Il grande potenziale dell’investimento in istruzione #conibambini
Nel 2022 l’Italia ha speso circa il 4% del proprio Pil in istruzione, un dato piuttosto stabile nell’ultimo decennio e inferiore alla media Ue (4,7%). L’investimento sul comparto può contribuire a ridurre i divari educativi e sociali esistenti.
martedì 3 Dicembre 2024 | Povertà educativa
- 12,3% la povertà assoluta familiare quando la persona di riferimento ha la licenza media. La quota scende al 4,6% in presenza del diploma.
- 4,1% la spesa in istruzione sul Pil dell'Italia nel 2022, meno della media Ue (4,7%).
- Dal 2010 l'Italia è tra i maggiori paesi Ue quello che spende meno rispetto al Pil.
- I paesi europei con più spesa in istruzione spesso hanno migliori risultati nei test Ocse.
- Per l'Italia la priorità è intervenire sui divari territoriali.
L’istruzione resta il principale investimento contro la povertà e la sua trasmissione di generazione in generazione. In quest’ottica, garantire l’accesso all’educazione di qualità per tutti è centrale, anche per le politiche di inclusione sociale.
L’Italia dal 2010 è – tra i maggiori paesi Ue – quello che spende meno in istruzione in rapporto al proprio prodotto interno lordo. Si tratta di un valore quantitativo, che quindi di per sé non rappresenta un indicatore di qualità dell’offerta educativa.
Allo stesso tempo, porre questo comparto al centro delle politiche pubbliche può contribuire a una riduzione dei divari sociali, educativi e territoriali che gravano sul paese. Oggi infatti resta ancora forte, e problematica, la correlazione tra condizione sociale e livello di istruzione. E le tendenze internazionali segnalano come un maggior investimento sull’istruzione vada spesso di pari passo con migliori risultati degli studenti nelle prove Ocse-Pisa.
Il legame tra povertà e livello di istruzione
Abbiamo spesso avuto modo di approfondire quanto il livello di istruzione resti collegato alla condizione economica di partenza, perpetuando il circolo vizioso che viene definito povertà educativa.
L’istruzione dei genitori condiziona molto il futuro dei bambini, a partire dai primi anni di vita. Oltre un terzo dei figli di non diplomati si trova in deprivazione materiale e non ha perciò accesso alle stesse possibilità dei coetanei più avvantaggiati. Tale svantaggio si trascina durante tutto il percorso di crescita, come testimoniato dal minor accesso alle opportunità culturali e formative, dai livelli di apprendimento inferiori e dalla maggiore incidenza di fenomeni quali dispersione e abbandono scolastico.
La tendenza è tristemente confermata quando ragazze e ragazzi si avvicinano alla maturità: sono infatti soprattutto i figli dei laureati ad andare avanti gli studi.
Chi parte da una condizione di svantaggio ha ancora più bisogno dell’accesso alla scuola e alle opportunità educative intese in senso ampio, dalla socialità alle attività sportive e culturali, così da superare questi limiti. E non rendere tale condizione ereditaria.
I più recenti dati sulla povertà, pubblicati nell’ottobre scorso, lo hanno confermato chiaramente: al diminuire del titolo di studio aumenta l’incidenza della povertà assoluta.
4,6% l’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie con persona di riferimento diplomata. La quota supera il 12% se ha la licenza media.
La spesa dei paesi Ue sull’educazione
Per rompere questo legame il principale strumento a disposizione del decisore è l’offerta di istruzione di qualità per tutte e tutti. Ciò si traduce in un investimento complessivo, che non riguarda unicamente l’entità delle risorse spese ma anche – e soprattutto – la qualità dell’offerta educativa cui bambini e ragazzi hanno accesso. Allo stesso tempo, le risorse investite sul comparto possono essere comunque considerate un indicatore di quanto l’impegno su questo fronte venga considerato essenziale dal decisore.
Tra i 27 paesi Ue, in media, la spesa in istruzione nel 2022 è stata pari al 4,7% del prodotto interno lordo. Dieci stati, tra cui l’Italia, si attestano al di sotto di tale soglia. Con il 4,1% del Pil investito in istruzione, il nostro paese supera solo Bulgaria (3,9%), Grecia (3,8%), Romania (3,2%) e Irlanda (2,7%).
L’Italia è tra i 5 paesi Ue con minor spesa in istruzione
Percentuale di spesa pubblica in educazione rispetto al Pil (2022)
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: lunedì 22 Luglio 2024)
Due paesi, Svezia e Belgio, hanno superato la quota del 6% nel 2022. Poco sotto questa soglia anche Estonia, Slovenia e Finlandia.
