La mobilità sociale passa da un’istruzione di qualità per tutti #conibambini

Nei comuni con più famiglie in disagio il livello medio nei test invalsi è più basso. Un problema di mobilità sociale, perché significa che il percorso scolastico dei figli è ancora molto legato alla famiglia d’origine. Con effetti negativi anche sui divari territoriali.

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Uno dei problemi del nostro paese è la bassa mobilità sociale, ovvero la maggiore difficoltà, soprattutto per chi nasce in una famiglia povera, di migliorare la propria condizione economica e sociale rispetto a quella dei propri genitori.

Questa tendenza colpisce tutti i paesi, in misura diversa. Per quanto riguarda l’Italia, la letteratura in materia ha sottolineato in più occasioni come la società italiana appaia meno mobile rispetto ad altre. E come in questa dinamica giochi un ruolo fondamentale l’istruzione.

Misure di “unfair inequality” collocano l’Italia tra i paesi in cui la distribuzione del reddito si discosta maggiormente da quella che risponde a criteri di uguaglianza di opportunità e di libertà dalla povertà (Hufe et al., 2018). Un aspetto che contribuisce significativamente alla persistenza delle condizioni sociali ed economiche dei figli rispetto a quelle dei padri è l’istruzione

Alla base di questo fenomeno c’è infatti spesso una disparità educativa. Dai dati Invalsi, emerge come gli apprendimenti dei ragazzi che vengono da una famiglia svantaggiata siano sistematicamente inferiori rispetto a quelli dei loro coetanei.

Il livello socio-economico-culturale è calcolato attraverso l’indice ESCS. Si tratta di un indicatore formulato a livello internazionale che sintetizza tre aspetti: lo status occupazionale dei genitori; il loro livello di istruzione; la disponibilità per il minore di un ambiente favorevole all’apprendimento.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Invalsi
(ultimo aggiornamento: lunedì 3 Febbraio 2020)

Il motivo di questa tendenza è che la povertà educativa e quella economica si alimentano a vicenda. Nascere in una famiglia in ristrettezze significa spesso non avere a disposizione le stesse opportunità educative e sociali degli altri ragazzi.

Un minore è soggetto a povertà educativa quando il suo diritto ad apprendere, formarsi, sviluppare capacità e competenze, coltivare le proprie aspirazioni e talenti è privato o compromesso. Vai a "Quali sono le cause della povertà educativa"

Con il risultato che le disuguaglianze di partenza si perpetuano: per chi ha vissuto nell'infanzia una deprivazione sociale e educativa sarà più difficile sottrarsi, da adulto, alla marginalità sociale.

Perciò garantire a tutti un'istruzione di qualità è il presupposto per interrompere questa tendenza, che oltre ad essere ingiusta ha effetti economici e sociali negativi.

La mobilità sociale in Italia nel confronto internazionale

Pur adottando metodologie diverse, le principali analisi sul tema suggeriscono una scarsa mobilità della società italiana, almeno se confrontata con la media europea.

Tra i lavori più recenti, l'indicatore globale sulla mobilità sociale del World economic forum rilasciato a gennaio, conferma questa tendenza. Si tratta di un indice costruito tenendo conto di 5 dimensioni diverse di mobilità sociale: salute, educazione, tecnologia, lavoro e protezione sociale. Quanto più l'accesso ai servizi e le opportunità offerte in ciascun settore sono distribuite in modo equo, quanto più una società viene considerata mobile.

L'Italia ottiene un punteggio relativamente buono nella dimensione salute. Ma nell'indicatore complessivo - che tiene conto anche delle altre dimensioni - è 34esima su 82 paesi considerati. In particolare, è agli ultimi posti se confrontata solo con gli altri paesi Ue e il Regno Unito.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati World economic forum
(ultimo aggiornamento: domenica 19 Gennaio 2020)

Nell'analisi dedicata al singolo paese, viene sottolineato il ruolo delle disuguaglianze educative nel rendere la società meno mobile. Per l'Italia, in particolare, resta un problema l'alta quota di neet (giovani che non studiano e non lavorano) e la carenza di pluralità sociale all'interno delle scuole.

