In Italia circa 1 abitazione su 4 non è permanentemente occupata Diritto alla casa

La presenza di abitazioni non occupate permanentemente prevale nelle aree montane e nei comuni più distanti dai servizi essenziali. La provincia con la quota maggiore è Sondrio (56,1%) mentre quella minore si registra a Prato (7,8%).

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Nel corso degli ultimi decenni si è assistito a uno spostamento progressivo – anche se non sempre lineare – della popolazione dalle aree interne verso le zone più centrali del paese, in cui sono presenti più servizi e più opportunità lavorative. Questo movimento incide su numerosi aspetti, uno dei quali la disponibilità di abitazioni. Da un lato infatti nelle zone più attrattive ci si trova di fronte a vere e proprie emergenze abitative, data la scarsità di case disponibili. Dall’altra, nelle aree più distanti dai poli, ci sono strutture non abitate oppure sfruttate come seconde case. Si tratta di temi centrali anche nell’ottica delle amministrazioni: a seconda di quanto le aree sono popolate e del tipo di locazioni presenti, possono predisporre in modo più o meno capillare i servizi, oltre ad ottenere diverse entrate di tipo economico.

Il censimento permanente offre una vista sulla condizione abitativa nel paese.

È utile quindi considerare in questo scenario quali sono le aree del paese in cui ci sono più case non abitate. Questi elementi sono definiti da Istat nel contesto del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, i cui dati più recenti sono relativi al 2021. Si fa riferimento quindi al concetto di abitazione permanentemente occupata, considerata come il luogo nel quale almeno un individuo ha la propria dimora abituale. Oltre alla rilevazione censuaria, è stato considerato dall’ente anche il registro statistico dei luoghi, in particolare nella sua parte relativa agli edifici e alle unità abitative. Si tratta quindi di una integrazione tra la rilevazione censuaria e le fonti amministrative disponibili.

È inoltre importante notare che tra le abitazioni non occupate in modo permanente sono incluse non solo le strutture disabitate ma anche le seconde case, aspetto importante soprattutto per le mete turistiche. Si tratta comunque di un indicatore interessante da considerare per valutare gli effetti dello spopolamento e della sovrappopolazione in certe aree del paese.

Nel 2021, le abitazioni registrate in Italia sono circa 35,3 milioni. Di queste, 9,6 non risultano occupate permanentemente da almeno una persona che ha la dimora abituale.

27,2% la quota di abitazioni non permanentemente occupate in Italia

Si tratta di un dato che varia molto nelle diverse aree del paese. Questa quota è infatti minore nelle aree del centro (22,3%), del nord-est (23,1%) e del nord-ovest (26%). Maggiore invece l’incidenza nel sud (32%) e nelle isole (34,9%). A livello regionale è però la Valle d’Aosta la regione che in proporzione ha più case non abitate permanentemente (56%), seguita da tre aree del mezzogiorno: Molise (44,6%), Calabria (42,2%) e Abruzzo (38,7%). A registrare la percentuale minore invece Emilia-Romagna (21,8%), Lombardia (21,2%) e Lazio (19,5%).

Per “abitazioni non occupate” si intende le abitazioni vuote o occupate esclusivamente da persone non dimoranti abitualmente. Questo calcolo è stato effettuato da Istat considerando dati censuari e dati amministrativi presenti nel registro statistico dei luoghi, in particolare nella componente del registro statistico di base degli edifici e delle unità abitative.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: giovedì 9 Novembre 2023)

Se si considerano invece le province, tra le prime dieci per quota di case senza dimoranti abituali, ce ne sono quattro in cui si supera il 50%: Sondrio (56,1% che corrispondono a 100.765 abitazioni non occupate), Aosta (56%, 75.948), L’Aquila (53,2%, 146.116) e Imperia (50,7%, 104.201). Per quel che riguarda invece i territori dove questa quota è minore, si segnalano Milano (12,4%, 214.674), Cagliari (11%, 23.809) e Prato (7,8%, 8.814).

Ci sono più case non abitate nelle aree interne e nei comuni della montagna interna.

La presenza di abitazioni non permanentemente occupate è maggiore all’allontanarsi dai comuni centrali in termini di servizi. Le amministrazioni polo riportano un’incidenza del 16,9%, a cui seguono quella dei poli intercomunali (23,3%) e dei comuni cintura (24,2%), tra i due valori non c’è una differenza particolarmente rilevante. Ma distanziandosi ancora di più dai centri la percentuale aumenta in modo più consistente: nei comuni intermedi la quota si assesta al 37%, in quelli periferici al 47,9% e in quelli ultraperiferici al 56,3%. Nelle aree interne la percentuale media è quindi sistematicamente maggiore rispetto alla media nazionale mentre nelle zone più vicine ai poli e nei poli stessi il valore è in linea o al di sotto di quello italiano.

Incide anche la zona altimetrica in cui il comune è situato. In pianura l’incidenza è al 18,9%, crescendo al 26,2% nella collina interna. Montagna e collina litoranea riportano valori pari al 32% e al 33,1%. È però nella montagna interna che il fenomeno è più prevalente, con il 47% delle abitazioni presenti non occupate da almeno un dimorante abituale.

Per “abitazioni non occupate” si intende le abitazioni vuote o occupate esclusivamente da persone non dimoranti abitualmente. Questo calcolo è stato effettuato da Istat considerando dati censuari e dati amministrativi presenti nel registro statistico dei luoghi, in particolare nella componente del registro statistico di base degli edifici e delle unità abitative.

La definizione delle aree interne fa riferimento all’ultima classificazione mentre per la zona altimetrica si considera la metodologia Istat.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(consultati: giovedì 9 Novembre 2023)

Il comune in cui incide di più la presenza di case non permanentemente occupate è Foppolo (Bergamo) con una percentuale del 95,1% (pari a 1.790 su 1.883). Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, è invece quello con la quota minore (2,7%, 524 su 19.207).

Foto: francolicenza

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