La camera inizierà la legislatura senza una riforma del regolamento Riforme istituzionali
Era uno dei correttivi divenuti necessari a seguito del taglio dei parlamentari. Ciò potrebbe comportare rallentamenti e difficoltà nel funzionamento degli organi di Montecitorio.
mercoledì 31 Agosto 2022 | Potere politico
Con la fine prematura del governo Draghi il nostro paese si sta preparando alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. La campagna elettorale, che nei fatti è già iniziata da qualche settimana, ha però distolto l’attenzione generale da una serie di questioni rimaste insolute. Non ultima quella dei correttivi, quelle riforme cioè resesi necessarie per assicurare l’operatività di camera e senato a seguito del taglio dei parlamentari.
Tra queste, la più urgente riguardava certamente la revisione dei regolamenti che disciplinano l’attività di camera e senato. Un passaggio indispensabile per assicurare il corretto funzionamento delle camere anche a ranghi ridotti. Tale obiettivo però è stato raggiunto solo a metà. Alla fine di luglio infatti l’aula di palazzo Madama ha dato il via libera definitivo alla riforma del proprio regolamento. Al contrario, a Montecitorio la discussione all’interno dell’assemblea non è nemmeno iniziata.
57 gli articoli del regolamento del senato modificati, aggiunti o soppressi a seguito della riforma del regolamento.
Se da un lato questo intervento era certamente più urgente al senato (alla camera infatti il numero di deputati rimane più consistente) dall’altro questo passaggio a vuoto determina comunque delle criticità. In primo luogo, la mancata ridefinizione delle soglie numeriche comporterà una maggiore difficoltà per le forze politiche con meno esponenti eletti nel formare gruppi parlamentari autonomi. Problemi inoltre si potrebbero riscontrare anche nel lavoro delle commissioni e degli altri organi di cui si avvale la camera.
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Sembra quindi che della questione dovrà farsi carico il prossimo parlamento, nonostante siano passati ormai due anni dell’entrata in vigore della riforma che ha portato al taglio dei rappresentanti. Ciò peraltro potrebbe portare a dei rallentamenti in un momento particolarmente delicato. Nei prossimi mesi infatti il parlamento sarà chiamato a un grande lavoro per approvare entro la fine dell’anno, tra le altre, la legge di bilancio e le riforme legate all’attuazione del Pnrr.
Cosa sono i correttivi e perché sono importanti
Con la riduzione del numero dei parlamentari, si sono rese necessarie una serie di riforme ulteriori per garantire la piena operatività di tutti gli organi che compongono la camera e il senato (commissioni, giunte e gruppi). Tali correttivi hanno assunto una particolare rilevanza al momento della nascita del governo giallorosso. Il completamento di queste riforme infatti era una conditio sine qua non posta dal Partito democratico per il suo appoggio al taglio dei parlamentari, fortemente voluto dal Movimento 5 stelle.
L’emergenza Covid e la caduta del governo Conte II hanno rallentato l’iter dei correttivi.
Con l’esplosione dell’emergenza Covid e la formazione della maggioranza di unità nazionale a sostegno del governo Draghi però il tema è passato in secondo piano. Tuttavia le discussioni per portare a compimento i correttivi sono proseguite. Ma di quali modifiche stiamo parlando? I correttivi necessari possono essere così riassunti:
- l’abbassamento a 18 anni della soglia d’età per il voto a palazzo Madama;
- il superamento della base regionale per l’elezione del senato;
- la riduzione da 3 a 2 delegati regionali per l’elezione del presidente della repubblica;
- la revisione dei regolamenti di camera e senato.
La prima riforma in elenco è l’unica ad essere stata completata. La legge costituzionale 1/2021 infatti ha modificato l’articolo 58 della carta, abbassando a 18 anni il diritto di voto anche per il senato. In questo caso il correttivo non è necessario al funzionamento delle camere ma è stato pensato per armonizzare gli elettorati di camera e senato, in modo da limitare la possibilità che si formino maggioranze diverse. Il secondo e il terzo correttivo invece inizialmente erano trattati congiuntamente all’interno di un’unica proposta di revisione costituzionale.
A seguito della discussione in commissione però, il passaggio sui delegati regionali è stato stralciato. Su questo punto specifico c’era l’opposizione dichiarata della Lega, favorevole invece a un maggior peso dei rappresentanti delle istituzioni sul territorio nella scelta del capo dello stato. Del resto, con l’inizio del secondo settennato al Quirinale di Sergio Mattarella avvenuto proprio quest’anno, tale correttivo risulta essere il meno urgente tra quelli individuati.
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Per quanto riguarda invece il superamento della base regionale per l’elezione dei senatori, la proposta si limita a identificare le regioni come circoscrizioni elettorali. Norme più dettagliate dovranno essere oggetto della prossima legge elettorale, con l’unico limite di non poter prevedere un’unica circoscrizione che racchiuda in sé l’intero territorio nazionale. La proposta è stata approvata dalla camera lo scorso 10 maggio ma l’iter non risulta mai iniziato in senato. Dato che le leggi di revisione costituzionale richiedono una doppia deliberazione da parte di entrambe le camere, non ci sono i tempi tecnici per approvare il provvedimento prima del voto.
