La nomina di Fitto a commissario Ue e la pesante eredità di un Pnrr fallimentare Un bilancio

L’audizione del candidato italiano alla commissione europea di fronte al parlamento di Strasburgo è l’occasione per fare il punto di cosa non ha funzionato negli ultimi due anni. Nella gestione del Pnrr ma non solo.

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Domani il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto si presenterà in audizione di fronte al parlamento europeo. Si tratta di un passaggio obbligato per l’esponente del governo Meloni, in predicato di diventare vice presidente esecutivo della commissione europea oltre che commissario con delega alle politiche di coesione, al Next generation Eu e alle riforme.

La scelta di Fitto come rappresentante italiano in seno alla nuova commissione Ue è apparsa sin da subito divisiva e tra le candidature più a rischio. È quindi opportuna una riflessione sull’operato del ministro e, più in generale del governo italiano, negli ultimi due anni.

L’ex presidente della Puglia è stato il vero e proprio regista del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e in particolare della sua revisione. Un compito certamente non facile viste le pessime premesse. Non solo in termini di ritardi accumulati ma anche di scelte strategiche prese dai governi precedenti.

Anche dopo la revisione, il Pnrr sembra essere stato impostato con l’obiettivo di spendere i fondi velocemente ma senza una chiara visione di paese.

D’altronde la nuova versione del Pnrr italiano non sembra aver risolto i problemi. Anzi, da un lato ci si è limitati a procrastinare molte delle scadenze previste e dall’altro a cercare meccanismi più efficaci per spendere rapidamente i fondi assegnati, senza però una chiara visione di quelle che erano le necessità del paese. Un chiaro esempio da questo punto di vista è la scelta di privilegiare strumenti di erogazione dei fondi automatici come i crediti d’imposta e gli incentivi alle imprese. Mezzi che certamente aiutano a gonfiare i dati sulla spesa da un lato ma che dall’altro penalizzano altri aspetti. Non è un caso ad esempio se ormai da tempo non si sente più parlare delle famose priorità trasversali del piano (riduzione delle disuguaglianze di genere, territoriali e generazionali).

Anche questa nuova impostazione tuttavia non pare essere scevra di criticità. Del resto lo stesso ministro non ha escluso la possibilità di ulteriori revisioni.

I am committed to maintaining rigorous monitoring and evaluation mechanisms that ensure transparency, accountability, and efficiency in the use of EU funds.

Anche dal punto di vista della trasparenza e dell’accountability si rilevano delle lacune significative. Come abbiamo evidenziato più volte infatti oggi non sono ancora disponibili i dati di dettaglio sullo stato di avanzamento degli oltre 262mila progetti finanziati dal Pnrr. Tutti questi elementi rendono molto difficile valutare quello che sarà il reale impatto del piano sul paese.

Il fatto che Fitto sia poco incline a dare conto del proprio operato è confermato anche dal modesto tasso di risposta agli atti di sindacato ispettivo presentati dal parlamento italiano: uno dei più bassi tra i ministri dell’attuale governo. A questo si aggiunge poi anche una scarsa tempestività nella pubblicazione dei decreti attuativi di competenza delle strutture che fanno riferimento al ministro.

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Le difficoltà del Pnrr

Fin dall’insediamento del governo Meloni, il ministro Fitto è stato il punto di riferimento per quanto riguarda il Pnrr italiano. Si può dire che sia stato il regista delle 3 diverse revisioni del piano avvenute tra il 2023 e il 2024.

La revisione del Pnrr ha penalizzato le opere pubbliche e favorito gli incentivi alle imprese.

Da questo punto di vista, il governo ha sempre negato che ci fossero delle difficoltà sul completamento del piano entro la scadenza finale del 2026. Allo stesso tempo però la revisione ha comportato una significativa redistribuzione delle risorse. Con molte misure definanziate in toto e altre parzialmente. La nuova versione del piano ha visto una significativa riduzione degli investimenti dedicati alle opere pubbliche (che restano comunque la voce principale) a favore degli incentivi e degli sgravi fiscali per le imprese.

L’accentuazione dell’incidenza dei contributi alle imprese, in particolare di quelli consistenti nei crediti d’imposta, potrebbe imprimere maggiore velocità alla realizzazione della spesa, imponendo però l’esigenza di garantire un attento monitoraggio nella ripartizione territoriale dei fondi, al fine di preservarne un’adeguata fruizione anche alle aree meridionali.

Vittime principali di questa redistribuzione di investimenti sono stati gli enti territoriali che hanno visto una contrazione dei fondi messi a loro disposizione. Basti pensare ai tagli riguardanti gli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni. Si tratta di una misura del valore originario di ben 6 miliardi, totalmente eliminata dal piano.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Corte dei conti e Regis.
(ultimo aggiornamento: mercoledì 13 Marzo 2024)

La motivazione di questi tagli, come si legge nella quarta relazione del governo sullo stato di attuazione del Pnrr, è stata che molti dei progetti presentati o non rispettavano i vincoli imposti dal piano o rischiavano di non concludersi entro la scadenza del 2026.

