Fine del Ddl Zan, se ne riparlerà forse la prossima legislatura Hate speech

Con il voto al senato di mercoledì scorso l’iter del disegno di legge contro l’omotransfobia si è definitivamente arenato. Una conferma che senza la spinta del governo difficilmente il processo legislativo può andare avanti.

|

Nella seduta dello scorso 27 ottobre il senato della repubblica ha deciso di non procedere con la discussione degli articoli del Ddl Zan. La proposta di legge che mirava a introdurre nell’ordinamento italiano forme di tutela contro le discriminazioni fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità.

Questa decisione blocca di fatto l’iter del provvedimento. Adesso infatti dovranno passare almeno 6 mesi prima che il progetto di legge possa riprendere il suo percorso. Percorso che potrà ripartire eventualmente dalla commissione giustizia di palazzo Madama nell’aprile del 2022. Quando però mancheranno pochi mesi al termine della legislatura. Appare complicato quindi che il parlamento possa approvare una legge contro i crimini d’odio entro il 2023. In questo caso l’iter del progetto di legge dovrebbe ripartire da zero, con un inevitabile allungamento dei tempi.

In tutto questo scenario c’è stato un grande assente e cioè il governo. Negli ultimi mesi infatti abbiamo spesso raccontato di un parlamento con un ruolo marginale rispetto all’attività dell’esecutivo. E quanto accaduto con il Ddl Zan conferma questa dinamica. Senza la spinta propulsiva del presidente del consiglio (scaturita da un accordo di governo tra le forze politiche di maggioranza) infatti difficilmente il processo legislativo può andare a buon fine.

Cosa è successo

Come abbiamo già raccontato nei nostri precedenti approfondimenti sul tema il disegno di legge che vede come primo firmatario il deputato del Pd Alessandro Zan ha iniziato il proprio percorso alla camera dove è stato approvato definitivamente il 4 novembre 2020. All’epoca era ancora in vigore il governo Conte II e l’approvazione di questo disegno di legge era uno dei punti dell’accordo che aveva portato alla nascita della coalizione giallorossa.

L’esame è poi proseguito al senato dove però la situazione è sembrata fin da subito più complicata. A palazzo Madama infatti i rapporti di forza tra i gruppi favorevoli al provvedimento e i contrari erano più equilibrati. In questa situazione i gruppi minori, oltre ai senatori appartenenti al gruppo misto, possono svolgere un ruolo decisivo.

A palazzo Chigi è poi arrivato Mario Draghi. A seguito della nascita del governo di unità nazionale anche forze contrarie al Ddl Zan, come Lega e Forza Italia, sono entrate a far parte della maggioranza. Ciò ha reso più difficile trovare un accordo sul testo.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 28 Ottobre 2021)

Le difficoltà si sono presentate subito in commissione giustizia, dove il Ddl avrebbe dovuto riprendere il suo percorso. Cosa che però non è mai avvenuta anche per l'ostruzionismo opposto al provvedimento dal presidente Andrea Ostellari, esponente della Lega. L'impasse è stato superato con la decisione di far proseguire la discussione direttamente in aula.

Il centrodestra ha fatto ostruzionismo per impedire l'approvazione del provvedimento.

L'iter è ripreso lo scorso 27 ottobre senza un accordo tra le forze politiche della maggioranza. In questa sede l’esponente della Lega (e vicepresidente del senato) Roberto Calderoli ha presentato una richiesta per non passare alla discussione degli articoli del Ddl. Si tratta della cosiddetta "tagliola", possibilità prevista dall’articolo 96 del regolamento del senato. Un modo per bloccare la discussione di un disegno di legge per almeno 6 mesi.

A questa richiesta si è accompagnata anche quella di voto segreto. Possibilità ammessa dall’articolo 113 per le proposte di legge riguardanti rapporti civili o etico-sociali.

