Il Pnrr non può essere solo una partita politica I dati sulla spesa
La relazione della corte dei conti conferma che l’Italia sta spendendo meno fondi Pnrr del previsto. Un ostacolo che il governo sembra voler ignorare, riducendo il ruolo della corte e mantenendo la partita su un piano solo politico.
lunedì 5 Giugno 2023 | Potere politico
- Da inizio 2023 l'Italia ha speso solo 1,2 dei 33,8 miliardi di fondi Pnrr previsti nell'anno, secondo la relazione della corte dei conti sui dati governativi.
- Stiamo spendendo poco per via di processi burocratici lenti e capacità amministrative carenti, soprattutto nei comuni piccoli e svantaggiati.
- Invece di trovare una soluzione, il governo ha proposto un emendamento per ridurre il ruolo di verifica della corte dei conti sul Pnrr.
- La partita con la commissione europea per avere nuovi fondi è politica e l'esecutivo non vuole che valutazioni tecniche siano troppo centrali.
Negli ultimi giorni il dibattito pubblico si è concentrato sulla polemica in corso tra il governo e la corte dei conti. Il tema è il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), in particolare le valutazioni dell’organo di controllo sull’andamento della spesa, diffuse lo scorso 25 maggio nel rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica. E la conseguente reazione del governo, che il 31 maggio ha presentato un emendamento per ridurne il ruolo di controllo sul Pnrr.
Ciò che emerge complessivamente dalla relazione della corte sono i ritardi nella spesa e di conseguenza nella realizzazione del piano. E l’auspicio di un maggiore sforzo nei prossimi anni, da parte di tutti gli attori coinvolti. A queste osservazioni il governo ha risposto chiedendo alla corte di adottare un approccio più costruttivo. Probabilmente per evitare di fornire ulteriori elementi di contestazione alle istituzioni europee, che non hanno ancora erogato al nostro paese la terza rata di fondi, attesa da fine 2022.
13,4% la quota di risorse spese al 12 maggio 2023, sul totale dei fondi Pnrr, in base alle analisi della corte dei conti sui dati Regis.
Sappiamo però che la decisione sull’invio o meno dei fondi Pnrr è prettamente politica. Anche ora la partita tra Roma e Bruxelles è molto più ampia e non si gioca solo sulla realizzazione del piano. Tuttavia nascondere le gravi criticità e mancanze che accompagnano il Pnrr fin dall’inizio, significa semplicemente prendere tempo e non affrontare problemi che rischiano di portare al fallimento dell’intero programma.
Quanto abbiamo speso
Secondo i dati Regis elaborati dalla corte dei conti, al 12 maggio 2023 l’Italia ha speso complessivamente 25,7 miliardi di risorse Pnrr. Rispetto al totale di 191,5 miliardi da investire entro il 2026.
1,2 miliardi € risorse Pnrr spese dal 1 gennaio al 12 maggio 2023, sui 33,8 miliardi programmati entro l’anno in corso.
Se approfondiamo il dato anno per anno quindi, la situazione che emerge sul 2023 è quantomeno preoccupante. Il nostro paese ha 7 mesi e mezzo di tempo – dal 12 maggio al 31 dicembre 2023 – per spendere ancora 32,7 miliardi. Una cifra notevole da erogare in un tempo così limitato.
Entro il 2023 vanno spesi ancora 32,7 miliardi Pnrr
Confronto tra la spesa dichiarata sostenuta e le risorse programmate dal 2020 al 2026
Il dato sulla spesa dichiarata come sostenuta nel 2023 si riferisce a quanto è stato speso fino alla data di aggiornamento dei dati, cioè il 12 maggio.
FONTE: elaborazione openpolis su dati corte dei conti, Regis
(ultimo aggiornamento: venerdì 12 Maggio 2023)
Riguardo gli anni precedenti, nel 2020 e nel 2021 il nostro paese ha sostenuto una spesa lievemente superiore a quella programmata. Dal 2022 invece la tendenza si inverte, ma sempre in modo lieve.
[…] considerando tutto il triennio 2020-2022, la spesa sostenuta è stata fortemente trainata dall’elevato tiraggio delle misure del Ecobonus-Sismabonus nella missione M2C3 e dei crediti d’imposta per beni strumentali 4.0 e per attività di formazione 4.0 all’interno della missione M1C2.
L’attuazione delle misure ecobonus-sismabonus e transizione 4.0 – che include i crediti di imposta per beni strumentali e formazione – dipende solo dalle domande e dalle spese effettuate da privati. Gli enti responsabili si limitano a rimborsare ai soggetti privati le cifre investite. Mentre altri interventi, la gran parte, richiedono un coinvolgimento più diretto delle pubbliche amministrazioni, che va dalla pubblicazione dei bandi da parte dei ministeri alla realizzazione concreta delle opere e la loro rendicontazione.
In questo senso la corte dei conti sottolinea l’impatto di quei 3 interventi e calcola che escludendoli dal quadro, il totale delle risorse erogate fino al 12 maggio 2023 passerebbe da 25,7 a 10,5 miliardi di euro, meno della metà. Questo ci suggerisce in modo inequivocabile che le difficoltà di spesa del nostro paese sono perlopiù dovute a una questione di capacità amministrative e burocratiche. Laddove i processi si fanno più complessi, sia per gli enti titolari che per i soggetti attuatori, la spesa si blocca.
Perché stiamo spendendo poco
I motivi a cui sono riconducibili le difficoltà di spesa e realizzazione del piano sono principalmente due. Da un lato, la lentezza generale dei processi burocratici della pubblica amministrazione. Dall’altro la carenza nelle singole amministrazioni locali, delle competenze necessarie in tema di progettazione e rendicontazione. Criticità che riguardano soprattutto i comuni piccoli, periferici, del sud. Proprio quei territori che al contrario avrebbero più bisogno di ricevere fondi Pnrr, anche nell’ottica di ridurre i divari economici e sociali con il resto del paese.