Tra le difficoltà del Pnrr italiano c’è stata anche l’incapacità di organizzare un sistema di rendicontazione efficace.

Come spiegheremo meglio nel prossimo paragrafo, i dati attualmente disponibili non consentono di fare valutazioni approfondite su questo aspetto. D’altronde lo stesso ministro ha più volte sottolineato come i dati sullo stato di avanzamento dei vari progetti fossero sottostimati a causa di ritardi nella rendicontazione da parte dei soggetti attuatori. Altra affermazione che è impossibile da verificare.

Fatta questa premessa, difficoltà e i ritardi emergono chiaramente anche dai dati sulla spesa sostenuta di cui abbiamo parlato in un recente approfondimento. Al 30 giugno 2024 infatti i fondi Pnrr già erogati ammontavano a 51,4 miliardi di euro, pari a circa il 26% delle risorse assegnate al nostro paese. Ne consegue che nei prossimi 2 anni dovremo spendere una cifra che supera i 140 miliardi. Un obiettivo che appare al momento difficile da raggiungere.

FONTE: elaborazione openpolis su dati governo.
(ultimo aggiornamento: domenica 30 Giugno 2024)

172 le misure e sottomisure del Pnrr con una percentuale di fondi assegnati ancora da spendere compresa tra il 75% e il 100%.

Da questo punto di vista è doveroso sottolineare che ancora nel luglio scorso il governo aveva rilasciato delle dichiarazioni fuorvianti sullo stato di avanzamento del piano evidenziando come l’Italia fosse in linea con le tempistiche previste.

As we approach the final 2026 deadline, the Commission will be assessing continuously whether Member States deliver on their commitments and the final milestones and targets are likely to be fulfilled by then. Should that not be the case, according to the current legislative framework I will engage with the relevant Member States on how to amend their plans and ensure that funds are focused on equally ambitious alternative investments that can be completed within the lifetime of the Facility. If, despite these efforts, some of the last milestones or targets are still considered as not satisfactorily fulfilled, the corresponding disbursement will not be made.

Inoltre, bisogna evidenziare che il rispetto delle scadenze è stato possibile solo grazie al rinvio di svariati milestone e target. Significativo in particolare il passaggio legato al conseguimento della quinta rata (dicembre 2023). In questo caso infatti i milestone e i target da conseguire erano 69 nella prima versione e 54 nell’ultima.

FONTE: elaborazione openpolis su dati governo e camera dei deputati
(consultati: mercoledì 6 Novembre 2024)

Viceversa, aumentano in maniera significativa gli adempimenti da raggiungere a partire dalla sesta rata in poi con un picco particolarmente pesante nell’ultima fase del piano. Le scadenze da completare entro giugno del 2026 infatti passano da 120 a 173. In altre parole, sembra che le tempistiche del piano a oggi siano rispettate soprattutto perché molte scadenze sono state spostate più avanti nel tempo.

Si è puntato a spendere i fondi Pnrr rapidamente, senza fare attenzione a come venivano spesi.

Al di là del rispetto o meno delle tempistiche quello che appare evidente è che l’impostazione data al Pnrr dall’attuale governo, e dal ministro Fitto in particolare, è quella di raggiungere a tutti i costi l’obiettivo di spendere i fondi assegnati all’Italia entro la scadenza del 2026. Senza badare troppo alla qualità e all’effettiva utilità per cittadinanza e imprese di quello che si va a finanziare. Una conferma di questa impostazione arriva da una recente innovazione normativa contenuta nella legge di conversione del Dl omnibus.

In sintesi, le amministrazioni titolari potranno erogare i fondi fino al 90% del costo dell’intervento finanziato entro 30 giorni dall’invio della richiesta da parte del soggetto attuatore. Gli stessi ministeri avranno poi la possibilità di effettuare i controlli sulla documentazione inviata in un secondo momento: “al più tardi, in sede di erogazione del saldo finale dell’intervento”. Sembra abbastanza evidente la volontà, attraverso questa innovazione, di aumentare in maniera significativa e in breve tempo i dati sulla spesa sostenuta.

Pnrr e mancanza di trasparenza

Parallelamente alle evidenti criticità nella “messa a terra” del piano, ci sono poi quelle riguardanti la trasparenza. Per mesi infatti abbiamo denunciato la mancanza di informazioni circa il Pnrr italiano, tanto che siamo stati costretti a sospendere la nostra attività di monitoraggio. A partire dalla scorsa estate la situazione è migliorata e questo ci ha permesso di tornare online con una versione aggiornata della nostra piattaforma OpenPNRR.

Tuttavia ancora oggi mancano all’appello alcune informazioni importanti. Come ad esempio i dati circa la spesa sostenuta per ogni singolo progetto finanziato dal piano. Attualmente, infatti, il governo ha condiviso solo informazioni aggregate a livello di misura. Questo rende impossibile valutare a che punto sono i singoli interventi sui diversi territori del paese, quali stanno rispettando i tempi e quali invece sono in ritardo. Per questo motivo abbiamo inviato al governo una nuova richiesta di accesso agli atti (Foia) affinché queste informazioni siano finalmente rese pubbliche.

