fronte alla terribile sfida posta dalla pandemia da Sars-Cov-2 oggi tutto il mondo si trova ad affrontare la questione della produzione, dell’approvvigionamento e della somministrazione dei vaccini. Un tema problematico per tutti e a maggior ragione per i paesi a più basso tasso di sviluppo.
Fare in modo che tutti possano avere accesso un vaccino non è solo un tema di equità ma anche di salute pubblica. Se il virus continuerà a circolare nei paesi a basso reddito, aumenteranno le probabilità che si sviluppino delle mutazioni che potranno rendere potenzialmente inefficaci i vaccini oggi disponibili.
Per questo era grande l’attesa nei confronti del global health summit, un evento co-organizzato dall’Italia, in quanto presidente di turno del G20, e dalla commissione europea proprio per condividere le esperienze acquisite nel corso di questi difficili mesi di pandemia ed elaborare strategie globali per affrontare le prossime. Un evento che tuttavia non ha maturato posizioni innovative e di rottura rispetto alla gestione precedente in tema di liberalizzazione dei brevetti sui vaccini.
A che punto è il Covax, il piano di vaccinazione globale
I vaccini, come è noto, sono l’unico strumento che ci potrà permettere di uscire dalla pandemia. Affinché ciò avvenga però occorre che a vaccinarsi non siano solo le popolazioni dei paesi più ricchi. Proprio per questo ad aprile 2020 è stato creato il piano di vaccinazione globale noto come Covax, uno dei pilastri del più vasto acceleratore Act-A.
La richiesta iniziale di Act-A era quella di raccogliere finanziamenti per 38,1 miliardi di dollari, poi ridotti a 33,2. In ogni caso ad oggi ne sono stati stanziati solo 14,6, ovvero il 44%.
$ 18,5 mld mancano ancora all’appello per raggiungere gli obiettivi dell’Act-A.
Certo se si guarda a come i fondi sono distribuiti tra i vari pilatri del programma Act-A quello riguardante i vaccini è sicuramente il più finanziato sia in termini generali, sia rispetto agli obiettivi iniziali. Tuttavia anche il rafforzamento dei sistemi sanitari, la fornitura di sistemi diagnostici nonché di terapie per le persone già malate sono aspetti che non possono essere sottovalutati.
Il finanziamento dei 4 pilastri Act-A e il gap con gli obiettivi dichiarati
Il Covax, ovvero il programma di vaccinazione, è ampiamente il più finanziato tra i pilastri dell'accelleratore Act.
FONTE: Elaborazione openpolis su dati Oms
(ultimo aggiornamento: lunedì 24 Maggio 2021)
I dati riguardano i fondi stanziati e probabilmente nelle prossime settimane si assisterà ad un aumento degli importi. Nel corso del global health summit che si è tenuto a Roma il 21 maggio infatti molti paesi hanno annunciato nuovi contributi. Tra questi l'Italia che si è impegnata a stanziare nel progetto altri 300 milioni di dollari.
Una cifra ben distante da quella messa in capo dagli stati e dalle organizzazioni private che più si sono impegnate su questo fronte, ma comunque alta se si considera che a oggi risulta che l'Italia abbia contribuito al progetto Act-A per appena 115 milioni.
15° il posto occupato dall'Italia nella classifica dei maggiori contributori al programma Act-A.
I 15 maggiori contributori al programma Act-A
L'Italia è al quindicesimo posto tra i contributori sia pubblici che privati all'accelleratore Act-A.
FONTE: Elaborazione openpolis su dati Oms.
(ultimo aggiornamento: lunedì 24 Maggio 2021)
Le attese per il global health summit
Il programma Act-A tuttavia non rappresenta la risposta a tutti i problemi. Per quanto riguarda i vaccini ad esempio il Covax si propone di distribuire dosi in modo da garantire una copertura vaccinale al 20% delle popolazioni dei paesi destinatari del programma. E questo a patto che siano raggiunti gli obiettivi di finanziamento. Infatti uno dei principali limiti di Act-A sta nella natura volontaristica dei contributi concessi dagli stati e dalle organizzazioni private.
Ma oltre ai temi di natura economica il problema più grave, come si è visto chiaramente in questi mesi, sta in una capacità produttiva che per quanto ampia resta comunque del tutto insufficiente a garantire l'accesso ai vaccini a tutta la popolazione mondiale. Covax, seppur pienamente finanziato, si scontrerebbe comunque con l’insufficiente produzione di dosi. Proprio per questo negli ultimi mesi si sono alzate molte voci sostenendo la necessita di sospendere i brevetti sui vaccini in modo da ampliarne il più possibile la produzione.
Ad ottobre 2020, India e Sud Africa hanno proposto all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) l’adozione di un waiver temporaneo dei diritti di proprietà intellettuale su vaccini, terapie e diagnostica Covid-19, previsto dagli stessi accordi istitutivi dell’Omc in caso di "circostanze eccezionali".