Italy suffers from a high NEET ratio among young adults (19.2%); and, despite a low pupil-to-teacher ratio, there is a lack of social diversity in its schools.

Utilizzando una metodologia diversa, anche i dati Ocse portano a conclusioni simili sull'impatto delle disparità educative nel nostro paese. Nel report A Broken Social Elevator? How to Promote Social Mobility è stato simulato il numero di generazioni che servono a una persona che viene da una famiglia povera (ultimo decile di reddito) per raggiungere il reddito medio. Una stima ovviamente teorica, e dichiaratamente solo a scopo illustrativo, ma che basandosi sull'elasticità tra i redditi dei genitori e quelli dei figli, offre un altro punto di vista sul fenomeno.

5 le generazioni attese per raggiungere il reddito medio in Italia, nascendo nel 10% di famiglie più povere.

Rispetto agli altri paesi Ocse considerati, in Italia potrebbero servire 5 generazioni a un bambino nato in una famiglia povera per raggiungere il reddito medio. Un dato simile o inferiore rispetto agli altri stati del G7, ma molto lontano dagli standard dei paesi con maggiore mobilità, in primo luogo quelli scandinavi.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: venerdì 15 Giugno 2018)

Anche in questo caso, vengono sottolineate le potenzialità dell'educazione nel ridurre le disuguaglianze tra bambini che nascono in contesti sociali diversi:

Risultati scolastici: [la] scarsa mobilità in termini di istruzione nella parte bassa della distribuzione è un problema serio in Italia: due terzi dei bambini di genitori senza un titolo di studio secondario superiore restano con lo stesso livello d’istruzione, rispetto a una media Ocse del 42%. Allo stesso tempo, solo il 6% delle persone con genitori senza un titolo di studio secondario superiore ottiene una laurea, ovvero meno della metà della media Ocse.

Questi dati mostrano quindi come sia necessario concentrarsi sul migliorare gli apprendimenti degli studenti per aumentare la mobilità sociale in Italia

Una spaccatura socio-economica...

Ciò è confermato dal fatto che nel nostro paese, come abbiamo visto in precedenza, i risultati scolastici siano ancora strettamente legati alla condizione socio-economico-culturale della famiglia d'origine.

I bambini che nascono nelle famiglie svantaggiate tendono a conseguire livelli di apprendimento più bassi della media. Mentre chi viene da una famiglia con uno status socio-economico-culturale più alto raggiunge risultati medi più positivi.

Il livello socio-economico-culturale è calcolato attraverso l’indice ESCS. Si tratta di un indicatore formulato a livello internazionale che sintetizza tre aspetti: lo status occupazionale dei genitori; il loro livello di istruzione; la disponibilità per il minore di un ambiente favorevole all’apprendimento.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Invalsi
(ultimo aggiornamento: lunedì 3 Febbraio 2020)

Si tratta ovviamente di una tendenza media, che non esclude affatto casi opposti, in un senso o nell'altro. Ma allo stesso tempo mostra come un divario sociale di partenza possa ripercuotersi anche sul piano educativo. Minando le possibilità di mobilità sociale da una generazione all'altra, perché per chi nasce in una famiglia povera l'istruzione è lo strumento più potente per migliorare la propria condizione.

Un fenomeno che ha conseguenze economiche, e che va considerato anche sul piano dei divari territoriali, soprattutto in un paese fortemente differenziato al suo interno come l'Italia.

...che aggrava quella territoriale

Abbiamo visto come in media, a livello nazionale, una peggiore condizione di partenza significhi spesso anche apprendimenti inferiori.

Il legame, a livello locale, tra disagio delle famiglie e apprendimenti degli studenti.

Una tendenza che però è necessario ricostruire anche sul territorio, osservando i dati comune per comune. Per comprendere meglio il fenomeno su scala locale, abbiamo messo in relazione i risultati Invalsi (relativi ai capoluoghi per l'anno 2017) con la quota di famiglie in potenziale disagio economico. Quest'ultimo è l'indicatore, ricostruito da Istat attraverso i dati al censimento, che indica la percentuale di famiglie con figli dove la persona di riferimento ha meno di 65 anni e nessun componente è occupato o ritirato dal lavoro. Caratteristiche che molto probabilmente indicano una situazione di forte difficoltà economica.

