La continuità didattica per valorizzare il lavoro degli insegnanti #conibambini

Per essere punto di riferimento di studenti e comunità educante, è essenziale la continuità didattica degli insegnanti, spesso compromessa in scuole e territori svantaggiati. Un fenomeno affrontato in modo diverso dai paesi Ue e che varia molto sul territorio nazionale.

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Nessuna politica di contrasto alla povertà educativa può prescindere dal ruolo centrale degli insegnanti nella comunità educante. Viene spesso sottovalutato come i docenti siano tra le figure più importanti nel percorso di crescita dei giovani; si tratta infatti della categoria di adulti che, insieme alla famiglia, trascorre più tempo con ragazzi e ragazze.

Con un impatto diretto sulla loro formazione: per questo le potenzialità di un rapporto solido e costruttivo tra insegnanti e alunni sono molto ampie.

Insegnanti appassionati e motivati possono coltivare la curiosità degli studenti, far fiorire interessi e inclinazioni, dare concretezza ad aspirazioni e talenti. Non solo ispirandoli, ma anche offrendo un punto di riferimento per orientare verso scelte educative consapevoli. È anche dall’incontro con buoni insegnanti che dipende il percorso futuro di tante ragazze e ragazzi. Specie per chi alle spalle ha una famiglia che – per motivi economici, culturali o sociali – ha minori possibilità di investire sulla formazione dei figli.

67,1% gli studenti con situazione economica molto buona che vogliono andare all’università. Tra gli svantaggiati la quota scende al 46%.

Affinché questo processo funzioni, è utile che il rapporto possa durare e consolidarsi nel tempo. Una continuità didattica che non sempre si realizza, per vari motivi. Dalla carenza di insegnanti in alcune materie e specializzazioni, alla maggiore mobilità che si riscontra nelle scuole svantaggiate o in quelle delle aree interne.

Abbiamo approfondito come, in tutta Europa, i sistemi educativi stiano affrontando il crescente problema della carenza di insegnanti. Ne emerge un quadro differenziato, con politiche che variano in base alla situazione specifica di ciascun paese. Nel caso italiano, abbiamo ricostruito in quali territori sia maggiore l’incidenza di docenti supplenti, che quindi possono essere assegnati a una scuola diversa in ogni anno scolastico.

Le politiche per contrastare le carenze di insegnanti in Europa

In passato, abbiamo avuto modo di raccontare come alcune aree del paese – a partire da quelle interne – soffrano di fenomeni come l’elevata mobilità degli insegnanti, anche a tempo indeterminato. Una tendenza potenzialmente in grado di minare gli esiti educativi di ragazze e ragazzi.

9% il tasso di mobilità dei docenti titolari a tempo indeterminato nelle scuole medie delle aree interne prima del Covid (media Italia: 7%).

Ai trasferimenti volontari, generalmente legati alle preferenze dei docenti di migliorare la propria sede di servizio, per avvicinarsi a casa o per scegliere una scuola ritenuta più appropriata, vanno sommati quelli obbligati da situazioni di esuberi o da altre esigenze organizzative del sistema scolastico.

Molti paesi europei stanno infatti affrontando problemi di carenze con cause diverse a seconda del contesto. Dall’invecchiamento del corpo insegnante ad altri fattori legati alla professione.

European countries are facing increasing challenges to recruit qualified teachers in sufficient numbers. The lack of qualified teachers can impact students’ learning and hinder the goal to provide quality education for all. Teacher shortages may be due to a combination of factors including an aging teacher population, a growing student population, little motivation among young people to start a teaching career and high levels of teacher attrition. Challenging work environments, stress, uncompetitive wages and lack of recognition can affect motivation to enter and stay in the profession

Fattori diversi che conducono anche a risposte differenti da parte dei paesi. Tra i 38 sistemi educativi esistenti in Europa, quasi tutti hanno messo a punto politiche generali per contrastare il problema delle carenze. Parliamo di interventi normativi di respiro più ampio che possono avere diversi obiettivi. Come attrarre nuovi insegnanti, ridurre i fattori di logoramento di quelli già assunti, oppure facilitare i requisiti e le procedure per coprire i posti vacanti. Fanno eccezione 6 paesi, tra cui solo 2 membri Ue (Grecia e Cipro, mentre gli altri sono Turchia, Bosnia, Liechtenstein e Macedonia del nord).

25 su 27 i paesi Ue dotati di una politica sistemica per mitigare le carenze di insegnanti.

Le carenze di insegnanti sono affrontate in Ue con misure sistemiche o, in alcuni casi, con politiche specifiche per territori e scuole svantaggiate.

Le misure sistemiche adottate da alcuni paesi, come Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia e Austria, mirano a migliorare le previsioni di carenze e la pianificazione. In altri stati, si punta a facilitare il flusso di informazioni e la mobilità tra regioni e scuole (è il caso di Bulgaria, Germania, Italia, Paesi Bassi e Polonia), a migliorare la gestione delle risorse umane (Paesi Bassi, Austria) oppure a semplificare le procedure di assunzione (come nelle comunità francese e fiamminga del Belgio, in Germania e in Italia). Nel caso dell’Italia ad esempio va segnalata una procedura di reclutamento speciale per soddisfare la crescente domanda di insegnanti di sostegno.

Gli interventi specifici per gli squilibri territoriali e sociali

Un ampio numero di paesi Ue (10 su 27), tra cui l’Italia, prevede solo politiche sistemiche per contenere il problema. Tuttavia accanto a questo tipo di misure, valide in generale per l’intero sistema scolastico, alcuni paesi hanno previsto interventi specifici per le aree geografiche o le per singole scuole svantaggiate, o anche un mix dei due.