In circostanze eccezionali, la conferenza dei ministri può decidere di concedere una deroga a un obbligo imposto a un membro dal presente accordo o da un accordo commerciale multilaterale, a condizione che tale decisione sia presa da tre quarti dei membri
La proposta ha raccolto l’adesione di più di 100 paesi membri del Omc, pricipalmente a besso e medio reddito e qualche settimana fa, seppur con qualche distinguo, anche del presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
L'amministrazione Biden crede fermamente alle protezioni della proprietà intellettuale ma per mettere fine a questa pandemia sostiene la revoca di certe protezioni per i vaccini anti Covid-19
Durante il Global health summit, anche alcuni paesi europei come Spagna, Francia e Italia si sono mostrati aperti all'iniziativa anche se senza quella determinazione che molti di aspettavano.
Certo è vero che in materie tecnologicamente così complesse la liberalizzazione dei vaccini non è sufficiente a mettere le aziende farmaceutici nelle condizioni realizzare il prodotto in modo appropriato. Per questo l'altro passaggio necessario è quello del trasferimento tecnologico in particolare verso le molte aziende del sud del mondo che già partecipano a parti rilevanti della complessa catena di produzione necessaria a realizzare i vaccini.
Lo strumento messo in campo dall'Oms per affrontare questo tema è noto come C-Tap (Covid-19 Technology Access Pool), ma anche in questo caso si tratta di uno strumento cui i vari soggetti partecipano in modo volontario. È del tutto evidente quindi che le aziende farmaceutiche non hanno alcuna ragione di partecipare in modo volontario.
Ecco perché sarebbe così importante un accordo multilaterale per liberalizzare i brevetti e insistere attraverso tutti gli strumenti politici e legali a disposizione affinché le società avviino rapidamente il processo di trasferimento tecnologico.
I deludenti risultati del vertice
I risultati del global health summit tuttavia hanno deluso chi auspicava un cambio di rotta delle politiche globali in tema di liberalizzazione dei brevetti. La carta di Roma, annunciata come un grande successo dalla presidente della commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente del consiglio Draghi, ha riconosciuto che l'immunizzazione dal Covid-19 debba essere considerata un bene pubblico globale. Tuttavia nessuna sostanziale novità è stata messa in campo sul tema dei brevetti. D'altronde era apparso chiaro già da tempo come sia la cancelliera tedesca Merkel sia la presidente della commissione von der Leyen, fossero contrarie a una soluzione di questo tipo.
le licenze volontarie sono il miglior modo per assicurare il necessario trasferimento di tecnologie e know-how insieme ai diritti di proprietà intellettuale.
Neppure gli Stati Uniti, nonostante le posizioni espresse precedentemente, hanno ritenuto fosse il momento o il contesto per porre la questione all'ordine del giorno. E forse anche per questo al vertice non ha partecipato Biden, ma la vicepresidente Kamala Harris, che non ha menzionato il tema.
Certo la carta di Roma include importanti dichiarazioni di principio tra cui l'impegno ad aumentare in modo significativo la capacità produttiva. Tuttavia ribadendo la volontarietà dei meccanismi di condivisione di brevetti e tecnologie non c'è alcuna sicurezza sulla sua concreta attuazione. Il global health summit insomma ha sottolineato i problemi legati all’accesso ai vaccini a livello globale e ha annunciato nuovi impegni per affrontare la pandemia, ma nella scia dell'approccio adottato fino a questo momento, dimostratosi in questi mesi del tutto insufficiente.
La sede più adeguata per discutere di salute globale in termini multilaterali sarebbe l'assemblea dell'Oms e non un ristretto forum di stati industrializzati.
Peraltro anche sul carattere dell'evento, definito dai più come multilaterale, sarebbe utile aprire una discussione. Intanto perché il G20 è comunque un forum ristretto di paesi, ben distante da un approccio propriamente multilaterale previsto ad esempio nell'assemblea dell'Oms, cui partecipano tutti gli stati membri. Inoltre nonostante la carta di Roma riaffermi il ruolo centrale dell'Oms, molti degli interventi hanno insistito sulla possibilità di sviluppare nuovi forum e strutture multinazionali per affrontare i vari temi sul tavolo. Un approccio che mina alle basi il senso di organizzazioni come l'Oms la cui utilità dovrebbe apparire a tutti evidente oggi più che mai.
Iniziato un percorso appare difficile che questo possa essere modificato in termini sostanziali in breve termine. In ogni caso un'ultima occasione per affrontare il tema in modo innovativo, forse, si manifesterà proprio nei prossimi giorni. A fine maggio infatti si terrà a Londra la ministeriale del commercio del G7, dove all'ordine del giorno è posata proprio la riforma del Omc.
Se anche in questo caso si deciderà di mantenere l'impostazione attuale sarà difficile sostenere che si sia fatto realmente tesoro delle le lezioni apprese nel corso di questi anni di pandemia. Ma oltre agli effetti che da queste decisioni scaturiranno nel prossimo futuro, appare preoccupante come la comunità internazionale non si stia dotando di strutture e approcci innovative per affrontare possibili future epidemie.
Foto Credit: www.governo.it