Il Pnrr italiano e l’ambiente, un percorso ancora lungo Transizione verde

Abbiamo approfondito il percorso di transizione ecologica del Pnrr italiano. Dalle informazioni e dai dati raccolti e analizzati, emerge un quadro di pochi passi avanti e tanti ritardi.

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Due settimane fa abbiamo pubblicato un articolo sullo stato dell’arte dei piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) europei in merito alla transizione ecologica. Un lavoro condotto da Openpolis all’interno dello European data journalism network.

Come abbiamo spiegato in quel primo approfondimento, per analizzare l’andamento dei Pnrr non basta fermarsi alla prospettiva europea. È necessario scendere nel dettaglio dei singoli paesi, ognuno dei quali pubblica o non pubblica dati e informazioni diverse. Solo approfondendo a tale livello di analisi è possibile provare a capire l’impatto dei singoli piani nazionali sulla transizione ecologica degli stati membri.

Openpolis lo ha fatto per l’Italia (nell’articolo che segue) e i partner di Edjnet che hanno collaborato a questo lavoro lo hanno fatto per i rispettivi paesi: Dennik N per la Slovacchia, Miir per la Grecia e Eurologus per l’Ungheria. All’analisi dei dati e delle informazioni disponibili, inoltre, ciascun partner ha affiancato una o più interviste condotte ad attori governativi e non governativi, attivi sul fronte Pnrr e transizione verde.

Per il nostro approfondimento sull’Italia abbiamo intervistato Anelia Stefanova, programme director di Bankwatch, network di organizzazioni ambientali, non governative, che operano in diversi paesi europei.

La spesa per le misure ambientali

La transizione ecologica ricopre un ruolo importante nel Pnrr italiano, che dedica a obiettivi climatici e ambientali il 39% dei fondi a disposizione.

31 gli investimenti inclusi nella missione 2 (rivoluzione verde e transizione ecologica) nella nuova versione del Pnrr italiano approvata lo scorso dicembre.

Un primo modo per capire a che punto della loro implementazione si trovano questi investimenti è considerare le relative risorse già spese. Nella quarta relazione del governo al parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, sono riportati i dati su spesa effettuata e ancora da effettuare per tutte le misure del piano. Tenendo presente che – per ammissione dello stesso esecutivo – si tratta di dati non del tutto affidabili, sono comunque utili per inquadrare, almeno a livello economico, l’impatto che il Pnrr italiano ha avuto finora sul percorso di transizione ecologica del paese.

I dati sono riportati dal governo nella quarta relazione al parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr. Nel documento si legge che si tratta di sottostime e che, nel trasmetterli, alcuni ministeri hanno fatto riferimento alla nuova versione del piano italiano approvata lo scorso dicembre, altri no.

FONTE: elaborazione openpolis su dati governo
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Dicembre 2023)

Degli oltre 41 miliardi di euro totali da spendere per le 31 misure, alla fine del 2023 ne risultavano spesi circa 15, cioè il 37%. Quasi tutti sono confluiti nell’ecobonus, che risulta aver erogato il totale delle risorse a sua disposizione. Parliamo di 14 miliardi di euro per rimborsare, con un sistema di crediti di imposte, i privati che abbiano effettuato lavori di ristrutturazione sugli edifici di loro proprietà, per migliorarne l’efficienza energetica.

Se da un lato questa spesa sicuramente contribuisce all’obiettivo di accrescere l’efficienza energetica, dall’altro si limita a un ambito privato di intervento e parliamo comunque di un solo investimento. Mentre tutte le altre misure – non solo le prime 10 mostrate nel grafico – risultano avere almeno il 75% di fondi ancora da spendere. Comprese quelle, la gran parte, che operano a livello pubblico con grandi investimenti e infrastrutture.

14 su 31 gli investimenti per la transizione ecologica che a fine 2023 risultano aver erogato meno dell’1% delle risorse a essi assegnate.

Si tratta di quasi la metà delle misure, per le quali la spesa è praticamente ferma. Anche considerando la componente di sottostima e di poca affidabilità dei dati, possiamo dire che il quadro che ne emerge è comunque quello di un ritardo.

I progetti per la transizione verde

Un’altra prospettiva da cui osservare l’andamento del piano italiano in tema di transizione ecologica è quella dei progetti. Cioè gli interventi e le opere concrete finanziate dalle misure del Pnrr. A riguardo il governo italiano condivide, con cadenza trimestrale, dati e informazioni come le risorse destinate ai lavori, le organizzazioni coinvolte, il territorio di riferimento. L’ultimo aggiornamento disponibile è del 18 aprile 2024.

38 miliardi € le risorse Pnrr destinate agli oltre 76mila progetti selezionati di misure appartenenti alla missione 2 (rivoluzione verde e transizione ecologica).

