Il governo Meloni e lo spoils system nei ministeri Mappe del potere

Lo spoils system è un sistema fiduciario di selezione di alcuni altissimi funzionari pubblici. Vediamo le scelte compiute dai ministri nella selezione dei dirigenti più importanti dei dicasteri di cui sono alla guida.

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A ogni cambio di governo il nuovo esecutivo può sostituire alcuni importantissimi dirigenti grazie a un meccanismo noto come spoils system. Una facoltà del tutto legittima e prevista dalle norme, che tutti gli esecutivi recenti hanno esercitato, da non confondere con il normale potere di nomina.

Lo spoils system è un modello fiduciario di selezione dei dirigenti pubblici da parte del vertice politico che deroga, per alcuni casi specifici, al principio generale di imparzialità. Vai a “Che cos’è e come funziona lo spoils system”

In generale nel sistema italiano la pubblica amministrazione è considerata indipendente dal sistema politico. Per questa ragione il principio dello spoils system si applica a pochi altissimi dirigenti tra ministeri e presidenza del consiglio. Di questi ultimi ci siamo occupati in un recente approfondimento.

Ora invece ci concentreremo sulle scelte effettuate dai ministri con portafoglio in merito ai dirigenti dei dicasteri di cui hanno la responsabilità politica.

27 i dirigenti dei ministeri nei confronti dei quali si applicano le norme relative allo spoils system: 6 segretari generali e 21 capi dipartimento.

Lo spoils system nei ministeri

Il decreto legislativo 165/2001 (articolo 19, comma 8) infatti prevede che dopo la nascita di un nuovo governo i ministri abbiano 90 giorni per scegliere se confermare o sostituire i dirigenti di vertice dei propri dicasteri. Trascorso questo periodo senza che sia stata assunta una decisione, l’incarico cessa automaticamente.

Quando si parla di ruoli apicali nei ministeri però bisogna fare delle distinzioni (articolo 19, comma 3). Se un dicastero ha al proprio vertice un segretario generale infatti è solo a questa figura che si riferisce la legge. Negli altri casi invece si rivolge ai capi dipartimento.

Nei ministeri in cui le direzioni generali sono strutture di primo livello è prevista la figura del segretario generale. Negli altri le strutture di primo livello sono invece i dipartimenti. Vai a “Come sono organizzati i ministeri”

Che siano posti sotto un segretario generale o sotto un dipartimento invece i direttori generali (ovvero le figure a capo di una direzione generale) non sono sottoposti al meccanismo dello spoils system.

Ma tra i ministeri esistono anche alcune eccezioni. Ai segretari generali dei ministeri della difesa e degli esteri e ai capi dipartimento del ministero dell’interno infatti non si applica questa norma. Questo perché in queste strutture i dirigenti appartengono necessariamente alle rispettive carriere e i loro incarichi operano in regime di diritto pubblico. Questo non vuol dire, è bene chiarirlo, che si tratti di funzionari sostanzialmente inamovibili, anzi.

FONTE: openpolis
(consultati: venerdì 3 Marzo 2023)

Le scelte di conferma

Sono due i ministri che hanno optato per una scelta in completa continuità, Adolfo Urso (imprese e made in Italy) e Orazio Schillaci (salute). È vero che in entrambi i ministeri la scelta riguardava solo una figura, quella del segretario generale. In ogni caso permangono alcuni profili piuttosto interessanti che vale la pena sottolineare.

Per quanto riguarda il ministero della salute infatti se da un lato è vero che il ministro Schillaci non è una figura di partito, dall’altro è utile ricordare che il governo Meloni si è da subito caratterizzato per una lettura fortemente critica delle politiche sanitarie adottate in precedenza.

Proprio per questo può stupire che il nuovo ministro della salute abbia deciso di confermare il segretario generale scelto da Roberto Speranza. Peraltro, mentre con la nascita del secondo governo Conte il ministro Speranza si era limitato a confermare il dirigente in carica (Giuseppe Ruocco alla guida del ministero già dal 2017), con l’inizio del governo Draghi ha nominato un nuovo segretario generale. La decisione di scegliere Giovanni Leonardi dunque deve essere pienamente attribuita al ministro Speranza.