Per le elezioni del prossimo 25 settembre quindi il sistema elettorale sarà lo stesso del 2018, con la differenza che stavolta i senatori saranno eletti anche dai giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Inoltre nei collegi plurinominali verranno eletti meno deputati, con l’effetto di innalzare il numero di voti necessari per essere eletti. Anche oltre le soglie esplicite di sbarramento.
Per quanto riguarda l’ultimo correttivo infine, come già anticipato, la situazione è molto diversa tra camera e senato. Ciò significa sostanzialmente che la questione dovrà essere risolta nelle prime settimane di lavoro della prossima legislatura. Difficilmente infatti il regolamento potrà essere approvato prima del voto, alla ripresa dei lavori dell’attuale camera a settembre. In piena campagna elettorale.
Cos’è successo alla camera
A Montecitorio la discussione sul nuovo regolamento si è arenata già prima dell’inizio della discussione in assemblea. L’ultimo aggiornamento sulla questione infatti risale allo scorso 9 agosto, quando la giunta per il regolamento è tornata a riunirsi. In questa occasione il presidente Roberto Fico ha ravvisato la mancanza di accordo tra le forze politiche per portare avanti la discussione. Nemmeno su un testo base minimale, limitato alle modifiche giudicate indispensabili.
Secondo quanto riportato anche dagli organi di stampa la responsabilità dell’affossamento sarebbe da attribuire agli esponenti del Partito democratico e Liberi e uguali. Sia dal centrodestra che dal Movimento 5 stelle infatti era stata dichiarata la disponibilità a proseguire il lavoro sulle proposte in discussione. Dal canto loro, gli esponenti del centrosinistra hanno sottolineato la difficoltà di trovare un accordo, su una riforma che per la sua approvazione avrebbe richiesto la maggioranza assoluta, in un contesto come quello attuale.
Federico Fornaro (Leu) […] rileva l’esistenza di due problemi preliminari ostativi all’approdo in assemblea della riforma regolamentare: il primo è l’assenza di un’intesa fra i gruppi su tutti i punti della stessa; il secondo, invece, la necessità di assicurare la maggioranza assoluta in assemblea per l’approvazione della riforma, maggioranza che difficilmente potrà essere garantita a settembre, in piena campagna elettorale e in prossimità del voto.
La mancata revisione del regolamento però pone sul tavolo una serie di questioni. In primo luogo ci sarà una penalizzazione delle formazioni politiche più piccole che, senza la rimodulazione delle soglie numeriche, avranno maggiore difficoltà a costituire dei gruppi autonomi. Inoltre potrebbe essere necessaria una revisione del numero e delle competenze delle commissioni. Un passaggio che sarebbe necessario per garantire l’adeguata rappresentanza di tutte le componenti politiche in ogni consesso, oltre che per assicurare la loro corretta ed efficace operatività. Ne consegue che, salvo poco probabili ripensamenti, saranno i deputati eletti nella prossima legislatura a dover affrontare la questione.
Come cambia il regolamento del senato
Come detto invece, a palazzo Madama il regolamento è stato riformato. A livello quantitativo sono in totale 57 gli articoli che in qualche misura sono stati interessati dalla riforma. Un articolo è stato soppresso, 2 sono stati aggiunti mentre 54 sono quelli modificati. I commi modificati invece sono 88, 10 sono stati soppressi e 22 aggiunti per un totale di 120 interventi.
Correttivi, interventi su oltre 50 articoli del regolamento del senato
Il numero di commi e articoli modificati, aggiunti e soppressi a seguito della riforma del regolamento del senato
Con la riduzione del numero dei senatori (elettivi) da 315 a 200 si è reso necessario apportare una serie di modifiche al regolamento dell’aula di palazzo Madama al fine di garantirne il corretto funzionamento. La proposta di riforma è stata definitivamente approvata alla fine di luglio 2022. Il grafico riporta il numero di articoli e di commi che hanno subito modifiche, aggiunte o che sono stati soppressi. Nel grafico si tiene conto anche delle modifiche apportate con gli emendamenti nel corso della discussione in assemblea.
FONTE: elaborazione openpolis su dati senato
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Agosto 2022)
A livello di contenuti, possiamo osservare in generale un tentativo di allineare il nuovo regolamento del senato a quello della camera. Anche se il fatto che a Montecitorio non si sia pervenuti a una revisione ha impedito un coordinamento tra i due rami. Da notare inoltre che si è deciso di procedere per modifiche puntuali anziché per una rivisitazione complessiva del regolamento. Una scelta probabilmente anche motivata dalla necessità di trovare un'ampia convergenza tra le forze politiche.
L'atto approvato dall’assemblea si compone di 9 articoli. I primi due vanno sostanzialmente a modificare tutte quelle disposizioni che prevedevano quorum e soglie numeriche specifiche. In generale la modifica vede una rimodulazione di queste quote con una riduzione che mediamente è del 30%. Un valore che risulta leggermente inferiore rispetto all’effettiva decurtazione del numero dei parlamentari (-36% circa).