Purtroppo non è possibile sapere, per singolo progetto, quante risorse siano già state spese, ma ne conosciamo solo l’importo complessivo. Questo costituisce un forte limite nel cercare di comprendere lo stato di avanzamento dei lavori. Può tuttavia essere utile osservare le misure che hanno portato alla selezione del maggior numero di interventi e all’allocazione degli importi più elevati.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Italia domani
(ultimo aggiornamento: giovedì 18 Aprile 2024)

In linea con quanto visto in precedenza, anche considerando il numero di progetti la misura più incisiva risulta quella dell’ecobonus. Seguono parco agrisolare, con 10.505 interventi nelle strutture produttive del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale e le misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico (1.708).

Anche gli importi assegnati – intesi come totale di risorse spese e non spese sui progetti – sono in linea con i dati analizzati sopra. Oltre all’ecobonus, che ha concluso l’erogazione del 100% delle risorse a esso affidato (14 miliardi), le misure per il rafforzamento smart grid e per lo sviluppo del trasporto rapido di massa hanno destinato ai propri progetti più risorse rispetto agli altri investimenti. Con un totale dei fondi affidati (spesi e non spesi) di circa 3,6 miliardi di euro in entrambi i casi.

La distribuzione tra territori

Per approfondire ulteriormente l’analisi, abbiamo anche osservato la ripartizione dei fondi a livello territoriale, in particolare regionale. Abbiamo analizzato solo i progetti che impatteranno sulle singole regioni, escludendo quindi gli interventi interregionali e quelli ad ambito nazionale.

Ne emerge un quadro piuttosto lineare da nord a sud, dove le risorse maggiori sono allocate nelle regioni più popolose: al primo posto la Lombardia (5,4 miliardi di euro), seguita da Emilia Romagna (3,8), Lazio (3) e Sicilia (2,9).

In merito ai singoli progetti invece, abbiamo isolato quelli con importi superiori ai 200 milioni. Sono perlopiù inclusi nelle misure mirate allo sviluppo del trasporto rapido di massa e delle smart grid, cioè il rafforzamento delle infrastrutture di distribuzione dell’energia elettrica.

I punti corrispondono ai 15 progetti con più risorse (>200 milioni di euro), tra quelli destinati ad avere un impatto sulle singole regioni, escludendo quindi gli interventi interregionali e quelli ad ambito nazionale.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Italia domani
(ultimo aggiornamento: giovedì 18 Aprile 2024)

I dati e le informazioni a disposizione analizzati fin qui confermano quanto avevamo visto nel primo approfondimento. Cioè che l’Italia mira principalmente agli obiettivi di efficienza energetica (a cui contribuisce enormemente l’ecobonus), di energia rinnovabile e reti (in particolare le reti, con la misura per il rafforzamento smart grid) e di mobilità sostenibile (con l’investimento sul trasporto rapido di massa).

Tuttavia, in merito all’attuazione, la spesa sembra ancora bloccata, soprattutto sulle misure che richiedono procedure più complesse. Al contrario quelle per cui l’erogazione delle risorse avviene tramite crediti d’imposta, in primis l’ecobonus, procedono più rapidamente.

L’intervista ad Anelia Stefanova di Bankwatch

È evidente che attraverso i dati e un’analisi della situazione complessiva, sia difficile esprimere valutazioni più concrete di quelle appena descritte. Per questo motivo, al fine di avere delle osservazioni di maggior dettaglio e approfondimento, abbiamo intervistato Anelia Stefanova, programme director di Bankwatch, network di organizzazioni ambientali, non governative, che operano in diversi paesi europei.

Come valuta l’ambizione del piano italiano sulla transizione ecologica, sia nella sua versione originale che in quella attuale?

Nella prima versione del piano la stima di spesa per l’ambiente era solo del 37%, inferiore a quella di altri stati membri. Ma l’Italia avrebbe bisogno di misure più ambiziose, considerando che è un paese molto dipendente dal fossile: più del 60% della produzione di energia proviene dal gas e in parte dal carbone. Considerando le capacità di questo paese su solare ed eolico, avrebbe avuto senso investirci di più, anche perché gli obiettivi europei richiedono una produzione di almeno il 42% di energia da fonti rinnovabili entro il 2030.

Questo è un primo problema: non si è colta l’opportunità di guardare oltre il fossile e correggere questa dipendenza dell’Italia, nonostante sia stata la causa dell’aumento dei prezzi a fronte della crisi energetica.

Una tendenza confermata durante la fase di preparazione del capitolo energetico RepowerEu, nella quale il governo ha coinvolto principalmente le aziende dell’industria fossile (Eni, Enel, ..) che hanno influenzato la linea da seguire. Così ci troviamo in agenda investimenti che addirittura mirano a sostenere le infrastrutture fossili. Come il finanziamento per il raddoppiamento del gasdotto appenninico lungo la linea adriatica.