La conferma del segretario generale del ministero della salute appare contraddittoria con le critiche alla politica sanitaria degli esecutivi precedenti.

Presumendo che il ministro Speranza abbia adottato le proprie decisioni in accordo con il segretario generale che aveva appena nominato, c’è da chiedersi il senso di questa conferma. Un’ipotesi è che sul piano mediatico la maggioranza di centrodestra abbia deciso di proseguire con le posizioni critiche, mentre su quello pratico abbia optato per mantenere, in termini sostanziali, la linea adottata dall’esecutivo precedente.

Più coerente appare invece la conferma di Benedetto Mineo al vertice del ministero delle imprese e del made in Italy da parte del ministro Urso (Fratelli d’Italia). La nomina di Mineo durante il governo Dragni si deve infatti all’attuale ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti (Lega). Senza contare che qualche anno prima Mineo era stato nominato direttore dell’agenzia delle dogane da Giovanni Tria.

A ben vedere però il ministro Urso ha compiuto anche un’altra scelta di continuità, come abbiamo raccontato nell’approfondimento sullo spoils system a palazzo Chigi. Infatti, pur essendo Urso un ministro con portafoglio, ha ricevuto dalla presidente Meloni anche la delega a un ufficio della presidenza del consiglio. Si tratta della struttura che si occupa delle politiche spaziali e aerospaziali e, anche in questo caso, il ministro ha optato per una scelta di continuità.

Agricoltura e istruzione tendono alle conferme

Altri ministri, come è normale, hanno optato per confermare alcuni dei loro dirigenti e per cambiarne altri. In questo caso dunque parliamo di dicasteri in cui al vertice della struttura non si trova un segretario generale ma più capi dipartimento.

2 su 3 i capi dipartimento confermati dal ministro dell’agricoltura Lollobrigida.

Francesco Lollobrigida (Fratelli d’Italia) ad esempio ha confermato 2 dei 3 capi dipartimento del ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. La scelta di Giuseppe Blasi a capo dipartimento politiche europee e internazionali non è stata una sorpresa. D’altronde tutti i governi hanno fatto lo stesso sin dal 2012. La conferma di Felice Assenza all’Ispettorato centrale della tutela della qualità invece era meno ovvia, viste le nomine ricevute dai ministri Bellanova (secondo governo Conte) e Patuanelli (governo Draghi).

Francesco Saverio Abate ha avuto un percorso simile, in questo caso però Lollobrigida gli ha preferito Stefano Scalera al dipartimento politiche competitive. Una scelta che può apparire curiosa visto che Scalera in passato ha ricevuto incarichi da diversi ministri di centrosinistra, sia in uffici di diretta collaborazione che a capo dell’agenzia del demanio. Andando indietro nel tempo però emerge come il primo a conferirgli questo incarico sia stato il Giulio Tremonti, durante il quarto governo Berlusconi.

Il ministro dell’istruzione Valditara invece ha sostituito un capo dipartimento e ne ha confermato un altro. Anche se a ben vedere si tratta quasi di due conferme. Infatti Carmela Palumbo, nominata al dipartimento per il sistema educativo al posto di Stefano Versari, aveva già ricoperto l’incarico tra il 2017 e il 2020. In quegli stessi anni peraltro, al vertice di un altro dei dipartimenti del vecchio ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca sedeva proprio l’attuale ministro Giuseppe Valditara.

Economia e ambiente, un rinnovamento quasi completo

Altri ministri hanno rinnovato quasi completamente la dirigenza di vertice. Tra questi Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’ambiente, e Giancarlo Giorgetti, alla guida di uno dei dicasteri più importanti dell’amministrazione statale, quello dell’economia.

1 su 4 gli incarichi confermati ai capi dipartimento del ministero dell’economia.

