Il turismo dopo la pandemia Europa

Il turismo è un’attività molto importante: favorisce gli scambi culturali e porta risorse economiche. Il settore ha subito duramente l’impatto della pandemia ma tra 2022 e 2023 i flussi sono aumentati. Anche se i rincari pesano sul potere di acquisto di chi viaggia.

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Più della metà della popolazione europea partecipa in qualche modo al turismo. Prima della pandemia circa il 65% dei residenti dell’Unione aveva fatto un viaggio personale comprensivo di almeno un pernottamento, in un qualsiasi paese del mondo compreso il proprio (2019). Un dato che si attestava all’85% nei Paesi Bassi e a meno del 29% in Romania. Nel 2021 la cifra è stata complessivamente più bassa (56% circa).

Il settore ha infatti subito duramente l’impatto della pandemia. Oltre al disincentivo rappresentato dalla circolazione del virus, molti stati hanno temporaneamente chiuso i propri confini al turismo e per molti altri mesi i transiti sono stati soggetti all’esibizione di prove di vaccinazione. Nel periodo post-pandemico la situazione sta però gradualmente tornando alla sua configurazione precedente.

Tra 2021 e 2022 infatti sono sostanzialmente raddoppiati i pernottamenti nelle strutture ricettive all’interno dell’Unione europea. Anche il nostro paese ha fatto registrare un graduale ritorno ai ritmi pre-Covid anche se le associazioni di categoria hanno segnalato alcune difficoltà per quanto riguarda il 2023. Per avere un quadro completo della situazione dovremo attendere i dati consolidati di quest’anno ma certamente l’aumento dei prezzi legati all’inflazione e anche il clima estremo di questi mesi hanno avuto un peso importante sulle scelte degli italiani. Sono infatti questi ultimi in particolare ad aver preferito altre mete rispetto alle località turistiche nazionali. Mentre i flussi provenienti dall’estero sembrerebbero, per il momento, non aver risentito di queste dinamiche.

Il turismo a ridosso della pandemia

Nel 2022 Eurostat ha registrato circa 2,7 miliardi di pernottamenti presso strutture ricettive nei paesi membri dell’Ue (poco meno di 1,2 miliardi al di fuori del proprio stato di residenza). Riportando un forte aumento rispetto all’anno precedente, in cui erano ancora in vigore alcune restrizioni Covid.

+50% le notti in strutture turistiche in Europa tra 2021 e 2022.

Già il dato del 2021 segnava un aumento del 29% circa rispetto al 2020. Ancora più marcate le variazioni se consideriamo soltanto i viaggi non domestici (+43% circa tra 2020 e 2021 e +101% tra 2021 e 2022).

I dati si riferiscono al numero di notti passate presso strutture ricettive in Ue ogni mese tra aprile 2019 e maggio 2023. Sono considerati i pernottamenti presso alberghi e campeggi, mentre sono escluse perché non rilevabili le notti passate informalmente presso conoscenti. Si considera sia il turismo domestico che i pernottamenti all’estero.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: lunedì 7 Agosto 2023)

Come si può vedere dal grafico, il turismo subisce sempre delle forti variazioni stagionali. D’estate, soprattutto nel mese di agosto, si registrano dei forti picchi, mentre i valori sono minimi nel periodo invernale.

Si può notare anche una marcata variazione a ridosso del periodo pandemico, quando i valori sono calati drasticamente, con il punto più basso ad aprile 2020 (9,8 milioni di notti in strutture ricettive in tutta l’Ue). I dati si sono mantenuti bassi anche nell’inverno 2021 (dopo una ripresa estiva). Nel 2022, i valori sono ritornati ad essere paragonabili a quelli pre-pandemici. Con un picco di 480 milioni di notti nel mese di agosto, inferiore di appena 2 milioni rispetto allo stesso mese nel 2019.

Durante la pandemia sono diminuiti soprattutto i viaggi non domestici.

Un altro elemento che ha subito dei cambiamenti durante la pandemia, come prevedibile, è stata la quota di viaggi condotti all’estero, anche a causa della chiusura al turismo dei confini statali. Tra maggio e dicembre del 2019, prima dell’emergenza sanitaria, circa la metà delle notti era trascorsa all’estero (la quota scendeva intorno al 40% tra novembre e dicembre). Bisogna anche considerare che più spesso i viaggi domestici si svolgono in giornata (e non prevedono quindi pernottamenti) oppure presso amici o parenti. Ad aprile 2020 la quota di pernottamenti all’estero (comunque all’interno dell’Ue) è scesa al 15,4% e a maggio al 10,3%. Nell’estate 2021 c’è stata una ripresa (con valori tra il 25% e il 33%). Soprattutto dall’estate 2022 in poi, i dati si sono riavvicinati al 50%, come era prima dello scoppio della pandemia.

A maggio 2023 il numero più elevato di pernottamenti si registra in Spagna (quasi 43 milioni). Seguita da Germania (circa 42 milioni), Francia (più di 27 milioni) e Italia (circa 26 milioni). Anche complessivamente nel 2022 (per tutta la durata dell’anno) il valore più alto è quello spagnolo (quasi 452 milioni di pernottamenti). Seguono Francia (quasi 450) e Italia (412).

Il turismo è un’attività economica fondamentale per molti stati Ue

Oltre a essere un elemento importante nell’Unione europea – per la comunicazione tra stati e popoli e lo sviluppo culturale – il turismo ha anche un importante valore economico. Costituisce un arricchimento su più livelli.

Il suo valore economico varia molto da stato a stato, sia in termini assoluti che in rapporto al valore economico aggiunto totale. Per esempio, come si rileva nel report statistico Tourism satellite accounts di Eurostat, in Italia ci sono 4,5 milioni di posti di lavoro nell’industria del turismo (il record europeo).

In totale nel 2022 il settore ha portato più di 500 miliardi di euro in valore economico aggiunto, ovvero il 4,5% del totale.

572,4 miliardi di euro il valore economico aggiunto del turismo in Ue, nel 2022.

Si fa riferimento alla quota di valore economico aggiunto totale coperta dal settore turistico negli stati membri dell’Ue. Non sono disponibili per il 2022 i dati di Bulgaria, Grecia, Ungheria, Malta e Polonia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: venerdì 14 Aprile 2023)

Il paese in cui il turismo pesa di più sul totale del valore economico aggiunto è la Croazia (11,3%). Seguono Portogallo e Spagna (con rispettivamente l’8,1% e il 6,9%) e al quarto posto c’è l’Italia (6,2%). Mentre i valori più bassi li riportano Lussemburgo e Belgio, con quote inferiori al 2%.

Foto: Vidar Nordli-Mathisenlicenza

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