Un secondo problema, che riguarda sia la versione originale del Pnrr sia quella attuale, è la mancanza di un approccio territoriale. Siamo stati recentemente in Liguria, una delle tre regioni che non ha implementato gli obiettivi Ue del 2020 per le rinnovabili e ora produce energia rinnovabile per un valore inferiore del 9% rispetto al suo fabbisogno. In questo senso è mancata nel Pnrr una pre analisi accurata dei fabbisogni territoriali, per capire dove servivano più risorse e aiutare queste regioni ad accelerare il processo di transizione.

Quali esempi di misure per la transizione verde sono significativi in termini di ideazione e implementazione?

Vale la pena parlare della misura per le comunità energetiche: 2,2 miliardi di euro per finanziare 2 gigawatt di installazioni per le energie rinnovabili nei comuni sotto i 5.000 abitanti. L’obiettivo, ambizioso e positivo, è di aiutare i comuni piccoli a produrre e condividere la propria energia rinnovabile, insieme a cittadini e aziende.

Ci sono stati fin da subito dei ritardi. Entro il 2022 l’Italia avrebbe dovuto adeguare la propria legislazione, per permettere alle comunità energetiche di avere una base legale. Ma l’ultimo decreto a riguardo è stato pubblicato a febbraio 2024 e ora è una corsa contro il tempo: i contributi possono essere richiesti entro il 31 marzo 2025 e i lavori per il Pnrr dovrebbero concludersi entro il 2026. Inoltre, facendo un calcolo approssimativo, per raggiungere i 2,2 miliardi per 2 gigawatt, servirebbero almeno 20mila progetti, a fronte di soli 17mila piccoli comuni. Per non parlare dei numerosi criteri che le normative chiedono di rispettare.

Sembra quasi una missione impossibile, il rischio di non farcela e di perdere questa opportunità è concreto.

Altro esempio è la misura che contribuisce al piano di transizione giusta – finanziato al 60% dal Pnrr e al 40% dai fondi di coesione – dei territori di Taranto in Puglia e del Sulcis in Sardegna. Le risorse ammontano a circa 1,2 miliardi di euro e dovrebbero finanziare interventi per l’efficienza energetica. Anche in questo caso si registrano dei ritardi, sia perché le due regioni coinvolte hanno avuto difficoltà di spesa, sia perché il tempo è veramente poco, considerando come orizzonte sempre il 2026. 

Da quello che ci risulta non è partita concretamente l’implementazione di nessun intervento. Ci sono solo dei progetti sulla carta, alcuni dei quali validi, altri contestati dalla popolazione locale. In ogni caso i passi avanti sono pochi e sui territori c’è rassegnazione, la sensazione che non si stia andando avanti a pianificare un futuro diverso, di decarbonizzazione, per queste regioni.

Come valuta il livello di trasparenza su tutti questi processi e di coinvolgimento della società civile?

Sulla stesura del Pnrr, l’ostacolo principale al coinvolgimento della società civile è stato quello delle tempistiche strette. Poteva essere gestita diversamente, ma in Italia la cultura intorno ai processi decisionali è quella di una centralizzazione delle scelte, ancora più netta sul Pnrr, che favorisce gli attori più grandi e non lascia spazio a quelli più piccoli.

Nell’implementazione il problema è che è mancata una strategia vera e propria e una comprensione dei fabbisogni dei territori. A fronte delle scadenze rigide da rispettare, si è proceduto con una raccolta di proposte progettuali, la maggior parte delle quali preesistenti al Pnrr, senza un vero e proprio piano.

Il risultato è una serie di liste di progetti che non ci porteranno lì dove l’Italia dovrebbe andare, per essere più sostenibile, più competitiva e offrire opportunità ai giovani.

Su questo è bene ricordare che parliamo del Next Generation Eu, che quindi dovrebbe concentrarsi sui bisogni della prossima generazione, non solo su quelli delle industrie di oggi.

Per quanto riguarda la questione trasparenza, le difficoltà sono notevoli. A oggi non c’è un modo omogeneo per avere dei dettagli sull’attuazione di tutte le misure. Bisogna di volta in volta approfondirle singolarmente, leggere lunghi testi di legge, per essere in grado di esprimere una valutazione. Ed è necessario spesso anche entrare in contatto con chi ha ricevuto i finanziamenti per determinati progetti per capirne lo stato di attuazione e altre informazioni. Va da sé che lo studio che si può fare è limitato, perché un lavoro di questo tipo si può portare avanti per poche singole misure.

Foto: Bill Mead, Unsplash – Licenza

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