Ovviamente, si tratta di un confronto indicativo - dato che si tratta di anni diversi elaborati con criteri diversi. Ma emerge come nei comuni con più famiglie in disagio il livello medio nei test invalsi sia spesso più basso.

Per chiarezza espositiva abbiamo diviso i comuni capoluogo in 4 categorie. In verde, quelli dove gli studenti hanno ottenuto risultati Invalsi sopra la media e dove la percentuale di famiglie in disagio è più bassa (inferiore al dato nazionale: 2,7%). In rosso, viceversa, quelli con apprendimenti inferiori al dato medio e con più famiglie in disagio rispetto alla media nazionale. In giallo e arancione gli stadi intermedi tra i due.

Ogni capoluogo è stato classificato in base a due parametri.

Il primo, è la quota di famiglie in potenziale disagio economico. Ciascun comune è stato classificato in base al suo valore rispetto alla media nazionale, in 2 categorie: disagio sotto la media (meno famiglie in difficoltà); disagio uguale o sopra la media (più famiglie in difficoltà).

Il secondo, sono le competenze/apprendimenti raggiunti dagli studenti nei test alfabetici Invalsi. Anche in questo caso sono stati classificati in due categorie: competenze medio-basse (se il dato è inferiore alla media nazionale); competenze medio-alte (se uguale o superiore alla media).

L’incidenza delle famiglie in potenziale disagio economico è ricostruita attraverso i dati Istat al censimento 2011. Il livello di competenze degli alunni è un dato Invalsi relativo al 2017, disponibile sul portale delle statistiche sperimentali di Istat.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat e Invalsi
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Dicembre 2017)

Emerge abbastanza chiaramente una polarizzazione nord-sud. Nei capoluoghi centro-settentrionali, ci sono meno famiglie in disagio e il livello di competenze dei giovani è generalmente più alto della media. Non mancano le eccezioni: alcuni capoluoghi del centro-nord, in particolare in Toscana e Piemonte, hanno relativamente meno famiglie in disagio ma anche livelli di apprendimento più bassi.

Nel mezzogiorno la situazione è più variegata.La maggioranza dei comuni capoluogo ha molte famiglie in potenziale disagio e allo stesso tempo risultati Invalsi più bassi della media. Tre capoluoghi, collocati tra Abruzzo e Molise, hanno una quota di famiglie in disagio più contenuta e risultati Invalsi al di sopra della media.

Gli altri si trovano in una posizione intermedia tra i due estremi: basse competenze con meno famiglie in disagio oppure competenze più elevate e disagio familiare sopra la media.

Allo stesso tempo, oltre ad osservare la posizione sopra o sotto la media nazionale degli apprendimenti (200), è importante anche valutarne l'intensità. Per quanto riguarda le competenze alfabetiche, emerge come nei capoluoghi del mezzogiorno il livello di apprendimento sia spesso anche molto distante dalla media.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Invalsi
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Dicembre 2017)

Questi dati, pur nella loro sommarietà, devono portare a una riflessione. In primo luogo, non vanno letti con un approccio deterministico. Anche se il legame tra condizione familiare e apprendimenti appare consolidato, tanto da essere oggetto di studi internazionali, ciò non significa che sia inevitabile. Come dimostra l'esperienza di altri paesi, la mobilità sociale è un fenomeno molto variabile, e su cui si può intervenire, soprattutto attraverso l'istruzione.

Partendo da un presupposto: investire su quello che apprendono ragazze e ragazzi, garantendo il più possibile un accesso equo all'istruzione, non è solo una questione educativa. Rappresenta un investimento sia in termini di mobilità sociale, sia per la riduzione dei divari territoriali.

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. Le fonti dei dati sulle competenze sono Invalsi e Istat (statistiche sperimentali).

Foto credit: Thought Catalog Unsplash - Licenza

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