La disparità di genere nei vertici delle aziende sanitarie locali Mappe del potere
Nonostante nella sanità le donne siano da alcuni anni più degli uomini, le posizioni di vertice delle aziende sanitarie e ospedaliere sono ancora in gran parte occupate da uomini. Si tratta dunque di un altro settore in cui la disparità di genere si manifesta in modo molto evidente.
martedì 22 Febbraio 2022 | Potere politico
La disparità di genere è un fenomeno ancora molto presente in Italia sia in termini salariali che di possibilità di carriera. Un tema che riguarda moltissimi settori e tra questi anche quello sanitario. Infatti, nonostante da alcuni anni le donne siano la maggioranza dei medici in attività professionale, le posizioni di vertice nelle aziende sanitarie locali sono ancora per la maggior parte ricoperte da uomini.
54% le donne tra gli iscritti all’ordine dei medici con meno di 65 anni di età.
Comunque, per quanto un certo grado di disparità sia piuttosto frequente, l’Italia si differenzia molto a seconda delle regioni. In molti contesti infatti sono solo gli uomini a ricoprire gli incarichi di vertice, ma esistono anche rari casi in cui il numero di donne al vertice delle aziende sanitarie supera quello degli uomini.
I vertici delle aziende sanitarie e ospedaliere
Le aziende sanitarie (Asl) e ospedaliere (Ao) sono le strutture amministrative del sistema sanitario più prossime al cittadino, oltre ad essere le realtà che offrono nella pratica quotidiana le prestazioni.
In tutti i vertici aziendali di queste strutture devono essere presenti un direttore generale, un direttore sanitario e un direttore amministrativo. In alcuni casi previsti da norme nazionali e regionali al posto del direttore generale può essere temporaneamente nominato un commissario.
Considerate complessivamente le donne che ricoprono questo tipo di ruolo sono poco meno di 1/3 (30,66%). Questo dato tuttavia si riduce se si considerano i ruoli in assoluto più importanti. Infatti, se per gli incarichi di direttore amministrativo si arriva al 37,5% e per quelli di direttore sanitario al 34,7%, solo il 20,3% dei ruoli da direttore generale è ricoperto da una donna.
1 su 5 le donne a ricoprire l’incarico di direttore generale nelle aziende sanitarie locali o nelle aziende ospedaliere.
La percentuale si riduce poi ulteriormente (18,8%) se si guarda ai commissari straordinari (ad esclusione dei commissari prefettizi).
In alcuni casi strutture di questo tipo hanno nel proprio organo direttivo anche un presidente, un direttore scientifico o un direttore socio-sanitario. Non si tratta però di profili presenti in tutte le Asl e le Ao, e dunque non sono stati inclusi in questa analisi.
Pur nel quadro di un ordinamento giuridico comune, le aziende sanitarie e ospedaliere si differenziano anche significativamente nelle diverse regioni italiane. A partire dagli anni ’90 infatti (d.lgs. 502/1992) è proprio alle regioni che sono state attribuite la maggior parte delle competenze in materia sanitaria. Il livello regionale è quindi la dimensione politico amministrativa più corretta per osservare le diverse prassi seguite dal nostro sistema sanitario.
Spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
La disparità di genere nelle regioni
Se si analizzano nell’insieme i vertici aziendali (direttori generali o commissari, direttori sanitari e direttori amministrativi) il Lazio è l’unica regione in cui si registra una maggioranza di donne in posizione di vertice (57,14%).
1 su 20 le regioni in cui le donne ricoprono la maggioranza dei ruoli di vertice nelle aziende sanitarie e ospedaliere.
I vertici delle aziende sanitarie e la disparità di genere
Il rapporto tra donne e uomini che ricoprono il ruolo di direttore generale (o commissario), direttore amministrativo e direttore sanitario nelle aziende ospedaliere e nelle aziende sanitarie locali
FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 17 Febbraio 2022)
Al secondo posto si trova l'Emilia Romagna (40,6%) mentre altre 9 regioni si trovano in una forbice compresa tra il 29% e il 39%. In Abruzzo, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta invece, al momento non risulta neanche una donna al vertice delle istituzioni sanitarie.
3 le regioni in cui nessuna donna ricopre un ruolo di vertice nelle aziende sanitarie o ospedaliere.
Questo dato, comunque negativo nella logica dell'equilibrio di genere, deve però essere valutato anche in rapporto al numero di aziende sanitarie presenti in ciascuna regione. In Valle d'Aosta infatti esiste un'unica azienda sanitaria regionale, mentre in Trentino-Alto Adige ne esistono 2, una per ciascuna delle province autonome. Tuttavia, nel caso dell'azienda di Trento, ad oggi solo il direttore amministrativo risulta in carica in via ordinaria. Sia il direttore generale che quello sanitario infatti sono facenti funzione, in attesa delle nuove nomine, e dunque non sono stati considerati.
Diverso invece è il caso della regione Abruzzo dove tutti e 12 i dirigenti delle 4 aziende sanitarie risultano regolarmente in carica e nessuno di questi è una donna.
Le donne nel ruolo di direttore generale
Come abbiamo visto i ruoli da direttore generale o commissario straordinario sono quelli dove è meno frequente trovare figure femminili.