Le procedure del Pnrr sono gravose per gli enti locali.
Per ricevere fondi e realizzare interventi sul proprio territorio, le amministrazioni locali devono ideare un progetto e preparare la documentazione richiesta per partecipare ai bandi dei ministeri. Una volta vinto il finanziamento, sono tenuti a loro volta a indire gare d’appalto per selezionare le imprese a cui affidare i lavori e, avviata l’opera, devono rendicontare in modo dettagliato l’avanzamento e le spese. Queste operazioni rappresentano un aggravio considerevole che va ad aggiungersi all’attività ordinaria.
Queste sono solo alcune delle criticità che hanno comportato per diversi bandi ministeriali la ricezione di un numero insufficiente di proposte progettuali da parte dei comuni e la necessità di prorogare i termini o di riaprire avvisi pubblici già chiusi. È successo per esempio per i bandi asili nido e scuole per l’infanzia, green communities e fondi per le persone con disabilità.
I governi Draghi prima e Meloni poi hanno cercato di ovviare a queste difficoltà autorizzando una serie di assunzioni, sia a livello centrale che locale, per potenziare la capacità amministrativa. Tale operazione però non è stata sufficiente. Sia per i pochi posti previsti, sia per la scarsa appetibilità economica e contrattuale di tali posizioni.
Il confronto con la corte dei conti
Il governo ha reagito male alla relazione della corte dei conti. E in una nota del 27 maggio, il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto ha invitato l’organo ad adottare un approccio costruttivo.
Nei prossimi mesi partiranno le rendicontazioni di molti progetti e di molti interventi, sarebbe auspicabile un approccio costruttivo della Corte dei Conti […]
Fitto ha anche cercato di spiegare il perché di quei livelli di spesa. Tra le giustificazioni, il fatto che molti progetti sono precedenti all’avvio del Pnrr e quindi finanziati solo parzialmente dal piano. E che per quanto riguarda il 2023, ci sono ancora opere da avviare per circa 110 miliardi di euro. In ogni caso però è innegabile che l‘Italia stia spendendo meno di quanto previsto e che il governo non abbia introdotto alcun meccanismo di salvaguardia.
L’esecutivo però non si è fermato alle dichiarazioni e il 31 maggio ha presentato alla camera un emendamento al decreto legge 44/2023 che prevederebbe la modifica di una norma contenuta nell’articolo 1 comma 12 del decreto legge 76/2020. Questo intervento andrebbe a ridimensionare le attività di verifica della corte sul Pnrr. In particolare verrebbe eliminata la sua funzione di controllo concomitante, che in sintesi consiste in valutazioni tecniche e deliberazioni sulla realizzazione di interventi Pnrr, più frequenti e specifiche rispetto alla sola relazione semestrale. Compito previsto dal decreto legge 77/2021 e che rimane in vigore.
L’Associazione, in accordo con i vertici della Corte dei conti, ha sempre mostrato disponibilità al dialogo affinché potessero essere introdotte riforme meditate, frutto di una pacata riflessione, per adeguare le forme di controllo, anche giurisdizionale, alle sfide attuali e, allo stesso tempo, garantire che le risorse pubbliche, soprattutto se di provenienza comunitaria, siano ben spese, nell’interesse di tutti i cittadini.
L’approvazione di un simile emendamento costituirebbe un duro colpo al ruolo di verifica della contabilità pubblica, che è la costituzione stessa (articolo 103) ad affidare alla corte dei conti. E che è fondamentale e necessario in uno stato democratico e di diritto. Per tutelare la corretta gestione dei fondi pubblici.
Il confronto con la commissione
La relazione della corte dei conti fornisce dati oggettivi – tra l’altro di fonte governativa – sulle difficoltà di attuazione del Pnrr italiano. Una valutazione tecnica che non può essere ignorata dalla commissione europea, che sta ancora valutando l’invio della terza rata al nostro paese, ma che si inserisce in una partita più ampia e tutta politica tra Roma e Bruxelles.
Le questioni su cui il nostro paese e la commissione europea stanno discutendo sono diverse. A partire dalla ratifica del trattato di riforma del meccanismo europeo di stabilità (Mes) a cui il governo finora si è opposto ma che, a quanto si legge sui giornali, si è deciso di votare a fine giugno. Segnale di un passo avanti dell’esecutivo verso la commissione. Altre partite sono quelle sulle concessioni balneari, rinviate con il decreto milleproroghe. E la flat tax, che la commissione ha criticato ribadendo l’importanza di garantire la progressività del sistema tributario italiano.
Il governo sta giocando una partita politica. Ma i problemi tecnici del Pnrr non possono essere nascosti.
Alla luce di questo quadro l’impressione quindi è che da ambo le parti si stia cercando di sfruttare in maniera pragmatica le questioni sul tavolo per ottenere qualcosa in cambio. Dal lato della commissione europea affinché l’Italia risolva le criticità appena passate in rassegna. Dal lato del governo affinché in cambio di questi impegni le istituzioni Ue chiudano un occhio sui ritardi del Pnrr e rilascino nuovi finanziamenti.
Tuttavia occorre ribadire che la partita sul Pnrr non è e non deve essere solamente politica. Avere a disposizione una grande quantità di risorse ma non essere in grado di spenderle è un problema che deve essere affrontato. E da questo punto di vista il lavoro della corte dei conti dovrebbe essere considerato prezioso per capire dov’è necessario intervenire e non un ostacolo al lavoro del governo.
Il nostro osservatorio sul Pnrr
Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.