In Italia e in altri paesi Ue sono aumentati i divari di reddito Europa

Nonostante le condizioni materiali siano mediamente migliorate, la disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza sono rimaste pressoché invariate in Europa. L’Italia non costituisce un’eccezione.

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La ricchezza aumenta e le condizioni di vita migliorano. Tuttavia questo progresso non è distribuito equamente né tra i vari paesi che compongono l’Unione europea né, al loro interno, tra le diverse classi socio-economiche. Se in alcuni stati membri la situazione è migliorata, in altri si è verificato un marcato peggioramento, e nel complesso la situazione dell’Ue è rimasta sostanzialmente invariata.

Lo stesso si può dire dell’Italia, dove oggi è ancora visibile una marcata divisione tra una maggioranza di persone che dichiara di guadagnare poco (meno di 20mila euro lordi l’anno) e una minoranza che afferma di guadagnare molto (poco più dell’1% dei cittadini guadagna più di 100mila euro l’anno).

Le disuguaglianze sono ancora un problema in Europa

Le disuguaglianze a livello economico possono essere definite da diversi fattori. Per esempio il reddito oppure il capitale accumulato ereditato per via familiare, o ancora le proprietà immobili. Il principale indicatore della disuguaglianza si riferisce alla distribuzione del reddito all’interno di una società: si tratta dell’indice di Gini. Esso indica le differenze tra i redditi percepiti.

Per misurare le differenze che sussistono tra i redditi percepiti, si utilizza l’indice di Gini. Vai a “Cos’è l’indice di Gini”

Tale indicatore può avere valori compresi tra 0% e 100%. Più è basso, più ci si avvicina a una situazione di perfetta uguaglianza in cui tutte le persone hanno il medesimo reddito. Più è alto invece più i redditi sono concentrati in un piccolo gruppo di persone. Se l’indice è pari a 100% significa che un’unica persona possiede tutto il reddito del gruppo considerato.

Come riporta la banca mondiale, in Europa mediamente i salari sono aumentati e le condizioni di vita sono migliorate nel corso degli ultimi decenni. Tuttavia ciò non ha comportato un parallelo appianamento delle disuguaglianze tra i cittadini. Soprattutto a partire dalla crisi finanziaria del 2008. Questo fenomeno si manifesta in particolare attraverso l’aumento relativo degli stipendi più alti e il calo di quelli più bassi, in alcuni stati come quelli dell’Europa centro-orientale. Altrove, gli stipendi bassi sono comunque aumentati poco e lentamente rispetto a quelli medi e alti.

A questo si aggiunge il fatto che il capitale e le ricchezze si sono progressivamente concentrate all’interno di un numero minore di persone, in particolare negli stati più ricchi. Questi due fenomeni entrano in una dinamica di circolo vizioso, condizionandosi a vicenda. Il Covid ha dato poi un ulteriore contributo, penalizzando soprattutto i paesi economicamente più fragili e, all’interno dei singoli stati, le persone più vulnerabili o con le situazioni lavorative più difficili.

Certo si tratta di una dinamica che non ha riguardato soltanto l’Europa e che anzi ha colpito l’Europa in misura minore rispetto ad altri paesi ricchi e sviluppati come gli Stati Uniti.

Le disuguaglianze nella ricchezza sono lesive dei valori democratici.

Tuttavia la stagnazione se non l’incremento delle disuguaglianze pone una serie di problemi. Per esempio la questione di come alcuni meccanismi del nostro sistema economico ledano i valori democratici. A maggior ragione se consideriamo che, se non verranno implementate specifiche politiche per affrontare questo problema, esso è destinato ad aumentare. O almeno a lasciare alle proprie spalle pesanti strascichi e conseguenze. Infatti i bambini che nascono in contesti svantaggiati hanno meno opportunità nella vita, e quindi le disuguaglianze economiche sono in tutto e per tutto un circolo vizioso.

La distribuzione del reddito nei paesi Ue

Come accennato, il principale indicatore per misurare le disuguaglianze è il coefficiente di Gini. Mediamente in Europa il valore si attesta al 30,1% nel 2021, con un calo molto lieve rispetto a 10 anni prima.

-0,3 punti percentuali il coefficiente di Gini in Ue tra 2012 e 2021.

Analizziamo i dati relativi ai paesi membri, per vedere quanto la ricchezza risulta equamente distribuita nei vari contesti nazionali, e se la situazione è cambiata negli ultimi anni.

Il dato rappresenta l’indice di Gini calcolato per i vari paesi dell’Unione europea. Si tratta di una misura della disuguaglianza dei redditi. Più è alto il valore, maggiore è la concentrazione dei redditi in un gruppo ristretto di persone. Non è disponibile il dato della Slovacchia per l’anno considerato (è usato quello del 2020).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(pubblicati: venerdì 3 Marzo 2023)

Dei 27 paesi membri dell’Ue, in 11 l’indice di Gini è aumentato negli ultimi 10 anni. Tra questi anche l’Italia (+0,5 punti percentuali). L’aumento più marcato si è registrato in Bulgaria (+6,1 punti percentuali). Mentre il calo maggiore si è verificato in Slovacchia (-4,4, dove però il dato più recente è relativo al 2020) e in Polonia (-4,1).

Nel complesso, nel 2021 il dato più alto è quello bulgaro che sfiora il 40%. Seguito da quello della Lettonia e della Lituania (al di sopra del 35%). Mentre il più basso è quello slovacco (21%). L’Italia è da questo punto di vista lievemente al di sopra della media Ue (30,1%), attestandosi, nel 2021, al 33%.

In Italia i redditi sono ancora distribuiti in modo diseguale

Come accennato, l’Italia ha un coefficiente di Gini leggermente superiore alla media Ue, che, come in vari altri stati membri, è lievemente aumentato nel corso dell’ultimo decennio.

Anche analizzando i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi forniti dal ministero dell’economia e delle finanze, si può constatare che nel nostro paese gli stipendi sono molto lontani dall’essere equamente distribuiti. Sono ancora molti infatti i contribuenti che guadagnano meno di mille euro lordi al mese, prima di qualsiasi detrazione fiscale. E oltre la metà di tutti i contribuenti che dichiarano il proprio reddito non arriva comunque a 20mila euro annui.

57% dei contribuenti in Italia dichiara di guadagnare meno di 20mila euro lordi l’anno.

I dati si riferiscono ai redditi complessivi, divisi per fasce. Non sono considerati i redditi inferiori allo 0, che comprendono circa 1 milione di persone. Non ci sono correzioni per il lavoro informale o sommerso.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Mef
(pubblicati: mercoledì 13 Aprile 2022)

La fascia più rappresentata è quella dei redditi compresi tra i 10mila e i 20mila euro l’anno. Tuttavia sono quasi 12 milioni gli italiani che guadagnano meno di 10mila euro l’anno, il 29,6% del totale.

Mentre meno del 3% di tutti i contribuenti guadagna più di 70mila euro, una quota che arriva poco sopra l’1% nel caso di chi dichiara più di 100mila euro (meno di mezzo di milione di persone in tutto il paese). Oltre 1 milione di persone afferma di guadagnare zero o addirittura di avere un reddito negativo.

Si tratta comunque di dati che vanno considerati con attenzione, in quanto si riferiscono esclusivamente al reddito dichiarato e quindi non tengono conto di fenomeni come il lavoro in nero o l’evasione fiscale o la sotto-dichiarazione, e in generale tutto ciò che avviene nell’ambito dell’economia sommersa, che le istituzioni non riescono a rilevare e che da sola ha registrato un valore pari a 203 miliardi di euro nel 2019.

Foto: Elyse Chialicenza

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