Il patrimonio culturale nel contrasto della povertà educativa #conibambini
L’Italia dispone di uno dei patrimoni culturali più ampi del mondo. Restano però ancora divari nella sua fruizione da parte dei minori, anche legati al reddito. Attraverso i musei, è possibile realizzare progetti di inclusione rivolti anche al contrasto della povertà educativa.
martedì 17 Settembre 2024 | Povertà educativa
- 60 i beni Unesco in Italia, il paese con più siti culturali iscritti.
- Solo una persona su 10 in famiglie a basso reddito con figli visita siti culturali.
- 11,8% i musei che hanno attivato progetti di inclusione per persone in povertà economica, educativa o sociale.
- I più attivi su questo fronte sono i musei del sud continentale: 30% in Campania, 22% in Calabria, 19,8% in Puglia.
- Più indietro quelli nelle aree interne (7,7%), a fronte di un patrimonio culturale ampio da valorizzare contro la povertà educativa.
Con la recente iscrizione della via Appia, l’Italia si è confermata il paese che può vantare la maggiore offerta di patrimonio culturale a livello mondiale, con gli inserimenti avvenuti a fine luglio nella 44esima sessione di Unesco.
Salgono a 60 i beni italiani iscritti nelle liste Unesco, di cui 54 culturali e 6 naturali. Una cifra che supera la Cina (al secondo posto con 59 beni Unesco, di cui 44 culturali o misti), la Germania (54 beni totali, di cui 51 culturali) e la Francia (53 beni totali, di cui 46 culturali o misti).
Evidentemente, queste cifre rappresentano solo la punta dell’iceberg del patrimonio culturale esistente nel paese. Un capitale diffuso, prezioso e insostituibile anche per impostare le politiche di contrasto alla povertà educativa.
A fronte di questo primato, tuttavia, restano ancora divari nella fruizione da parte di bambini e ragazzi del patrimonio culturale, anche in ragione della condizione economica e sociale della famiglia.
36,9% le persone in famiglie con figli ad alto reddito che hanno visitato siti culturali nel 2022. Tra quelle a basso reddito la quota scende al 11,3%.
Nel 2022, l’11,8% dei musei ha attuato dei partenariati o delle collaborazioni formali con la comunità educante, per realizzare progetti di inclusione rivolti a soggetti che vivono in povertà economica, educativa o culturale. Con ampie differenze territoriali, che possiamo ricostruire attraverso l’analisi dei microdati provenienti dall’indagine sui musei di Istat.
Gli ostacoli socio-economici nell’accesso al patrimonio culturale
Quella che viene definita fruizione della cultura, tra cui l’accesso a siti culturali, musei, gallerie d’arte, monumenti storici e parchi archeologici, varia molto in funzione della condizione socio-economica della famiglia in cui si vive.
Una tendenza che vale per tutti i paesi europei. Nei nuclei con figli a carico, al crescere del reddito familiare, cresce anche la percentuale di quelle che hanno avuto accesso al patrimonio culturale negli ultimi mesi.
In Italia chi vive in una famiglia a basso reddito con figli nel corso del 2022 ha visitato un sito culturale solo nell’11,3% dei casi. Una quota che è metà di quella media (22,6%) e meno di un terzo rispetto a chi vive in famiglie ad alto reddito con figli a carico (36,9%).
In Italia solo una persona su 10 in famiglie con figli a basso reddito visita siti culturali
Percentuale di persone in famiglie con figli che hanno visitato siti culturali negli ultimi 12 mesi per livello di reddito familiare (2022)
Tra i siti culturali sono compresi monumenti storici, musei, gallerie d’arte e siti archeologici. La partecipazione delle famiglie a questo tipo di attività è stata disaggregata in base al quintile di reddito della famiglia: dal primo quintile (redditi più bassi) al quinto (redditi più alti).
