Il governo Meloni e l’eredità delle attuazioni mancanti Decreti attuativi
Il lavoro dell’esecutivo uscente ha consentito un significativo smaltimento dell’arretrato. Tuttavia sono ancora molti i decreti attuativi che mancano all’appello.
mercoledì 14 Dicembre 2022 | Potere politico
- I decreti attuativi ancora da pubblicare sono 384. Pari al 21,6% di quelli richiesti in totale.
- L'attuale esecutivo ha ereditato 371 attuazioni da pubblicare risalenti a norme varate nella XVIII legislatura.
- Il governo Draghi ha affermato di aver smaltito in totale 1.376 attuazioni. Molte delle quali ereditate dai procedenti esecutivi.
- Il ministero dell'ambiente deve ancora pubblicare il 48% delle attuazioni di sua competenza. Quello della salute il 44,7%.
- Circa mezzo miliardo di fondi stanziati dalla legge di bilancio del 2022 sono bloccati per la mancanza delle relative attuazioni.
In passato ci siamo occupati spesso del tema legato alla pubblicazione dei decreti attuativi. Quegli atti di secondo livello cioè (generalmente regolamenti e decreti ministeriali) che servono a definire gli elementi di dettaglio delle misure contenute nelle norme, in modo che queste possano essere applicabili.
Si tratta di un passaggio molto rilevante perché senza la pubblicazione di questi atti, ad esempio, le risorse stanziate dallo stato a favore di enti, imprese e cittadini non possono essere erogate. Questo perché è proprio attraverso i decreti attuativi che di solito si provvede alla definizione delle modalità operative per assegnare questi fondi.
In una relazione pubblicata alla fine di ottobre, il governo Draghi ha sottolineato il fatto di aver lasciato all’esecutivo subentrante una situazione tutto sommato non critica su questo fronte. Anzi, nel documento si evidenzia lo sforzo fatto per recuperare l’arretrato lasciato dai governi precedenti.
Tuttavia le attuazioni che ancora oggi mancano all’appello sono molte. E altre se ne aggiungeranno con ogni probabilità a seguito dell’approvazione della legge di bilancio. Provvedimento che, proprio per la vastità dei temi che affronta, richiede sempre una grande quantità di norme di secondo livello.
Lo stato attuale dei decreti attuativi
Grazie alle informazioni messe a disposizione dall’ufficio per il programma di governo (Upg) possiamo avere un quadro esatto della situazione per quanto riguarda il totale dei decreti attuativi richiesti e quelli che ancora mancano all’appello.
Alla data del 5 dicembre, le attuazioni richieste dalle norme varate durante la XVIII e XIX legislatura erano 1.781 in totale, di cui 384 (il 21,6%) ancora da pubblicare. Allo stato attuale sono solo 13 i decreti attuativi richiesti dalle misure varate dall’esecutivo in carica. Un dato tutto sommato piuttosto contenuto considerato che, dal suo insediamento, il nuovo governo ha già emanato ben 7 decreti legge. C’è da dire però che l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni è ancora in una fase di riorganizzazione e i vari dicasteri non sono ancora operativi a pieno regime. Infatti nessuna delle attuazioni richieste è ancora stata pubblicata.
Con la legge di bilancio le attuazioni da pubblicare aumenteranno.
A questo si deve aggiungere il fatto che entro la fine dell’anno dovrà essere approvata la legge di bilancio. Un atto che storicamente richiede una grande quantità di attuazioni. Quella dello scorso anno, ad esempio, ne aveva richiesti 150. Mentre nell’anno ancora precedente erano stati 134. Da ciò è lecito attendersi che, a breve, il numero di attuazioni mancanti subisca una brusca impennata.
L’attuale esecutivo inoltre ha ereditato 371 decreti attuativi da pubblicare attribuibili ai governi che hanno guidato il paese nel corso della XVIII legislatura. Nello specifico si tratta di 21 attuazioni risalenti al primo governo Conte, 70 per il Conte II e 280 per il governo Draghi.
Manca all’appello oltre il 20% dei decreti attuativi
Numero di decreti attuativi pubblicati e mancanti in base ai governi della XVIII e XIX legislatura
FONTE: elaborazione openpolis su dati ufficio per il programma di governo
(ultimo aggiornamento: lunedì 5 Dicembre 2022)
Purtroppo l’Upg non fornisce indicazioni altrettanto dettagliate per quanto riguarda i lasciti risalenti alle legislature precedenti. Informazioni su questo aspetto sono contenute solo nella già citata relazione rilasciata dal governo Draghi. Da questo documento infatti si apprende che le attuazioni ancora richieste da norme pubblicate tra il 2013 e il 2018 erano 313 al momento dell’insediamento del governo. Nel tempo tali atti si sono poi ridotti a 46.
Più in generale il governo uscente, anche avvalendosi di un nuovo metodo di lavoro, è riuscito a smaltire complessivamente 1.376 attuazioni. Ciò è avvenuto in parte a seguito della pubblicazione degli atti richiesti e in parte per lo stralcio di alcune norme. Operazione che ha reso superflua l’emanazione dei decreti attuativi a esse collegati.
86% lo smaltimento dell’arretrato delle attuazioni mancanti operato dal governo Draghi.