Nel confronto con gli altri due maggiori partner Ue, l’Italia si colloca a 0,4 punti dalla Germania (4,5%) e a oltre un punto percentuale dalla Francia (5,2%). Questa distanza non è nuova essendosi consolidata nel corso degli ultimi 10-15 anni, in particolare in seguito alla grande recessione iniziata nel 2008.
In quell’anno la Francia spendeva più dell’Italia e della media europea, mentre la Germania si attestava al di sotto del nostro paese (3,9% a fronte del 4,3% dell’Italia). Negli anni successivi, anche in risposta alla successiva crisi finanziaria e debitoria, la quota di Pil speso in istruzione è progressivamente diminuita, portando al sorpasso della Germania sull’Italia.
Dal 2010 dei 3 maggiori stati Ue l’Italia è quello che spende meno in istruzione in rapporto al Pil
Percentuale di spesa in istruzione rispetto al Pil (2005-22)
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: lunedì 22 Luglio 2024)
Ovviamente questo dato da solo non esaurisce il ragionamento, che dovrebbe includere anche aspetti più qualitativi, come l’adeguatezza ed efficienza delle risorse impiegate.
Tuttavia il confronto resta comunque interessante per due motivi. In primo luogo, perché il livello di spesa in istruzione resta comunque un indicatore indiretto della priorità attribuita dal decisore, nazionale e locale, all’impegno per l’educazione dei più giovani. In secondo luogo perché le tendenze internazionali segnalano un possibile legame tra l’investimento sull’istruzione e i risultati negli apprendimenti di ragazze e ragazzi.
La spesa in istruzione e l’apprendimento degli studenti
In molti casi gli investimenti vanno di pari passo con migliori risultati negli apprendimenti. Questa correlazione non basta a indicare una causalità, a maggior ragione perché la quota di Pil spesa in istruzione non può assolutamente essere considerata un indicatore di qualità del sistema educativo di un paese. Allo stesso tempo, è rilevante osservare che i paesi europei che spendono di più in istruzione in molti casi siano anche quelli con migliori performance nei test Ocse-Pisa.
Nei paesi europei con più spesa in istruzione i risultati nei test Ocse sono migliori
Confronto tra la quota di Pil spesa in istruzione e i punteggi in matematica nei test Ocse-Pisa (2022)
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Ocse-Pisa e Eurostat
Il paese europeo con il punteggio più alto nei test Ocse-Pisa di matematica del 2022, l’Estonia (510 punti), è anche il terzo paese Ue per spesa in educazione su Pil (5,8%). Il secondo punteggio europeo è della Svizzera, paese non Ue. Anche in questo caso con oltre il 5% del Pil in istruzione e un punteggio superiore a 500.
A seguire, i risultati migliori si registrano nei Paesi Bassi, in Irlanda, Belgio, Danimarca e Polonia, con un livello di apprendimento poco inferiore a 500. Anche in questi casi si tratta spesso di paesi con oltre il 5% del Pil speso in istruzione, con l’eccezione di Polonia (4,6%) e Irlanda (2,7%). Nel considerare il Pil di quest’ultimo stato va però considerata l’anomalia evidenziata nella letteratura e dagli osservatori. Il confronto per l’isola è infatti distorto dall’incidenza sul prodotto interno lordo delle grandi aziende tecnologiche con sede fiscale nel paese.
Con l’eccezione di Cipro, nessuno dei paesi Ue con i peggiori punteggi (inferiori a 450) arriva al 4% di spesa su Pil. Oltre all’isola del mediterraneo orientale, parliamo di Grecia, Romania e Bulgaria.
La priorità italiana: i divari territoriali
Nel caso dell’Italia, le risorse destinate al sistema educativo dovrebbero essere rivolte alla riduzione dei divari territoriali, innanzitutto in termini di offerta d’istruzione. Dagli asili nido alla presenza di mense, dall’edilizia scolastica all’accesso al tempo pieno, sono numerosi gli ambiti dove il paese si muove a più velocità.
Come conseguenza, anche i livelli di apprendimento rimangono fortemente sperequati. Come abbiamo avuto modo di raccontare, in 3 capoluoghi del sud su 4 oltre la metà degli studenti di seconda superiore ha competenze inadeguate in matematica. Migliorare la posizione internazionale del paese sugli apprendimenti significa investire per ridurre gli ampi divari territoriali che lo affliggono.
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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi agli apprendimenti sono di fonte Invalsi.
Foto: Allison Shelley/The Verbatim Agency for EDUimages (Flickr) – Licenza