Com'è andato il voto

Dato che il voto è avvenuto con scrutinio segreto non è possibile conoscere nel dettaglio l’orientamento di ogni singolo senatore. I dati però ci possono comunque aiutare a fare alcune considerazioni. Un primo elemento interessante riguarda proprio le modalità di voto. Secondo l'articolo 8 del regolamento infatti spetta al presidente accogliere o meno le richieste di voto segreto.

Nella scorsa legislatura ad esempio Pietro Grasso in alcune occasioni si oppose a questa richiesta. Ciò con la motivazione di far assumere alle forze politiche la responsabilità delle loro decisioni di fronte ai cittadini. Per questo motivo - nonostante fosse formalmente legittima - la scelta della presidente Casellati di accogliere la richieste di scrutinio segreto è stata criticata dal centrosinistra. Ciò perché il voto sarebbe stato su una procedura (appunto il non proseguimento della discussione) e non sul merito della proposta. Motivo per cui il voto segreto sarebbe stato da escludere.

Tenendo presente che siamo tutti consapevoli del fatto che quello in esame è un disegno di legge che tratta un argomento nel quale confluiscono temi di principio e ragioni di opportunità e che coinvolge la coscienza di ciascuno [...] credo che la mia decisione [...] abbia solidi fondamenti.

Un secondo elemento interessante da analizzare riguarda proprio i numeri del voto. I senatori presenti in aula infatti erano 287. La maggioranza per approvare o respingere la proposta era quindi di 144 voti. I favorevoli alla proposta di non procedere agli articoli però sono stati 154, 10 in più. Ne consegue quindi che anche nelle file della ex coalizione giallorossa che aveva approvato il provvedimento alla camera ci sono stati alcuni esponenti che hanno votato con il centrodestra.

FONTE: elaborazione e dati openpolis.
(ultimo aggiornamento: giovedì 28 Ottobre 2021)

C’è da dire però che anche qualora gli esponenti dell’area di centrosinistra fossero stati tutti presenti i loro voti da soli non sarebbero comunque bastati per respingere la richiesta e far proseguire quindi la discussione. Sommando insieme in via ipotetica tutti i seggi di Pd, Leu, Iv, M5s e anche Per le autonomie infatti si arrivano a mettere insieme 142 seggi. Sarebbero quindi dovuti intervenire in favore del Ddl anche alcuni voti di senatori o del gruppo misto o del centrodestra.

142 i senatori appartenenti alle forze politiche ex maggioranza giallorossa.

Alcuni osservatori hanno ipotizzato che dei voti siano mancati anche tra la pattuglia di ex membri del Movimento 5 stelle adesso in forza al gruppo misto. Questa sarebbe stata una ritorsione verso il nuovo corso guidato da Giuseppe Conte. Sotto questo aspetto è interessante notare che in effetti gli ex 5s non presenti in aula al momento del voto erano un discreto numero (8).

 

I senatori che non hanno preso parte al voto sul Ddl Zan

SenatoreGruppoAssente o In missione
Sandro BiasottiMisto (ex Fi)Assente
Alfonso CiampolilloMisto (ex M5s)Assente
Gregorio De FalcoMisto (ex M5s)Assente
Fabio Di MiccoMisto (ex M5s)Assente
Elena FattoriMisto (ex M5s)Assente
Nadia GinettiItalia VivaAssente
Bianca Laura GranatoMisto (ex M5s)Assente
Matteo ManteroMisto (ex M5s)Assente
Carlo MartelliMistoAssente
Renzo PianoMisto (senatore a vita)Assente
Carlo RubbiaMisto (senatore a vita)Assente
Mario Michele GiarrussoMisto (ex M5s)Assente
Giovanni MarillottiPartito democraticoAssente
Nicola MorraMistoAssente
Umberto BossiLegaIn congedo
Tommaso CernoPartito democraticoIn congedo
Luigi Di MarzioMisto (ex M5s)In congedo
Giuseppe Massimo FerroForza ItaliaIn congedo
Barbara FloridiaMovimento 5 stelleIn congedo
Niccolò GhediniForza ItaliaIn congedo
Tony Chike IwobiLegaIn congedo
Pasqua L'abbateMovimento 5 stelleIn congedo
Giulia LupoMovimento 5 stelleIn congedo
Ricardo Antonio MerloMistoIn congedo
Mario MontiMisto (senatore a vita)In congedo
Giorgio NapolitanoPer le autonomie (senatore a vita)In congedo
Matteo RenziItalia VivaIn congedo
Renato Giuseppe SchifaniForza ItaliaIn congedo
Liliana SegreMisto (senatore a vita)In congedo
Gelsomina VonoItalia VivaIn congedo
Grazia D'AngeloMovimento 5 stelleIn missione
Ernesto MagornoItalia VivaIn missione
I senatori "in congedo" sono coloro che avevano comunicato precedentemente la loro assenza al presidente del senato e che pertanto risultano giustificati. I senatori "in missione" sono invece impegnati in attività istituzionali e quindi sono considerati come presenti (anche se non votanti).