In risposta alle carenze di insegnanti, nei sistemi educativi di tutta l’Ue (tranne 2: Grecia e Cipro) la strategia principale è la previsione di politiche generali rivolte al reclutamento dei docenti e/o miglioramento della loro condizione.

Accanto a questa strategia generale si riscontrano altre 2 strategie specifiche, adottate da sole o in contemporanea:

  • politiche a sostegno di alcune aree geografiche per far fronte alla carenza di insegnanti;
  • politiche a sostegno di alcune scuole svantaggiate per lo stesso motivo.

Alcuni paesi hanno adottato un mix di queste politiche; altri non hanno adottato alcuna misura specifica ma solo politiche generali valide per tutto il sistema educativo; uno (Cipro) non ha adottato né politiche generali, né specifiche per territori o scuole svantaggiate.

I dati sono stati raccolti dal report di Eurydice “Structural indicators for monitoring education and training systems in Europe – 2023: The teaching profession“. Nel caso del Belgio, la risposta è stata differenziata tra parte tedesca (nessuna politica specifica) e il resto del paese (politiche a sostegno di specifiche aree geog. svantaggiate).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurydice
(pubblicati: giovedì 30 Novembre 2023)

Tra le misure rivolte alle aree svantaggiate, le autorità educative delle comunità autonome in Spagna possono offrire alcune premialità agli insegnanti che accettano un posto in aree rurali e remote. La Grecia, che pure non ha politiche generali per tutto il sistema educativo, prevede una disciplina ad hoc per le aree remote: i nuovi insegnanti che accettano di lavorarvi ricevono più crediti ai fini della domanda per un posto a tempo indeterminato. Nel caso della Croazia vi è la previsione di stipendi più alti.

Indirizzate alle scuole svantaggiate sono le politiche previste in Francia, dove gli insegnanti degli istituti considerati prioritari per le politiche educative possono avere benefici economici, di carriera e di mobilità. Le comunità autonome in Spagna possono concedere maggiori benefici ai docenti che lavorano nelle scuole con una quota elevata di studenti con disabilità o che hanno problemi persistenti nel reclutamento degli insegnanti. Nei Paesi Bassi, le scuole con un numero elevato di studenti a rischio o con difficoltà di apprendimento ricevono un’indennità, che possono trasferire agli insegnanti. In Svezia, le scuole svantaggiate possono ottenere maggiori sovvenzioni, destinabili ad aumenti salariali per i docenti.

L’incidenza di insegnanti titolari e supplenti in Italia

Alla luce di questo quadro, è interessante analizzare per il caso italiano l’incidenza nei diversi territori di docenti a tempo determinato sul totale degli insegnanti. Si tratta di un indicatore che in passato è stato utilizzato anche ai fini della strategia delle aree interne, proprio per monitorare uno dei fattori più critici per la scuola in territori periferici.

Maggiore è la percentuale di docenti a tempo determinato maggiore è il ricambio dei docenti tra un anno scolastico e l’altro. Un docente con contratto a tempo determinato viene assegnato ogni anno scolastico ad una scuola diversa.

Elaborando i dati pubblicati annualmente dal ministero dell’istruzione, è possibile aggiornare questo indicatore. In Italia nell’anno scolastico 2022/23 hanno lavorato nelle scuole statali 943.681 docenti, di cui oltre 200mila come insegnante di sostegno e circa 700mila nei posti di insegnamento comune.

Analizzando intanto il dato di solo questi ultimi, gli insegnanti titolari di posto a tempo indeterminato sono circa 620mila (85,5% del totale). Mentre risultano supplenti, in quanto assunti a tempo determinato, il 14,5% dei docenti.

Tra gli insegnanti di sostegno il fenomeno è ancora più ampio: considerando tutti gli oltre 900mila docenti infatti la quota sale al 24,9%: circa uno su 4. Tendenze che sono fortemente variabili sul territorio nazionale.

Se si considerano i soli posti comuni, al netto di quelli di sostegno, le province con la percentuale più elevata di docenti supplenti sono quelle di Lodi, Verbano-Cusio-Ossola, Sud Sardegna e Belluno. In questi territori, nell’anno scolastico 2022/23, circa il 22% degli insegnanti ha un contratto a tempo determinato. La quota supera il 20% anche nelle città metropolitane di Milano e Venezia, nonché nelle province di Sondrio, Mantova e Varese.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Mim
(pubblicati: martedì 16 Gennaio 2024)

Considerando nel computo anche gli insegnanti di sostegno, la quota di personale a tempo determinato tende a salire in modo generalizzato. In 3 province si attesta attorno al 35%: Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola e Mantova. In altre 27 supera la soglia del 30%: Lodi, Milano, Vercelli, Pistoia, Novara, Sud Sardegna, Asti, Cremona, Massa-Carrara, Pavia, Piacenza, Torino, Livorno, Ravenna, Varese, Prato, Monza e della Brianza, Reggio Emilia, Biella, Pisa, Modena, Imperia, Sassari, Viterbo, Latina, Cuneo e Grosseto.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati sui docenti a tempo determinato nelle scuole statali italiane sono relativi all’a.s. 2022/23 e sono di fonte Mim. Nell’elaborazione è stato distinto il dato totale (tutti i docenti, compresi posti di sostegno) e quello relativo solo ai posti comuni (non include docenti di sostegno). L’elaborazione confronta, per ogni provincia, la quota di docenti a tempo determinato nei posti comuni in tutte le scuole statali italiane, da quelle d’infanzia alle superiori. Dati non disponibili per Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

Foto: steveriot1 (Pixabay) – Licenza

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