Per semplicità, nell’elaborazione sono presentati i valori relativi al primo quintile, al quinto e alla media di ciascun paese. Dati non disponibili per la Germania.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: mercoledì 24 Aprile 2024)
Quote che sono generalmente inferiori a quelle degli altri paesi Ue. Non è disponibile il dato tedesco, ma l’accesso al patrimonio culturale per le famiglie a basso reddito con figli è più elevato sia in Francia (16,6%) che in Spagna (24,8%).
Le famiglie a basso reddito con figli sono le più penalizzate nell’accesso a siti culturali.
In altri casi la distanza risulta persino più ampia. In Danimarca, ad esempio, nelle famiglie a basso reddito con figli l’incidenza di chi ha visitato siti culturali nell’ultimo anno è del 52,1%. Anche in questo paese si conferma la relazione tra condizione economica e partecipazione culturale: la quota raggiunge infatti il 72,6% in famiglie ad alto reddito con figli. Tuttavia, la partecipazione culturale delle famiglie danesi a basso reddito è superiore rispetto a quella delle famiglie italiane a medio e alto reddito.
Il ruolo attivo dei musei nella fruizione di cultura
I dati appena visti inducono una riflessione più generale sulla necessità di sensibilizzare e promuovere un accesso largo alla cultura per bambini e ragazzi. Un percorso che deve vedere l’inclusione in primis di chi si trova in condizione di povertà economica.
10,2% i giovani che in Italia indicano motivi finanziari per il mancato accesso a siti culturali.
Attualmente, tra i giovani di 16-29 anni che non frequentano siti culturali come musei, gallerie e siti archeologici, uno su 10 indica motivi economici tra le cause del mancato accesso.
Come sempre in questi casi, la povertà economica e quella educativa si rafforzano a vicenda, in un circolo vizioso difficile da rompere. La mancanza di mezzi economici è un limite alla fruizione culturale in senso lato. A sua volta, il mancato accesso alla cultura è un limite nel percorso di crescita del bambino. In questo contesto, musei e istituzioni culturali possono rivestire un ruolo importante per favorire l’accesso al patrimonio culturale dei minori in povertà o in condizione di esclusione sociale.
Come varia l’offerta didattica dei musei, da nord a sud
In base all’indagine Istat sui musei, in Italia sono 4.416 le strutture risultate attive nel 2022. Parliamo di 4,8 musei ogni 10mila residenti con meno di 18 anni. Una disponibilità che cambia molto tra le diverse aree del paese. Dai 7 musei ogni 10mila minori del centro Italia ai 2,9 del sud continentale.
Del resto, come abbiamo avuto modo di approfondire, a variare è anche il tipo di attività che tali strutture mettono in campo, specialmente rispetto all’offerta educativa dedicata a bambini e ragazzi. Quasi 3 strutture su 4 (74%) hanno organizzato visite scolastiche nel 2022, quota che oscilla tra il 75,8% nel nord-ovest e il 71,1% nelle isole. Nello stesso anno, in media il 45% ha svolto laboratori didattici, ma la percentuale scende al 35% nelle isole.
Infine, il 30% dei musei ha attivato collaborazioni con scuole e altri soggetti del territorio, con divari anche interni allo stesso mezzogiorno. Arriva al 33,7% nel sud continentale (un valore anche più elevato del centro-nord), mentre riguarda solo un museo su 4 nelle isole (25,3%).
Musei e istituti nel contrasto della povertà educativa
Ne deriva un quadro piuttosto eterogeneo, anche rispetto alla scelta delle istituzioni museali di attivare progetti di contrasto alla povertà educativa. In modo da rendere il patrimonio culturale un vero e proprio strumento delle politiche socio-educative.
L’analisi dei dati raccolti per l’indagine Istat consente infatti di mappare in quanti casi la struttura abbia attuato progetti formali di collaborazione o partenariato, specificamente rivolti all‘inclusione verso le persone che vivono in povertà economica, educativa o culturale.