Nella relazione si legge anche che, se i ritmi di pubblicazione manterranno il livello tenuto durante il governo Draghi, il resto dell’arretrato sarà smaltito entro la fine dell’anno. Grazie a questo grande sforzo l’esecutivo di Giorgia Meloni si è ritrovato in eredità una situazione tutto sommato sotto controllo. Ma non per questo deve diminuire l’attenzione sul tema. Anzi, l’impegno deve rimanere costante per evitare di trovarsi di nuovo in una situazione critica, con ingenti quantità di attuazioni da recuperare. Da ricordare inoltre che sono molti gli atti di secondo livello che ancora mancano all’appello.
I ministeri più coinvolti
Sostanzialmente tutte le amministrazioni che fanno capo all’esecutivo sono coinvolte nella pubblicazione dei decreti attuativi. Logicamente però non a tutte è richiesto lo stesso livello di impegno da questo punto di vista.
Con il cambio di governo le competenze di alcuni ministeri sono state redistribuite. L’Upg ha già provveduto a riassegnare la responsabilità delle diverse attuazioni richieste che sono ancora da emanare. Un’operazione che si è rivelata abbastanza rapida anche perché, nella stragrande maggioranza dei casi, si è trattato di una semplice ridenominazione dei dicasteri. Di conseguenza il passaggio di consegne anche da questo punto di vista è stato piuttosto semplice.
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La denominazione dei ministri e le loro competenze.
In assoluto il ministero maggiormente coinvolto è quello dell’economia guidato attualmente dal leghista Giancarlo Giorgetti a cui in generale sono richieste ben 249 attuazioni di cui 40 ancora da pubblicare. Al secondo posto come ministero maggiormente coinvolto troviamo invece quello delle infrastrutture affidato a Matteo Salvini. In questo caso i decreti richiesti in totale sono 191 mentre sono 45 quelli ancora da emanare. Al terzo posto c’è poi il ministero dell’interno guidato dall’indipendente Matteo Piantedosi a cui competono 143 atti di secondo livello di cui soltanto 13 ancora mancano all’appello.
Manca il 48% delle attuazioni richieste al ministero dell’ambiente
Le performance dei 10 ministeri maggiormente coinvolti nella pubblicazione di decreti attuativi
FONTE: elaborazione openpolis su dati ufficio per il programma di governo
(ultimo aggiornamento: lunedì 5 Dicembre 2022)
Se però si analizza la percentuale di attuazioni ancora da emanare rispetto a quelle richieste, tra i 10 ministeri più coinvolti, notiamo che quello più in “difficoltà” è il ministero dell’ambiente (48% di attuazioni mancanti). Seguono il ministero della salute (44,7%) e quello delle infrastrutture (23,6%).
Attuazioni mancanti e fondi bloccati
Ma perché la mancanza di questi atti è così rilevante? Come abbiamo già detto i decreti attuativi – quando necessari – vanno a delineare nel dettaglio la realizzazione delle misure. Senza queste informazioni dunque gli interventi previsti da governo e parlamento attraverso le leggi restano solo sulla carta perché inapplicabili.
La mancanza dei decreti attuativi blocca anche l’erogazione di risorse già stanziate.
Ciò ha un impatto concreto anche per i cittadini dato che la mancanza di tali atti può bloccare l’assegnazione di risorse già state stanziate. Risorse che sarebbero disponibili quindi ma che non possono essere erogate perché, ad esempio, manca l’indicazione dei criteri per individuare chi ne ha diritto.
Per citare un caso concreto possiamo prendere in esame la legge di bilancio per il 2022. Tale norma richiede in totale 150 decreti attuativi. Al 5 dicembre, dopo quasi un anno dall’approvazione della norma, ancora ne mancano 28 all’appello (il 18,8%). Tra questi atti ce ne sono poi 11 che bloccano l’erogazione di una cospicua quantità di fondi. Tali risorse sarebbero dovute essere assegnate nel corso di quest’anno ma ciò non è avvenuto proprio per la mancanza dei decreti attuativi.
419,8 milioni € le risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2022 e non ancora erogate.
Tra le misure più significative da questo punto di vista, possiamo citare la mancata erogazione di circa 150 milioni di euro a imprese operanti nel settore del turismo e dello spettacolo che hanno particolarmente subito le restrizioni causate dal Covid. Altri 150 milioni inoltre sarebbero dovuti servire come incentivo al prepensionamento dei dipendenti all’interno di piccole e medie imprese in crisi.
Per 133 attuazioni è già scaduto il termine per la pubblicazione
Il dettaglio dei decreti attuativi che ancora mancano all’appello
FONTE: elaborazione openpolis su dati ufficio per il programma di governo
(ultimo aggiornamento: lunedì 5 Dicembre 2022)
Più in generale, come abbiamo già detto, le attuazioni che ancora mancano all’appello sono 371 in totale. Da notare che in molti casi è già stato superato il limite di tempo massimo previsto per la pubblicazione. L’atto di legge che ne dispone l’emanazione infatti può prevedere anche una data specifica entro la quale il decreto attuativo deve essere pubblicato. Sono 133 (il 34,6% circa) le attuazioni non pubblicate entro la data di scadenza prevista. Mentre altre 19 dovrebbero essere emanate entro la fine dell’anno.
Questi dati ci fanno capire l’importanza dei decreti attuativi e quanto sia fondamentale mantenere alta l’attenzione su questo fronte.
Foto: palazzo Chigi – Licenza