C'è stato un tentativo di allineare il regolamento del senato a quello della camera.
Altra novità rilevante da questo punto di vista riguarda certamente la fusione di alcune commissioni permanenti che passano da 14 a 10. In particolare, sono state accorpate le commissioni esteri e difesa, ambiente e lavori pubblici, industria e agricoltura e lavoro e sanità. La commissione affari costituzionali invece si occuperà anche di editoria e digitalizzazione. Inoltre, l’attività delle commissioni potrà svolgersi anche in parallelo rispetto alle sedute dell’aula salvo che in questo consesso non si tengano delle votazioni.
È stato aggiunto inoltre un comma che impone ai presidenti di commissione un coordinamento del calendario delle sedute. Ciò in modo da permettere ai senatori che appartengono a più commissioni di partecipare ai lavori.
Sono state introdotte anche alcune novità per cercare di velocizzare l’iter legislativo. Una delle più rilevanti riguarda la soppressione dell’articolo 78 comma 6 che richiedeva l'approvazione anche in assemblea degli emendamenti ai disegni di conversione dei decreti legge già licenziati in commissione. Tale passaggio non è necessario invece alla camera e più in generale per tutti gli altri disegni di legge.
Viene poi istituito anche per palazzo Madama il comitato per la legislazione. Si tratta di un organo chiamato ad esprimere pareri sulla qualità delle proposte di legge in discussione. Tale organo era già presente alla camera anche se con compiti leggermente diversi.
Le norme sui gruppi parlamentari
La riforma del regolamento del senato prevede novità anche per quanto riguarda la composizione dei gruppi parlamentari. Innanzitutto, la soglia minima di aderenti per costituire una formazione autonoma passa da 10 a 6. Questo però solo a inizio legislatura, mentre è di 9 senatori per i gruppi che nascono in corso d’opera. Resta inoltre il vincolo di poter costituire formazioni che siano rappresentative di liste che si sono presentate alle elezioni. Anche se i casi di Italia viva, Costituzione, ambiente e lavoro e Insieme per il futuro dimostrano come questo vincolo sia facilmente aggirabile. Sono introdotti inoltre alcuni accorgimenti per cercare di scoraggiare i cambi di gruppo. Che tuttavia restano possibili e del tutto legittimi.
Tra le innovazioni più rilevanti, l’introduzione dello status di “senatore non iscritto a gruppi parlamentari”, finora riservata ai senatori a vita. Questa condizione avrà delle conseguenze significative per i senatori. In primo luogo sembrerebbe che per essi non sia prevista una rappresentanza all’interno di alcuni consessi. Come ad esempio le riunioni riservate ai capigruppo (anche se viene fatto obbligo di tenerne conto). Da ricordare inoltre che ai gruppi parlamentari sono assegnate alcune risorse economiche finalizzate all’espletamento delle loro attività. Tali fondi evidentemente non sarebbero accessibili per i senatori non iscritti a gruppi.
I cambi di gruppo restano possibili ma sono stati introdotti disincentivi, anche di natura economica.
D’altra parte però, i senatori che abbandonano il proprio gruppo non acquisiscono immediatamente lo status di “non iscritto”. Essi infatti hanno 3 giorni di tempo per comunicare una nuova appartenenza. Tuttavia, il cambio di gruppo avrà comunque delle conseguenze. Dal punto di vista degli incarichi ricoperti, un senatore che decida di cambiare gruppo decadrebbe da componente del consiglio di presidenza, della giunta per il regolamento o della giunta per le elezioni e le immunità parlamentari. La perdita del ruolo però non scatterebbe se il senatore coinvolto venisse espulso, oppure nel caso in cui il gruppo di appartenenza si sciolga o si fonda con altre formazioni.
Sono previsti anche ulteriori disincentivi di natura economica. Questi però vanno a impattare più sui gruppi che non sui singoli senatori. Come già detto infatti ad ogni gruppo parlamentare sono affidate delle risorse provenienti dal bilancio del senato. Tali risorse si compongono di una parte fissa uguale per tutti e una che varia proporzionalmente in base alla consistenza numerica del gruppo.
Al fine di disincentivare i trasferimenti ad altro gruppo parlamentare [...] il consiglio di presidenza stabilisce la riduzione del 50 per cento del contributo proporzionale, determinato ai sensi dell'art. 16, comma 1, primo periodo, del regolamento, nei confronti del gruppo del quale il senatore cessa di far parte, attribuendo il 30 per cento del contributo proporzionale iniziale al gruppo di destinazione.
La novità introdotta - di difficile interpretazione - apparentemente andrebbe a tutelare quelle formazioni che perdono aderenti. In questo caso infatti la diminuzione della quota dovuta alla riduzione della consistenza numerica del gruppo sarebbe meno che proporzionale. D’altra parte invece l’attribuzione di nuove risorse al gruppo di approdo sarebbe ancor più limitata.
Foto: Facebook - Roberto Fico