Il memorandum Ue-Tunisia mette a rischio i diritti dei migranti Migranti
L’Ue ha siglato un memorandum d’intesa con la Tunisia, con cui mette a disposizione ingenti fondi. Un “modello” che però ha vari precedenti e fa parte di una strategia di contenimento dei flussi migratori. Qui, affidato a un governo che non ha finora rispettato i diritti umani dei migranti.
venerdì 28 Luglio 2023 | Migranti
- Il piano prevede finanziamenti pari a 150 milioni di euro di sostegno al bilancio più 105 milioni per la gestione delle frontiere.
- La strategia è quella di rendere gli aiuti economici condizionali alla gestione dei flussi migratori.
- Nel 2023, soprattutto da giugno, la Tunisia è il paese da cui arrivano più migranti diretti verso l'Italia.
- Il governo tunisino ha sostenuto la teoria della sostituzione etnica e non ha rispettato i diritti dei migranti.
Dopo settimane di negoziati iniziate con l’incontro tra il commissario europeo per gli affari interni Ylva Johnsson e il presidente Kais Saied, l’Unione europea ha siglato un memorandum di intesa con il governo tunisino. L’atto deve ancora essere ratificato dagli stati membri e comunque rappresenta un’intesa non vincolante. Almeno finché non verrà integrato da accordi dettagliati.
L’accordo sarebbe un “modello” per gli altri paesi del nord Africa.
Tuttavia l’atto rappresenta l’assunzione, da parte dell’Ue, di impegni politici e finanziari verso la Tunisia che comprendono, soprattutto, l’avvio di un parternariato strategico nella gestione dei flussi migratori in partenza dal paese nord-africano. Analogamente ad accordi precedenti come quello del 2016 con la Turchia o il memorandum d’intesa tra Italia e Libia, l’accordo si inserisce in una strategia di condizionalità degli aiuti economici e di esternalizzazione delle frontiere europee. Per la presidente Giorgia Meloni, costituirebbe anche un “modello” per accordi futuri con altri paesi nord-africani.
Ovviamente l’Unione europea è interessata alla ripresa economica della Tunisia per molte ragioni, non da ultimo quella di poterla considerare un paese sicuro per i migranti. Inoltre, siccome essa si trova al suo confine meridionale, vuole farne una frontiera esterna ben controllata. A subire le conseguenze del patto sono soprattutto i migranti stessi. Negli ultimi mesi infatti il governo tunisino ha applicato una politica fortemente ostile nei confronti dei migranti in transito nel paese. Una politica di cui l’Unione europea rischia di diventare complice, nonostante i blandi richiami al rispetto dei diritti umani contenuti nel memorandum.
Il memorandum di intesa e i finanziamenti europei alla Tunisia
Ormai da qualche mese l’Unione europea conduce negoziati con la Tunisia. Già il 27 aprile il commissario europeo per gli affari interni Ylva Johnsson aveva incontrato tre ministri tunisini in vista di un partenariato strategico, soffermandosi in particolare sul piano migratorio. Nel mese di giugno ha avuto luogo un altro incontro a cui hanno partecipato il presidente tunisino Kais Saied e la presidente del consiglio Giorgia Meloni, seguito da uno ulteriore, a cui hanno partecipato anche il primo ministro olandese Mark Rutte e la presidente della commissione europea Ursula Von Der Leyen. Un formato negoziale composto da esponenti sia delle istituzioni europee che di alcuni stati membri noto come “Team Europe”.
Il 16 luglio 2023, Saied e il Team Europe si sono incontrati nuovamente e hanno firmato il memorandum di intesa. Ha firmato anche il commissario per il vicinato e l’allargamento Olivér Várhelyi, di nazionalità ungherese.
Il memorandum d’intesa mira a creare un partenariato strategico tra Unione europea e Tunisia e si articola su cinque pilastri:
- stabilità macroeconomica (l’Ue si impegna a favorire la ripresa economica tunisina);
- economia e commercio (specificamente nei settori dell’agricoltura, dell’economia circolare, della transizione digitale, del trasporto aereo e degli investimenti);
- transizione energetica;
- avvicinamento dei popoli (facilitazione degli scambi);
- migrazioni e mobilità (lotta ai trafficanti, sostegno alla protezione delle frontiere).
