Il governo Meloni non è riuscito a decongestionare i porti siciliani Migranti

Nonostante le intenzioni di inizio anno, 8 sbarchi su 10 avvengono in Sicilia, il dato più alto degli ultimi anni. Una strategia che non risolve il problema della redistribuzione, ma rende più duro il viaggio dei migranti e le operazioni di salvataggio delle Ong.

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Nel corso del 2023 il governo presieduto da Giorgia Meloni ha introdotto diverse novità in materia migratoria. Da un punto di vista normativo si tratta principalmente del cosiddetto “decreto Cutro” oltre che della dichiarazione dello “stato di emergenza immigrazione”.

Da un punto di vista pratico invece l’anno si è aperto con un braccio di ferro con molte Ong impegnate nei soccorsi in mare, alle quali il governo ha imposto porti di sbarco spesso molto distanti dal punto in cui sono avvenuti i soccorsi.

Decongestionare i punti di sbarco

La motivazione fornita dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi si riferisce alla presunta necessità di ridurre la pressione nei consueti punti di sbarco, ovvero principalmente in Sicilia e nello specifico ad Agrigento.

Noi vogliamo fare in modo che si decongestioni il più possibile l’approdo nei porti di Calabria e Sicilia.

Si tratta di una dichiarazione che già allora lasciò qualche dubbio, considerando che, seppur con un aumento degli arrivi rispetto agli anni precedenti, il numero degli sbarchi a gennaio era comunque modesto rispetto alla media dei mesi estivi.

Nonostante ciò, nel corso dei primi due mesi dell’anno il governo ha costretto diverse navi umanitarie a percorrere centinaia di miglia nautiche per far sbarcare circa 760 migranti in regioni del centro o addirittura del nord Italia.

Purtroppo attualmente il Viminale non rilascia pubblicamente dati sui porti di sbarco dei migranti. Un’informazione che invece, fino alla fine del 2018, era disponibile sul cruscotto statistico giornaliero dello stesso ministero.

Comunque alcune informazioni aggregate a livello regionale sono disponibili sul portale di Unhcr dedicato alla situazione migratoria nel mediterraneo. Inoltre Matteo Villa, ricercatore di Ispi, ha messo a disposizione un set di dati che contiene informazioni sui luoghi di sbarco delle sole navi umanitarie.

Gli sbarchi delle navi umanitarie nel corso del 2023

Come accennato, nonostante nei primi mesi dell’anno il numero di sbarchi sia stato decisamente più contenuto rispetto al periodo estivo, è proprio in quella fase che le navi delle organizzazioni umanitarie sono state costrette più di frequente a raggiungere porti di regioni dell’Italia centrale o settentrionale.

83,87% la quota di persone soccorse da navi umanitarie che nel gennaio 2023 sono state fatte sbarcare in porti del centro o del nord Italia.

Questo dato è poi calato significativamente nei mesi successivi, arrivando al 14,6% ad aprile e al 27,9% ad agosto. Eppure è proprio durante i mesi estivi che i porti del mezzogiorno si trovano più in difficoltà nelle procedure di accoglienza e smistamento dei richiedenti asilo nei diversi centri sparsi sul territorio nazionale.

Questo fenomeno può essere osservato anche guardando alle miglia nautiche che le imbarcazioni umanitarie sono state costrette a percorrere da Lampedusa. L’isola siciliana infatti rappresenta quasi sempre il punto più vicino in cui le navi dovrebbero poter sbarcare le persone soccorse e in questo caso è quindi usata come punto di riferimento per valutare la strada in eccesso percorsa rispetto al luogo di sbarco più vicino.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Matteo Villa – Ispi
(ultimo aggiornamento: domenica 20 Agosto 2023)

Analizzando la media mensile delle miglia percorse dalle navi delle Ong emerge un calo quasi costante rispetto all’inizio dell’anno. Infatti se a gennaio è stato chiesto alle imbarcazioni di soccorso di percorrere in media 592 miglia nautiche per raggiungere il porto di sbarco, questo dato è passato ad agosto a 253. Si tratta dunque di una buona notizia, visto che trattenere i migranti in mare senza una buona ragione rappresenta secondo molti un’ingiustificato aumento delle loro sofferenze tale da essere configurabile in certi casi come una tortura.

E’ un’azione illegittima perché non è giustificata. Se non si vuole gravare ancora su Lampedusa si possono assegnare porti in Sicilia o in Puglia o in Calabria. Prima di arrivare nelle Marche ci sono tanti luoghi sicuri.

Certo questo non vuol dire che alle navi Ong non sia più chiesto di portare i migranti in porti molto lontani. Ad agosto ad esempio non sono mancati casi in cui a queste imbarcazioni sono stati assegnati porti come Ancona (730 miglia nautiche da Lampedusa), Ortona (660) o La Spezia (540). Nonostante questo però sembra che il fenomeno vada riducendosi.

È inoltre da considerare che anche altre direttive del governo sembrano aver perso centralità. Si pensi ad esempio al fatto che nelle scorse settimane la guardia costiera ha chiesto ad alcune navi Ong di effettuare salvataggi multipli. E questo nonostante il governo abbia previsto specifiche misure per impedire o quantomeno limitare il più possibile questo tipo di soccorsi (decreto legge 1/2023).

Considerando complessivamente questi elementi viene in effetti da chiedersi se non sia proprio l’esecutivo ad aver riconsiderato, almeno in parte, l’effetto dannoso sulla logistica degli sbarchi di alcune delle regole e delle procedure che lui stesso ha imposto. E questo anche al netto di casi clamorosi come quello in cui alla nave Geo Barents è stato imposto di approdare a La Spezia, salvo poi trasportare i richiedenti asilo fino a Foggia in pullman.

Ma nonostante nel corso dell’estate sia stato fatto ampio ricorso alle navi umanitarie, non sono cessate del tutto le iniziative tese ad ostacolarne il lavoro. Anche nei giorni scorsi infatti alcune navi umanitarie hanno ricevuto delle multe e sono state sottoposte a fermo amministrativo.

Gli sbarchi nelle regioni italiane nel corso degli anni

Ma per valutare l’efficacia della strategia del governo nell’intento di decongestionare i porti di Calabria e Sicilia, oltre all’andamento nel corso dell’anno conviene confrontare il dato con quello degli anni precedenti e non solo in relazione alle navi umanitarie, ma al totale degli sbarchi.

I dati tuttavia sembrano confermare che l’obiettivo di decongestionare i porti siciliani è ben lontano dall’essere raggiunto. Tra il primo gennaio e il 20 agosto 2023 infatti l’84,47% degli sbarchi è avvenuto proprio in Sicilia. Il dato più alto dal 2016.

84,47% la quota di sbarchi effettuati in Sicilia, piuttosto che in altre regioni italiane, nel corso del 2023.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Unhcr
(ultimo aggiornamento: domenica 20 Agosto 2023)

Ma anche prendendo come riferimento i porti di Sicilia e Calabria il dato rimane il più alto degli ultimi anni (93,29%).

Solo considerando anche la Puglia si osserva un lieve miglioramento. Tuttavia in genere la quota di sbarchi che avviene in questa regione è molto più bassa di quella della Sicilia, ma anche della Calabria. In effetti l’unico anno in cui il dato pugliese si è avvicinato a quello della Calabria è il 2019. Ma si tratta proprio dell’anno record di partenze dal mediterraneo orientale (in particolare dalla Turchia), ed è probabilmente questa la ragione che spiega il maggior coinvolgimento della Puglia.

Foto: Michele Vannucchi

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