 

Ha destato molto scalpore poi anche l'assenza del leader di Italia viva Mattero Renzi. L’ex presidente del consiglio infatti già nei mesi scorsi aveva invitato il resto del centrosinistra ad ammorbidire le posizioni e a cercare un compromesso. In questo senso Renzi aveva anche proposto di recuperare il testo di un disegno di legge simile che era stato presentato proprio da Iv con Ivan Scalfarotto. Per questo motivo l'assenza del leader al momento del voto è stata interpretata come un chiaro segnale politico.

Dal canto loro però i renziani hanno respinto le accuse affermando invece che la responsabilità sarebbe da individuare in alcuni “franchi tiratori” interni a Pd e M5s. All’indomani del voto sono state molte le reazioni su questo tema. Tra le altre, Enrico Letta ha affermato che quanto accaduto nell’aula di palazzo Madama ha rappresentato un sorta di “prova generale” in vista del voto per il Quirinale. Altri osservatori hanno invece criticato il segretario del Pd affermando che quanto avvenuto sia stata una fallita prova di forza. Altre analisi invece affermano che Pd e M5s erano consapevoli che sarebbero usciti sconfitti e che il risultato negativo sarebbe stato più funzionale a cementare le file della loro alleanza e rilanciare la sfida alla destra sovranista.

Quali che siano le motivazioni che hanno portato al risultato finale, tali manovre politiche hanno di fatto reso impossibile l’allargamento delle tutele a favore della minoranza LGBTQI+. Senza dimenticare che il disegno di legge riguardava non solo le vittime di discorsi d’odio legati all’omotransfobia ma anche a misoginia e abilismo.

Quali prospettive

Ma cosa succede adesso? L’approvazione della cosiddetta tagliola di fatto determina uno stop di almeno 6 mesi per il Ddl. In teoria quindi il percorso potrebbe riprendere dall’aprile del 2022. Quando però mancherà meno di un anno al termine della legislatura. Si tratta di un momento delicato per i partiti che inizieranno a prepararsi per la campagna elettorale. Difficilmente quindi un tema divisivo come questo riuscirà a trovare spazio nell’agenda politica.

Secondo Calderoli tuttavia questo ostacolo potrebbe essere aggirato presentando un testo diverso. Che è quello che ha sempre chiesto il centrodestra. Tale proposta peraltro è stata rilanciata anche recentemente dal leader della Lega Matteo Salvini.

Non la si può ridiscutere se la si ripresenta uguale. Ma se si parte da una base diversa si può eccome. Ma questo mette di nuovo in luce il volersi attaccare alla bandierina da parte della sinistra

Date le difficoltà incontrate dal Ddl in questi mesi e l’esito del voto tuttavia appare improbabile che una nuova legge contro i discorsi d’odio possa essere approvata entro la fine della legislatura.


Il sostegno della Commissione europea alla produzione di questa pubblicazione non costituisce un'approvazione del contenuto, che riflette esclusivamente il punto di vista degli autori, e la Commissione non può essere ritenuta responsabile per l'uso che può essere fatto delle informazioni ivi contenute.

PROSSIMO POST