L’obiettivo è quindi da una parte rafforzare i rapporti economici e commerciali e sostenere riforme per la stabilità macroeconomica della Tunisia. Dall’altra, avviare una cooperazione strategica per fermare i flussi migratori illegali diretti verso l’Europa dal paese nord-africano. Quest’ultimo è il vero fulcro dell’accordo.
Gli obiettivi politici sono affiancati poi da una serie di investimenti. Stando alle informazioni rilasciate, la Eu comprehensive partnership package with Tunisia è l’esito di una dichiarazione congiunta risalente all’11 giugno, l’incontro precedente alla firma del memorandum, a cui questo fa riferimento. Le informazioni sui finanziamenti sono però scarse e vaghe, essendo a oggi disponibile soltanto un’infografica della commissione europea.
Secondo quanto diffuso dalla commissione, si tratta di 150 milioni di euro di sostegno al bilancio (la Tunisia è vicina al default), a cui si aggiungono più di cento milioni per la gestione delle frontiere e 81 milioni per scambi tra le popolazioni europea e tunisina (soprattutto nel settore dell’educazione). Al momento però l’articolazione dei fondi, in particolare dei 150 milioni di supporto al bilancio, rimane vaga.
105 milioni di euro i finanziamenti che l’Ue si impegna a destinare alla Tunisia per la gestione delle migrazioni.
A questi fondi, disponibili immediatamente, si aggiunge un prestito pari fino a 900 milioni di euro (non viene specificata la sua entità esatta). Per accedere al prestito, il paese dovrà prima impegnarsi ad attuare le riforme indicate dal fondo monetario internazionale, tramite cui otterrebbe un prestito, da parte del Fmi, pari a 1,9 miliardi di dollari in un periodo di 48 mesi. Il Fmi indica come riforme necessarie: rendere più egualitarie le politiche fiscali, ridurre la spesa pubblica, dare una nuova regolamentazione alle aziende di proprietà statale, aumentare la competizione (introducendo incentivi per gli investimenti) e rafforzare la governance e la trasparenza del settore pubblico. Si tratta di condizioni molto vaghe e aperte all’interpretazione.
Il modello e i suoi precedenti
Con il memorandum di intesa l’Unione europea si impegna a elargire ingenti risorse alla Tunisia manifestando due intenzioni. In primo luogo quella economica, ovvero fare in modo che il paese non finisca in bancarotta, concedendo fondi e promettendo quasi un miliardo di euro in prestiti oltre ai quasi 2 miliardi già resi disponibili dal fondo monetario internazionale. E questo malgrado il presidente Saied abbia già esplicitato la sua volontà di non introdurre le riforme richieste.
L’Ue vuole finanziare il controllo delle sue frontiere esterne meridionali.
Dall’altra parte c’è la questione migratoria. La Tunisia è un paese di transito molto importante per i migranti che dall’Africa cercano di raggiungere l’Europa e, con l’obiettivo di fermarli, il paese nord-africano gioca un ruolo fondamentale. Per questo l’Ue vuole investire nel controllo della frontiera tunisina. La questione economica non è poi scollegata da quella migratoria. Intanto perché un’eventuale bancarotta tunisina renderebbe più complessi tutti i dossier collegati al paese. Ma anche perché in quel caso diverrebbe ancora meno sostenibile definire la Tunisia un “luogo sicuro”, pratica che al momento fa sì che l’Ue possa respingere i migranti provenienti da lì. Secondo l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), oltre al fattore di instabilità economica e politica, la Tunisia è anche un paese in cui il diritto all’asilo non ha una inquadratura legale completa.
