La parità di genere al vertice dei ministeri si è ridotta Mappe del potere

Negli ultimi anni la quota di donne che ricopre incarichi apicali presso i ministeri o la presidenza del consiglio si è molto ridotta. Un fenomeno che ha riguardato almeno gli ultimi 3 esecutivi ma che ha accelerato nel corso dell’ultimo anno.

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Negli ultimi anni il numero di donne in posizioni apicali nella pubblica amministrazione si è ridotto. Un fenomeno che ha coinvolto almeno gli ultimi 3 esecutivi e che risulta evidente per quanto riguarda i vertici dei ministeri.

Una condizione di squilibrio di genere nei ruoli apicali è presente in praticamente tutti i dicasteri, anche se in misura diversa. In alcune strutture in effetti non si trovano proprio donne in posizione di vertice. In altri casi invece è stato registrato un aumento della presenza femminile in controtendenza rispetto al dato generale.

Le donne ai vertici della pubblica amministrazione

Per verificare i trend relativi alla disparità di genere nei vertici della pubblica amministrazione bisogna innanzitutto delimitare il perimetro dell’analisi.

In questo caso ad esempio ci limiteremo alle posizioni apicali dei ministeri e della presidenza del consiglio. Nei ministeri organizzati per dipartimenti verificheremo quindi la presenza femminile tra i capi dipartimento. In quelli organizzati per direzioni generali invece terremo in considerazione sia i direttori generali che i segretari generali. Non sono state considerate le unità di missione Pnrr istituite ad hoc che rimarranno attive solo fino al completamento del piano (2026).

Adottato questo criterio possiamo dunque dire che a oggi le donne in carica in queste posizioni sono 37 su un totale di ben 122.

30,3% la quota di donne in posizioni apicali nei ministeri o presso la presidenza del consiglio.

Meno di un terzo delle posizioni più importanti della pubblica amministrazione è occupato da una donna.

Questo dato è in buona parte conseguenza di scelte compite dal governo Meloni, ma non completamente. In linea generale infatti i segretari generali e i capi dipartimento sono sottoposti a spoils system. La scelta sul loro incarico dunque ha in ogni caso riguardato il nuovo esecutivo, che si sia trattato di una nuova nomina o di una conferma. Questa disciplina però non si applica ai direttori generali. La loro sostituzione o conferma avviene in modo più graduale, mano a mano che i loro incarichi arrivano a scadenza. Discorso un po’ diverso riguarda i ministeri dell’interno, degli esteri e della difesa. Qui infatti non si applica lo spoils system ma, se il ministro lo ritiene necessario, i dirigenti di queste strutture possono sempre essere ricollocati.

In ogni caso attualmente sono 72 gli incarichi tra quelli descritti che hanno ricevuto una prima nomina o una conferma dopo l’entrata incarica del governo Meloni.

59% gli incarichi ricevuti su nomina del governo Meloni.

Quindi se da un lato l’esecutivo in carica non può essere considerato come unico responsabile della situazione attuale, dall’altro le nomine su cui ha avuto un ruolo sono ben più della metà.

Il calo della presenza femminile nei ruoli apicali

D’altronde il calo del numero di donne al vertice dei ministeri è iniziato già da alcuni anni. Alla fine del 2019 infatti la percentuale di donne in posizione apicale era più alta di oltre 11 punti percentuali (41,4%). Si trattava allora di un dato importante perché il 40% è generalmente considerata la quota entro la quale è garantito almeno in parte l’equilibrio di genere.

Negli anni successivi, con al potere prima il secondo governo Conte e poi il governo Draghi, questo dato si è ridotto, anche se in maniera contenuta. Il minimo è stato raggiunto a fine 2021, con il 35,9%, poi risalito al 37,6% nel giugno successivo.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 23 Giugno 2023)

Tuttavia con l’entrata in carica del governo Meloni, nel giro di un anno, questa percentuale è calata drasticamente (-7 punti percentuali) arrivando ora a un valore inferiore a un terzo del totale.

La dirigenza femminile nei ministeri

A questo punto conviene verificare in quali strutture si sia espresso più marcatamente questo fenomeno.

Tra i 15 ministeri e la presidenza del consiglio sono 9 le strutture in cui si è ridotta la presenza femminile.

8 i ministeri in cui si è ridotta la presenza femminile nelle posizioni apicali.

Uno dei dicasteri in cui la riduzione è stata maggiore è quello della giustizia che è passato da 2 capi dipartimento donne su 4 a 0 su 5 (nel corso dell’anno è stato istituito un nuovo dipartimento).

Sono invece passate da 2 a 1 (-50%) le dirigenti dei ministeri delle infrastrutture, dell’economia e delle imprese. Il ministero della cultura invece aveva ben 5 direttrici generali nel 2022 contro le attuali 2. Si segnala però che qui diverse posizioni risultano ancora vacanti e non è detto che la situazione non si modifichi nei prossimi mesi. Sono invece passati da 3 a 2 donne in posizioni di vertice i ministeri dell’ambiente, della difesa e dell’interno.

Infine, anche presso la presidenza del consiglio si è registrata una riduzione. Le donne alla guida dei dipartimenti e degli uffici di palazzo Chigi infatti sono passate da 15 a 13 nel corso dell’ultimo anno.

FONTE: openpolis

Nessuna variazione invece presso i ministeri dell’università, della salute e dell’agricoltura. Questo tuttavia non rappresenta necessariamente un dato positivo. Presso il ministero della salute ad esempio le donne con il ruolo di direttore generale (o segretario generale) sono solo 2 su 11. Presso il ministero dell’agricoltura invece nessuno dei 3 dipartimenti è guidato da una donna. Anche al ministero del lavoro il numero di donne al vertice non è cambiato, ma a causa di una posizione vacante la proporzione di genere è, almeno momentaneamente, migliorata.

Sono 3 invece i ministeri in cui si è registrato un miglioramento. In ciascuna di queste strutture però l’aumento è stato molto contenuto e la situazione resta distante da una condizione di equilibrio. Sia presso il ministero dell’istruzione che in quello del turismo infatti fino allo scorso anno non risultavano donne al vertice delle strutture amministrative (ora sono rispettivamente 1 su 2 e 1 su 4). Al ministero degli esteri invece lo scorso anno si trovava una sola direttrice generale mentre ora sono 2.

Ministri, genere e appartenenza politica

Guardando al rapporto tra nominante e nominati, ovvero tra il genere del ministro e la quota di donne in posizione di vertice non si osserva una precisa corrispondenza.

Il ministero con la quota più elevata di dirigenti donne ad esempio è quello dell’agricoltura, guidato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin. Il ministero del lavoro, al secondo posto, è invece guidato dalla ministra Marina Elvira Calderone e i 4 che seguono hanno nuovamente un uomo al loro vertice politico.

Allo stesso tempo però si può osservare come, ad eccezione del dicastero del turismo, guidato dalla ministra Santanché, tutti gli altri ministeri con una quota di donne nel ruolo di dirigente inferiore al 30% hanno un uomo al proprio vertice politico.

Alcune correlazioni possono essere individuate anche riguardo le appartenenze politiche. Non tanto nei ministeri con un maggiore equilibrio di genere, che sono guidati da politici di tutte le forze di maggioranza. Ma i tre che si trovano nella posizione più bassa della classifica sono tutti guidati da esponenti di Fratelli d’Italia. Si tratta del ministero delle imprese (10% di donne dirigenti) e di quelli della giustizia e dell’agricoltura (entrambi senza alcuna donna in posizione di vertice).

Foto: Yanalya (Freepik)

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