Dei 4 capi dipartimento in carica durante il governo Draghi solo il ragioniere generale dello stato, Biagio Mazzotta, è rimasto al suo posto. Diversamente è andata per il direttore generale del tesoro, Alessandro Rivera, figura di primissimo piano della pubblica amministrazione italiana. Secondo diverse ricostruzioni stampa peraltro la sua sostituzione non sarebbe avvenuta su impulso del ministro Giorgetti, ma piuttosto di palazzo Chigi.

Cambio anche al dipartimento delle finanze. In questo caso però la cosa è andata diversamente. Infatti Fabrizia Lapecorella, che ricopriva l’incaico dal 2008, è ora alla guida del dipartimento per le politiche europee della presidenza del consiglio. Una casella chiave nella gestione del Pnrr posta sotto la responsabilità del ministro Raffaele Fitto.

Infine un cambio si è avuto anche al dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi. Qui Giorgetti ha voluto Ilaria Antonini, già a capo del dipartimento per le politiche sulla famiglia della presidenza del consiglio.

Quasi la stessa proporzione anche al ministero dell’ambiente. Infatti il ministro Gilberto Pichetto Fratin (Forza Italia) ha confermato un capo dipartimento e ne ha sostituiti due. La nomina del quarto dirigente invece è stata la prima di un dipartimento di nuova istituzione: l’unità di missione per il Pnrr.

Segretari generali e spoils system

In alcuni ministeri poi sono stati sostituiti tutti i dirigenti. In 4 casi si trattava solo dei segretari generali, mentre in due ministeri di 8 capi dipartimento.

6 i ministeri in cui sono stati cambiati tutti i vertici. In 4 casi si è trattato esclusivamente del segretario generale.

Presso il ministero dell’università la segreteria generale è stata affidata a una dirigente della presidenza del consiglio, Francesca Gagliarducci, già capo del dipartimento del personale. Nei ministeri del lavoro e del turismo invece al segretario generale in carica è stato preferito un altro funzionario dello stesso dicastero.

Il ministero della cultura si trova ancora oggi privo di un segretario generale.

Al ministero del lavoro il dirigente ricopriva fino a quel momento il ruolo di direttore generale. Presso il ministero del turismo invece la scelta è ricaduta su una dirigente di seconda fascia, Barbara Casagrande. Una scelta maturata a lungo dalla ministra Santanchè. Per la nomina infatti sono stati necessari circa 125 giorni. Anche al ministero della cultura si è optato per il rinnovamento, visto che il segretario generale precedente non è stato confermato nei tempi richiesti. Anzi a quasi 150 giorni dalla nascita del nuovo governo ancora si attende la nuova nomina.

Alla giustizia e alle infrastrutture si cambia tutto

I ministeri della giustizia e delle infrastrutture, guidati rispettivamente da Nordio (indipendente) e Salvini (Lega), sono le strutture dove lo spoils system ha avuto l’applicazione più radicale. Qui sono stati sostituiti tutti i capi dipartimento.

Dei 3 dirigenti sostituiti da Salvini presso il ministero delle infrastrutture si segnala che uno, Mauro Bonaretti, è stato il segretario generale alla presidenza del consiglio di Matteo Rnzi (e capo di gabinetto del ministro Del Rio). Un’altra invece, Ilaria Bramezza, prima di essere chiamata al ministero da Giovannini è stata per 4 anni segretario generale del presidente della regione veneto Luca Zaia (Lega).

Dei 5 capi dipartimento della giustizia sostituiti 3 erano stati chiamati a svolgere l’incarico per la prima volta dalla ministra Cartabia. Tra questi il primo sostituito dal nuovo ministro Nordio è stato Carlo Renoldi, capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Lo hanno seguito poi il capo del dipartimento affari di giustizia e quello della transizione digitale. Quest’ultimo è da precisare è rimasto in carica pochissimi mesi, vista la recentissima istituzione di questo dipartimento (Dl 152/2021).

Gemma Tuccillo era invece a capo del dipartimento per la giustizia minorile già dal 2017 (ministro Orlando – Partito democratico) mentre Barbara Fabbrini guidava il dipartimento dell’organizzazione giudiziaria dal 2018 (ministro Bonafede – Movimento 5 stelle).

Foto: ministero dell’economia e delle finanze

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