L’intento dietro al memorandum è quindi di investire in Tunisia per salvarla dalla bancarotta e allo stesso tempo porre una condizionalità degli aiuti finanziari, vincolati soprattutto all’implementazione di politiche securitarie lungo i confini e quindi all’esternalizzazione delle frontiere.
Un “modello”, come l’ha definito Giorgia Meloni, applicabile a tutti i paesi del nord-Africa, che non costituisce però una novità. Già nel 2016 l’Europa aveva siglato un accordo simile con la Turchia, che stabiliva che quest’ultima avrebbe ricevuto 6 miliardi di euro in aiuti se in cambio avesse contenuto i flussi di rifugiati siriani che cercavano di raggiungere l’Europa. Analogo il contenuto del memorandum Italia-Libia firmato nel 2017 e rinnovato nel 2022. Inoltre, per quanto riguarda specificamente il caso della Tunisia, già tra il 2015 e il 2022 l’Ue ha allocato tra i 93 e i 178 milioni di euro per combattere la migrazione irregolare.
Tunisia, la nuova frontiera esterna dell’Ue
Le vere vittime del memorandum di intesa sono i migranti sub-sahariani, provenienti soprattutto dai paesi dell’Africa occidentale, che si trovano in Tunisia. Negli ultimi mesi infatti la Tunisia è diventata uno dei principali punti di collegamento tra il continente africano e l’Europa e a luglio del 2023 è il paese da cui partono più migranti verso l’Italia.
Secondo le stime dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), già nel 2022 il 31% degli sbarchi proveniva dalla Tunisia, seconda solamente alle Libia con il 51%. Nel 2023 la situazione si è capovolta e la Tunisia è diventato il primo paese di transito per i migranti diretti in Italia.
51.510 i migranti arrivati sulle coste italiane dalla Tunisia, al 23 luglio 2023.
Gli arrivi di migranti dalla Tunisia nel 2023
I migranti partiti dalla Tunisia e sbarcati in Italia nel corso del 2023
I dati si riferiscono agli arrivi via mare di migranti provenienti dalla Tunisia (paese di partenza e non di origine dei migranti stessi). Viene indicato l’andamento dal primo gennaio al 23 luglio.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Ispi
(consultati: martedì 25 Luglio 2023)
Nel periodo percorso tra il primo incontro dell’11 giugno e la firma del memorandum d’intesa arrivata il 16 luglio le partenze dalla Tunisia sono molto cresciute. Una dinamica che lascia intravedere il rischio più evidente della strategia di esternalizzazione delle frontiere. Ovvero quello di permettere a un paese terzo di usare la leva migratoria come strumento negoziale nei confronti dell’Europa. Un fenomeno che si è verificato anche nei casi libico e turco.
I migranti presenti in Tunisia in questo momento si trovano in condizioni estremamente precarie. Da febbraio il presidente Saied ha fatto dichiarazioni razziste nei confronti degli africani sub-sahariani, ricorrendo alla teoria della sostituzione etnica. Ha avviato una campagna mediatica che ha diffuso una retorica sovranista e intollerante, con un razzismo istituzionale.
Soprattutto dopo l’uccisione di un cittadino tunisino poche settimane fa, hanno avuto luogo rastrellamenti, aggressioni e sfratti ai danni della comunità migrante. Centinaia di migranti sub-sahariani sono stati deportati verso zone desertiche vicine al confine con la Libia, senza cibo né acqua o all’interno di zone militari dove le persone non autorizzate come i giornalisti non possono entrare.
La Tunisia non può essere considerata un paese sicuro per i migranti che vi transitano. Non c’è nessuna garanzia che il governo ricorrerà a pratiche rispettose dei diritti umani per contenere i flussi migratori diretti verso l’Europa e ha dichiarato di non voler costruire centri di accoglienza né di voler istituire una propria zona Sar (search and rescue). L’Ue, dal canto suo, non ha esplicitamente parlato di protezione dei migranti stessi. Concedendo finanziamenti e stringendo accordi di collaborazione con la guardia costiera tunisina e le altre istituzioni, l’Ue legittima e si rende partecipe delle politiche attuali.