La condizione sociale incide ancora sull’iscrizione all’università #conibambini

L’Italia resta agli ultimi posti in Ue per quota di laureati. Un ritardo che ha un forte retroterra sociale e territoriale. Gli adolescenti con alle spalle una famiglia con difficoltà intendono andare all’università nel 46% dei casi, contro il 67,1% dei coetanei avvantaggiati.

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Tra i paesi europei, l’Italia è agli ultimi posti per quota di giovani laureati in università o con un titolo terziario equivalente. Nel 2023 ne era in possesso il 30,6% dei giovani italiani tra 25 e 34 anni. Un’incidenza in crescita rispetto al 29,2% dell’anno precedente, ma che pone il nostro paese al terzultimo posto nell’Unione europea, dopo Romania (22,5%) e Ungheria (29,4%).

Il dato calcola la percentuale di persone tra 25 e 34 anni che hanno conseguito un titolo di livello terziario (Isced 5, 6, 7 o 8) sul totale delle persone della stessa età.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat

Questo ritardo, come abbiamo avuto modo di raccontare in passato, ha diverse radici. Da quelle di matrice territoriale a quelle legate alla condizione sociale ed economica della famiglia di origine.

Nuovi dati mostrano come, in uscita dalla pandemia, la situazione economica del nucleo familiare continui a influenzare profondamente la possibilità di immatricolazione all’università.

Abbiamo approfondito la questione attraverso i dati più recenti disponibili, anche rispetto ai diversi tassi di iscrizione nel paese, da nord a sud.

Possibilità economiche e accesso all’università

La recente indagine di Istat sul comportamento, gli atteggiamenti e i progetti futuri dei giovani tra 11 e 19 anni ha confermato l’impatto della condizione familiare sulle scelte educative.

Nel passaggio tra le medie e le superiori, chi ritiene di avere alle spalle una famiglia con maggiori difficoltà si orienta meno spesso verso il liceo. Ed è tre volte più propenso dei coetanei avvantaggiati nella scelta di un istituto professionale.

5,3% degli studenti delle medie in condizione molto buona indica la prosecuzione degli studi in istituti professionali. Tra i ragazzi svantaggiati la quota sale al 15,6%.

Lo stesso condizionamento si registra anche nel passaggio dalla scuola all’università.

Oltre 2 giovani su 3 (67,1%) con alle spalle una famiglia in condizione economica buona vogliono andare all’università. Mentre se la condizione economica è ritenuta negativa la quota scende a meno della metà del totale (46%). Processi di autosegregazione che contribuiscono ad approfondire i divari educativi nella popolazione giovanile rispetto alla classe sociale d’origine.

Chi pensa di avere una situazione economica non molto o per niente buona vuole andare all’università nel 46,0% dei casi, mentre tra chi ha una situazione molto buona è il 67,1% a esprimere l’intenzione di andare all’università. All’opposto, chi ha una situazione economica non molto o per niente buona nel 24,5% dei casi si orienta verso il lavoro contro il 14,2% di chi ha una situazione economica molto buona.

Simili tendenze rendono essenziale comprendere quante ragazze e ragazzi scelgano effettivamente di andare all’università dopo la scuola.

Le iscrizioni all’università dei neodiplomati

Nel 2022 il 51,7% dei giovani neo-diplomati si è iscritto all’università. Una quota che sul territorio nazionale varia dal 57% del centro Italia al 53,5% del nord, e scende sotto la metà del totale nel mezzogiorno (47,4%).

Tra le regioni – al netto del Trentino Alto Adige in cui incide il fenomeno dei giovani che si iscrivono in università austriache – quelle agli ultimi posti sono tutte meridionali. Si tratta di Campania (39,2%), Sicilia (49,6%), Sardegna (51,5%) e Calabria, quest’ultima con un dato analogo a quello veneto (52,3%).

Questi dati, pur non comprendendo altri percorsi formativi terziari – come gli Its e istituti di alta formazione artistica – offrono una visuale piuttosto nitida delle scelte dopo la scuola dei diplomati nelle diverse aree del paese.

Scendendo a livello locale, in 6 province oltre il 60% delle ragazze e dei ragazzi si è iscritto all’università nel 2022. Si tratta di Isernia (66,7%), L’Aquila (62,6%), Teramo (62%), Parma (61,8%), Trieste (61,2%) e Pescara (60,3%). Al contrario in circa un territorio su 5 i neodiplomati iscritti all’università rappresentano meno della metà del totale.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (Bes dei Territori)
(pubblicati: lunedì 1 Luglio 2024)

Agli ultimi posti, a parte Bolzano per cui valgono le considerazioni già fatte, troviamo la provincia di Salerno (36,5%) e la città metropolitana di Napoli (38,6%). Si tratta degli unici territori che non arrivano alla soglia del 40%. Poco sopra questa soglia anche Sondrio (40,4%), Caserta (41,8%), Benevento (43,2%), Avellino (44,2%) e Agrigento (44,7%).

Tra le 24 province in cui meno del 50% degli studenti si iscrive all’università, oltre la metà (14) si trovano nel mezzogiorno.

Un divario che spesso emerge ben prima dell’università

Al quadro appena emerso, va aggiunto che i dati sulle iscrizioni dei neo-diplomati non dicono tutto. In molti casi infatti la selezione in base alla condizione economica del nucleo è avvenuta prima.

È ancora l’indagine sulla condizione di bambini e ragazzi pubblicata lo scorso maggio a indicarlo. Ad esempio, la scelta di andare al liceo dopo la terza media appare fortemente condizionata dal reddito familiare.

La condizione economica della famiglia sembra avere un ruolo importante nel determinare gli orientamenti scolastici dei ragazzi. Il 60,3% di coloro che ritengono che la situazione della propria famiglia sia molto buona intende andare al liceo, mentre manifesta lo stesso orientamento solo il 34,8% degli studenti che dicono di avere una situazione economica familiare non molto o per niente buona. Per questi ultimi risulta relativamente più elevata la quota di coloro che vogliono proseguire gli studi in un istituto professionale: il 15,6% contro il 5,3% di chi ritiene di avere una situazione economica molto buona

Dati che fanno supporre che la decisione di non andare all’università sia in realtà avvenuta molto prima dei 18-19 anni. Questa scelta è probabile che in molti casi sia compiuta già alle medie, per ragioni che potrebbero riguardare più la condizione della famiglia che l’effettivo potenziale di ragazze e ragazzi.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi alle iscrizioni dei neo-diplomati all’università sono di fonte Istat (Bes dei territori)

Foto: Università di Pavia (Flickr) – Licenza

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