Da questo punto di vista sono le Marche la regione italiana con la quota maggiore di direttrici generali (66,67%). Al secondo posto il Lazio, unica altra regione in cui questa quota supera la metà (53,85%).
Le donne nel ruolo di direttrici generali delle aziende sanitarie
Le quota di donne che ricoprono il ruolo di direttore generale di un'azienda sanitaria o di un azienda ospedaliera nelle regioni italiane
FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 17 Febbraio 2022)
In altre 6 regioni (Basilicata, Sardegna, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Piemonte) poi questo dato è compreso tra un 1/5 e 1/3. Ancora più bassa invece la quota di donne direttrici generali in Lombardia (17,14%), Campania (12,50%) e Sicilia (7,69%). Quanto alle altre regioni, ad oggi, nessuna donna risulta ricoprire questo incarico.
9 le regioni italiane dove neanche una donna ricopre l'incarico di direttore generale di una azienda sanitaria o ospedaliera.
Anche in questo caso comunque conviene analizzare il dato alla luce del numero di Asl e Ao presenti in ciascuna regione.
Per quanto positivo infatti, il dato delle Marche (66,67%) si riferisce a solo 3 aziende sanitarie. Per di più in queste strutture, a parte le 2 direttrici generali, tutti gli altri ruoli di vertice sono ricoperti da uomini.
In Lazio le donne sono maggioranza in tutte e 3 le posizioni di vertice
In Lazio invece le direttrici generali sono 7 su 13 (2 aziende sanitarie hanno al vertice un commissario). Inoltre una prevalenza nel numero di donne si manifesta anche per i ruoli di direttore sanitario (8 su 13, in 2 casi non risulta in carica in via ordinaria) e direttore amministrativo (9 su 14, in un caso non risulta in carica in via ordinaria).
Quanto ai 9 casi in cui nessuna donna ricopre questo incarico è importante sottolineare che in 2 di queste regioni (Molise e Valle d'Aosta) esiste un'unica azienda sanitaria, mentre in Trentino-Alto Adige, come abbiamo visto, solo in una delle due aziende sanitarie il direttore generale è in carica in via ordinaria. Considerando invece le regioni in cui il numero di aziende sanitarie sono di più, la completa assenza di donne con il titolo di direttore generale appare via via meno giustificabile. Come nel caso del Friuli-Venezia Giulia (3 aziende sanitarie), dell'Umbria (4 di cui 1 senza un direttore generale in carica in via ordinaria), dell'Abruzzo (4), della Liguria (5) e in particolare della Puglia (8).
8 le aziende sanitarie e ospedaliere in Puglia. In nessuna di queste il direttore generale è una donna.
Particolare poi è il caso della Calabria dove ancora oggi tutte le Asl risultano commissariate, e non sono quindi in carica direttori generali, che siano questi uomini o donne.
In altre regioni, in cui pure sono in carica alcune direttrici generali, il dato appare comunque particolarmente basso in considerazione dell'alto numero di aziende sanitarie presenti sul loro territorio. Si tratta in particolare della Sicilia, con una sola direttrice generale su 13 (altre 4 Asl sono commissariate), della Campania, 2 su 16, e della Lombardia in cui sono solo 6 su 35.
Le donne nel ruolo di commissario
Visto che talvolta al posto del direttore generale si trova un commissario è giusto verificare, anche in questo caso, quale sia la dinamica di genere.
Delle 5 regioni Italiane in cui al momento risultano delle aziende con al vertice un commissario solo in Emilia-Romagna e Calabria si trovano donne a ricoprire questo incarico.
2 su 2 le donne a ricoprire l'incarico di commissario in un azienda sanitaria o ospedaliera in Emilia-Romagna.
I ruoli da commissario in aziende sanitarie e ospedaliere ricoperti da donne
Il numero di aziende sanitarie con al proprio vertice un commissario e l'equilibrio di genere in queste posizioni
FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 21 Febbraio 2022)
In Calabria in effetti sono 2 le donne con questo ruolo. Una di queste però fa parte, insieme a 2 uomini, della commissione prefettizia dell'azienda sanitaria di Catanzaro. Un caso particolare, quindi, legato al fatto che questo commissariamento ha natura diversa dagli altri, essendo stato disposto per decreto del ministro dell’interno a causa di infiltrazioni della criminalità organizzata.
Un problema di trasparenza?
I dati presentati sono il risultato di un'analisi basata sul monitoraggio dei siti delle Asl e delle Ao. Le informazioni dunque sono quelle presenti sui siti istituzionali. Tuttavia, in alcuni casi, i siti potrebbero non essere aggiornati oppure non sono attivi o presentano informazioni diverse in pagine diverse.
Una questione che in alcuni casi si manifesta in maniera particolarmente grave ma che, in misura diversa, è presente in molti siti delle aziende sanitarie. La mancanza di informazioni attendibili sui siti di organizzazioni così importanti è un problema già di per sé oltre che una violazione delle norme sulla trasparenza. È da auspicare tuttavia che questo, al netto dei problemi di trasparenza, non sia in realtà anche l'espressione di una carenza organizzativa. Ciò sarebbe molto più grave data l'importanza di queste strutture per la salute della collettività.
Foto: Regione Lazio (Ospedale Sant’Andrea)