Tra le oltre quattromila strutture censite come attive nel 2022, 519 – l’11,8% del totale – hanno attivato iniziative in questa direzione. Sono i musei del sud continentale a segnalare una maggiore proattività in questo senso. Oltre uno su 5 (21,7%) ha infatti attuato progetti rivolti all‘inclusione di persone – non solo di minore età – che vivono in povertà economica, educativa o culturale. La quota scende al 12,3% nel nord-ovest e al 10,1%, mentre sotto la doppia cifra si attestano sia le isole che il nord-est (entrambe le aree sono all’8,6%).
Tra le regioni, ne spiccano diverse del mezzogiorno: Campania (30% dei musei), Calabria (22%), Puglia (19,8%), seguite da Lombardia (14,5%), Abruzzo (14,3%) e Basilicata (13,2%).
Mentre non raggiungono la doppia cifra 8 regioni. In alcuni casi, perché la questione è probabilmente percepita come meno rilevante rispetto ai territori appena citati. In Trentino-Alto Adige ad esempio solo l’1% dei musei ha attivato progetti di contrasto alla povertà economica, educativa e culturale. Le altre regioni al di sotto del 10% sono Marche (9,7%), Veneto (9,3%), Friuli-Venezia Giulia (7,4%), Sardegna (7,2%), Umbria (7,1%), Valle d’Aosta (6,3%) e Molise (5,7).
La valorizzazione del patrimonio culturale, tra città e aree interne
A livello locale, è però nei comuni polo – baricentrici in termini di servizi – che vengono attivati più spesso partenariati con la finalità di contrastare la povertà educativa.
In queste città li ha attuati nel corso del 2022 il 19,3% dei musei, a fronte dell’8,8% nei comuni cintura, hinterland delle città maggiori, del 7,5% in quelli periferici e del 3,1% in quelli ultraperiferici. Comuni, spesso di piccole dimensioni, che distano anche più di un’ora dalle città polo. In media nelle aree interne – i comuni a oltre 28 minuti dai poli – il 7,7% dei musei ha attivato progetti per l’inclusione di persone in povertà economica o educativa. In quelle periferiche e ultraperiferiche – a oltre 40 minuti dai poli – la quota scende al 6,5%.
Questo dato non è irrilevante, se si considera la ricchezza di patrimonio culturale insita anche nelle aree interne del paese. Prendendo ad esempio i beni Unesco – che come detto rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’intera offerta culturale nazionale – si osserva come essi siano diffusi sul territorio nazionale, anche nelle zone meno centrali del paese.
Nelle aree interne meno del 10% dei musei ha attivato progetti nel contrasto delle povertà
Percentuale di musei che hanno attuato collaborazioni/partenariati per realizzare progetti di inclusione rivolti a soggetti che vivono in povertà educativa, economica e culturale (2022)
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat, Unesco e Mic
(pubblicati: lunedì 26 Febbraio 2024)
Anche tra le città capoluogo comunque vi sono profonde differenze rispetto alla valorizzazione del patrimonio culturale nel contrasto alla povertà educativa.
In due capoluoghi piemontesi, Vercelli e Verbania, tutti i musei censiti hanno attuato progetti per l’inclusione di persone in povertà economica, culturale ed educativa. Seguono Pescara e Brindisi (75% delle strutture ne ha attivati) e i comuni di Foggia,
Cuneo, Cosenza, Caserta e Avellino, dove sono il 67% del totale.
In 42 capoluoghi su 109 nessun museo dichiara di aver attuato progetti di inclusione contro le povertà, tra cui quella educativa. Di questi, 19 si trovano nella parte settentrionale, 14 nel mezzogiorno, mentre 9 nel centro Italia.
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Scarica i dati comunali, regione per regione
I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. Le fonti dei dati utilizzate sono Istat, censimento permanente e microdati sui musei.
Foto: David Ramírez (Unsplash) – Licenza