5 le richieste Foia inviate al governo sul Pnrr dalla Fondazione Openpolis.

Purtroppo la risposta del governo alla nostra richiesta di maggiore trasparenza è stata ancora una volta insoddisfacente.

Con riferimento alla richiesta di accesso civico in oggetto […] si comunica che i dati relativi all’avanzamento finanziario degli interventi del Pnrr saranno resi disponibili sul portale “ItaliaDomani”, nella sezione Catalogo Open data […] in esito al completamento del processo di verifica ai sensi dell’art. 2, comma 2, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56.

Si tratta di una risposta interlocutoria che, a meno di due anni dalla conclusione del piano, riteniamo inaccettabile. Anche perché i termini stabiliti dalla norma citata risultano essere già ampiamente scaduti.

Non pubblicare i dati sulla spesa dei progetti è una scelta politica tesa a minimizzare le situazioni di criticità.

L’impressione è che le istituzioni preposte al rilascio di queste informazioni – dietro una chiara indicazione politica – stiano cercando di guadagnare tempo. L’obiettivo parrebbe essere quello di non mettere in cattiva luce il ministro Fitto in un momento in cui la sua nomina a commissario europeo è ancora incerta.

I decreti attuativi mancanti

Finora ci siamo soffermati in particolare sulla gestione – deficitaria – del Pnrr. Ma ci sono anche altri aspetti dell’attività del ministro Fitto che evidenziano come la sua condotta politica in questi due anni sia stata tutt’altro che eccellente.

Un primo elemento interessante da valutare è quello riguardante i cosiddetti decreti attuativi. Cioè quegli atti di secondo livello, come decreti ministeriali e regolamenti, che servono a mettere in pratica le indicazioni contenute nelle leggi. Senza questi atti in molti casi le norme rischiano di rimanere solo sulla carta.

Nell’ambito dell’esecutivo al ministro Raffaele Fitto fanno riferimento diverse strutture con varie competenze: oltre al Pnrr anche affari europei, sud e politiche di coesione. Questo insieme di dipartimenti risulta essere particolarmente in difficoltà nella pubblicazione dei decreti attuativi di propria competenza. Ne mancano all’appello infatti oltre il 40%. Si tratta del dato più alto fra le varie componenti del governo Meloni. Al secondo posto troviamo il ministero dell’ambiente (39,5%), al terzo quello per la disabilità (35,7%).

FONTE: Openparlamento
(ultimo aggiornamento: mercoledì 6 Novembre 2024)

Le attuazioni richieste ai dipartimenti che fanno capo all’ex presidente della regione Puglia sono in realtà un numero limitato. Parliamo di 14 atti in totale, di cui 6 ancora mancanti. Al ministero dell’ambiente, ad esempio, ne sono richiesti 162. Il fatto che siano richiesti pochi decreti attuativi ma che comunque non si riesca a pubblicarli in tempi ragionevoli è forse un’aggravante.

Occorre precisare che spesso i decreti attuativi possono richiedere la compartecipazione di più ministeri. Da questo punto di vista le attuazioni firmate a più mani che hanno visto anche il coinvolgimento del ministro Fitto sono già state adottate.

Le (poche) risposte di Fitto al parlamento

Un altro elemento da evidenziare circa l’operato di Fitto riguarda la frequenza con cui ha risposto alle istanze presentategli dai parlamentari italiani. Deputati e senatori infatti possono sottoporre agli esponenti del governo i cosiddetti atti di sindacato ispettivo come interrogazioni e interpellanze. Anche se queste iniziative non hanno un valore normativo, ne hanno uno di natura politica: consentono ai parlamentari di portare all’attenzione del governo, ma anche dell’opinione pubblica, fatti ritenuti importanti, potendo chiedere conto all’esecutivo delle sue azioni in merito.

Negli ultimi anni i governi non sono mai stati particolarmente puntuali nel fornire le informazioni richieste. Soprattutto quando parliamo di atti che non prevedono una risposta immediata. Da questo punto di vista possiamo osservare che le strutture che fanno riferimento a Fitto non rappresentano un’eccezione. Dal suo insediamento infatti il ministro ha risposto solamente al 23,2% degli atti di sindacato ispettivo sottoposti. Parliamo di 29 tra interrogazioni e interpellanze svolte sulle 125 presentate. Solo 3 ministeri presentano un dato inferiore: quello della cultura (21,2%), quello del turismo (18,8%) e quello dell’interno (15,5%).

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera
(ultimo aggiornamento: domenica 1 Settembre 2024)

C’è da dire che, a seguito della pandemia, hanno assunto particolare rilevanza anche le comunicazioni e le informative che l’esecutivo rende al parlamento di propria iniziativa.

Tuttavia, i dati che abbiamo passato in rassegna non rappresentano comunque un bel biglietto da visita in vista della nomina a Bruxelles.

Foto: GovernoLicenza

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